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Era una di quelle serate, quelle in cui vuoi stare a letto.

Lukas mi aveva chiesto di vederci ma gli diedi buca perché il mio stato d'animo era sceso a mille. Per quanto mi sentissi tranquilla ed apatica per certi giorni, il tutto ritornava: i miei pensieri, le paranoie, l'ansia, l'odio prevalevano in altri giorni.

Avevo litigato con mia madre, le avevo chiesto i soldi per i farmaci e lei era convinta che non ne dovessi più prenderli. Credeva che avendo instaurata una relazione con Lukas non ne avessi bisogno, che qualche carezza ed attenzione mi avessero guarita da un giorno all'altro.

La rabbia si era riversata in me, le feci una scenata, le sputai nuovamente la verità in faccia con la minima speranza che capisse che non era un bisogno, nemmeno un capriccio, che dovevo prenderli quei farmaci se non mi voleva vedere morta da un giorno all'altro.

Ma niente, lei non capiva, non voleva capire.

Rimasi a letto, le lacrime scorrevano irrefrenabili. I ricordi tornavano, la solitudine era lì, mi sentivo vuota e mi sentivo niente. Pensavo a Lukas come pensavo a Noah, a quel bacio sul mio collo che probabilmente gli era scappato, al fatto che non valevo nulla per lui, che per lui facevo schifo, che non ero niente, che ero solo un'oggetto, una persona che lo ascoltava quando aveva bisogno di sfogarsi ma che non valevo altro, che era mia amico per lucro personale. Era come se il suo cervello facesse sesso con il mio per poi lasciarlo li, -arrangiati- mi sentivo urlare -sei sola, lo sarai sempre - mi ripetevo.

Su Lukas non potevo contare, con lui non riuscivo a sbloccarmi, non riuscivo a parlargli di me, era come se sentisse ma non ascoltasse a momenti e mi rendevo conto che questo faceva in modo che io mi chiudessi. C'era un muro, un muro che non riuscivo ad abbattere con lui, perché le mie insicurezze fondamentalmente premevano, facendomi credere che se ne avessi parlato, se avessi aperto la mia anima più intima a lui, se ne sarebbe andato, strozzato e spiazzato da quella che realmente ero alle tre di mattina.

Quella notte fu lunga, ma quello che successe nei giorni a venire mi tranciò in due, spezzò quell'ultima mia sicurezza che avevo.

La mattina del tre novembre la voce della segretaria del preside rimbambò su tutte le aule dell'edificio scolastico

Noah Centineo è atteso nell'ufficio del preside

Il mio cuore perse un battito a sentire il suo nome, ma in quel momento non mi preoccupai più di tanto.

Mi guardai attorno, tutti avevano il telefono in mano e sussuravano tra di loro, io non capivo.

Presi il mio ed entrai su instagram. Il video di lui e Clair che scopavano sotto alle gradinate era ovunque. Sentì che la testa iniziò a girarmi, ero sbiancata. Mi alzai di colpo ed uscì dalla classe. Era quel giorno, il giorno in cui gli avevo visti. Mandai un messaggio a Noah e pensai subito che fosse dal preside.

Rimasi li fuori ad aspettarlo, volevo sapere come stava, volevo chiedergli come era possibile, sapere chi era stato e che cosa il preside aveva fatto.

Aspettai una decina di minuti, vidi suo padre entrare, lì capì che la situazione era grave, se suo padre era arrivato voleva dire che lo avrebbero sospeso o addirittura espulso dalla scuola, dalla squadra. Avrebbe perso tutto e non avrebbe avuto la possibilità di entrare all'Husson University e sapevo che quel college era il suo sogno. Mi sentì male, presi le mie cose ed uscì in cortile mi girai una sigaretta e la fumai. Tutto quello mi aveva stordito, Non potevo sapere che lui per quel video avrebbe dovuto rinunciare a tutto, che quello avrebbe distrutto la sua carriera lavorativa, la sua vita,i suoi sogni. Non potevo sopportare che lui stesse male.

L'ansia ebbe il controllo su di me, mi sentivo agitata, impulsiva, dovevo parlargli, dovevo vederlo.

Gli mandai qualche altro messaggio ma lui non rispose e l'attesa mi uccideva.

Non sapevo chi avesse fatto quel video e lo volevo scoprire, entrai nuovamente su instagram ma quel video era dappertutto, non si capiva la fonte primaria.

NOAH'S POV

Sentì il mio nome sul megafono, guardai i miei compagni, alzai le spalle, non sapendo perché dovessi andare dal preside, presi il mio zaino e mi diressi nel suo ufficio.

-Salve, mi cercava?- dissi entrando

-Si, Noah, siediti-

Appoggiai lo zaino a terra e mi sedetti

-Sei un ragazzo modello, io non credevo che tu potessi fare qualcosa del genere nella nostra struttura-

Non capivo di che stesse parlando, non ne avevo la più pallida idea.

-cosa?- dissi

Lui guardò lo schermo del computer, entrò dentro ad una cartella ed aprì un file video.

Voltò il computer verso di me, azzerando l'audio.

Sbiancai, eravamo io e Clair sotto alle gradinate.

Abbassai la testa, non potevo credere che qualcuno ci avesse filmato e che lo avrebbe mandato al preside.

Ero sicuro che non ci fosse nessuno, prima che mi ricordassi che Liberty ci aveva visto. Non potevo crederci, ma non c'era nessun'altro oltre a lei, nessuno lo avrebbe fatto e lei, lei era dannatamente gelosa di quel che c'era tra me e Clair.

Non avevo nulla da dire al preside, non potevo dir nulla per difendermi, non c'era niente da difendere, avevo fatto sesso a scuola e questo mi avrebbe rovinato completamente.

-dobbiamo sospenderti per qualche giorno prima di capire con il collegio degli insegnanti che cosa fare, certi comportamenti non sono tollerati nella nostra scuola, nonostante tu sia uno dei giocatori più bravi della squadra, non possiamo far nulla- disse

Io lo guardavo, ero furioso, volevo rompere qualcosa ma non potevo, dovevo trattenere la rabbia prima di peggiorare la mia situazione .

Mi chiese chi fosse la ragazza, Clair non era visibile ma non feci il suo nome, lo sentivo che era stata Liberty anche se non volevo crederci, sapevo che la sospensione di Clair era quel che voleva probabilmente.

Arrivò mio padre, era distrutto non poteva credere che io avessi fatto una cosa del genere, ripeteva di avermi educato in maniera diversa e cercava di smorzare l'aria cinica del preside, cercando di farmi passare con la tortura più leggera e senza gravi danni per il college.

Quando finimmo di parlare, uscimmo dall'ufficio

-ma che cosa ti passa per la testa?- disse mio padre

Io non risposi, non potevo difendermi.

-non ti bastano tutte le serate che passi fuori per scopare, devi farlo anche a scuola?- continuò, era nero, furioso -e se tua sorella lo vede?- era schifato, come lo ero io.

-prendi l'auto e torna subito a casa- disse con tono aspro, sentivo la sua delusione e non potevo farci nulla, ero impotente.

Mi diressi verso i parcheggi, le persone mi guardavano, entrai su instagram e il video era dappertutto, ovunque. Gettai il telefono a terra con rabbia, ero schifato, come aveva potuto farmi questo. Pensavo fosse mia amica. E mi sentì stupido a credere che lei lo fosse, sapevo che era malata ma non credevo che potesse raggiungere questo livello.

La vidi era vicino alla mia jeep, si muoveva avanti e indietro, agitatamente, fino a quando mi vide e corse verso di me

-Noah, come stai? Lo hai visto? Chi cazzo lo ha postato?- disse

La guardai ero furioso.

-vattene- dissi pacatamente

-cosa?- disse lei

-VATTENE- urlai -PENSI CHE NON LO SAPPIA CHE SEI STATA TU? ERI LI, ERI L'UNICA- continuai

La vidi abbassare la testa e diventare rossa, ma non mi interessava, non poteva iniziare con il suo vittimismo dopo una cosa così grave.

Entrai in macchina e misi in moto.

Liberty Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora