13.

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Eravamo in soggiorno, lui aveva le gambe sopra al tavolo e la scatola della pizza sulle ginocchia, faceva avanti e indietro tra i canali televisivi in cerca di qualcosa di interessante.

La mia pizza era ancora sul tavolo, sapevo che dovevo iniziare a mangiare, non potevo sopportare le sue domande, aprì la scatola e ovviamente senza sapere che io fossi vegetariana aveva preso la wurstel e patatine.

Iniziai a togliere tutti i pezzi di salame

-che fai?- chiese ridendo

-sono vegetariana- dissi continuando nel mio disgustoso intento di rendere digeribile quella roba.

Nella mia mente circolava l'idea che non dovevo farlo, non dovevo mangiarla, sapevo che una volta iniziata mi sarei abbuffata per poi correre in bagno a rimettere tutto ciò che avevo ingerito. Ma le spiegazioni che dovevo dargli in caso contrario erano più spaventose del rigetto autocondizionato.

Iniziai a mangiare, a mangiare e a mangiare, l'imbarazzo mi metteva in ridicolo, tremavo e masticavo in maniera non naturale, ero artificiosa in ciò che facevo e la mia testa era condizionata da tutto ciò. Volevo solo correre in bagno a rimettere per poi fumarmi un po' di erba per calmare e sanare i miei nervi saldi.

-com'è che sei diventata vegetariana?- chiese

Io appoggiai la fetta di pizza, mi pulì la bocca con una salvietta e poi cercai di formare una frase grammaticalmente corretta in quella marea di pensieri.

-mia mamma è del Texas, ho assistito all'uccisione di un capretto un paio di anni fa, dicevano che avrebbe formato il mio sangue texano, ma in realtà formò solo la convinzione che posso sopravvivere senza carne- dissi

Lui sorrise

-sei proprio una ragazza- disse

-cosa c'entra? Essere umani è un fattore femminile adesso?-

-no ma la debolezza in cose del genere si- disse sorridendo

Non presi positivamente quel commento maschilista ma il suo sorriso mi fermava dal partire a raffica con le mie convinzioni animaliste.

Quando ebbi finito la pizza. Feci un respiro di sollievo e mi alzai in piedi, chiedendogli dove fosse il bagno.

Mi spiegò che era al piano di sopra.

Entrai guardai il gabinetto e la sfida era iniziata. Mi guardai allo specchio prima di rimettere, lo facevo sempre, era un confronto con me, con i miei occhi pieni di disgusto e di rabbia.

Quando tutto quello che avevo ingerito stava fuori dal mio corpo mi risciaquai la bocca e le mani, mi riguardai allo specchio, i miei occhi si erano velati di lucido, non c'era più rabbia ma solo tristezza e amarezza per un gesto che sapevo di poter evitare ma che non volevo evitare, per una ricaduta in un mondo dove avevo fatto fatica a rialzarmi.

Vidi il dopobarba di Noah appoggiato al lavandino, tolsi il tappo e lo annusai, per un momento riusci a sentire il profumo che le ragazze che avevano la possibilità di baciarlo sentivano. Lo richiusi ed uscì dal bagno.

Lui stava gettando sul cestino le scatole. Si era tolto la maglietta e per un istante ebbi un mancamento, i suo addominali erano scolpiti e le sue spalle sembravano più grandi.

Ero diventata rossa, lui lo notò e sorrise. Sapeva che era bello e ne andava fiero, come dargli torto.

Si lavò le mani per poi avvicinarsi al bancone della cucina dove ero appoggiata.

Si sedette di fianco a me.

-mi piace vederti arrossire- disse mentre metteva le mani sotto alle cosce.

Liberty Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora