3. A tentoni nel buio

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"Ed è così che la mia stupida compagna è stata arrestata dopo nemmeno un'ora che eravamo entrate e io sono rimasta sola."

"E ti sei messa a correre sui tetti! Incredibile" ride Daron, battendosi una mano sulla coscia.

"Non avevo alternative" protesto. "O così, o lasciare che mi catturassero."

Un sorriso accende questi occhi verdi di una luce più chiara che non riesco a decifrare del tutto. "E tu non sei il tipo che si arrende, vero?"

"No, direi di no."

L'alcool ci ha sciolto la lingua. Per quanto la birra prodotta con l'orzo e il luppolo cresciuti nelle serre di Ys abbia un sapore assurdo, mi sembra la più buona che abbia mai bevuto. Avvicino la bottiglia che io e questo tizio condividiamo, seduti a gambe incrociate sul pavimento sporco di una vecchia soffitta, e ne prendo un gran sorso. Il liquido dal retrogusto amarognolo rinfresca la gola e alleggerisce lo spirito.

Daron allunga un braccio e si fa passare la birra. "Non è male, vero?"

Soffio lontano da me un ricciolo di polvere. "È buona soprattutto perché nessuno è stato costretto a coltivare i suoi ingredienti."

Il ragazzo abbassa il viso, come se di colpo si vergognasse a incrociare il mio sguardo. "Io non... insomma, ci sono un sacco di cose che qui tendiamo a dare per scontate, e invece immagino che lassù funzionino in modo diverso."

Il globo incantato che lui ha acceso con un semplice schiocco di dita quando siamo entrati nel suo rifugio getta un turbinare di ombre e luci nel momento in cui mi alzo in piedi. Zoppico lungo il perimetro della piccola sala scalcinata; ha l'aria di essere un edificio sopravvissuto a un incendio, o a qualcosa di altrettanto brutto che l'ha reso inabitabile. Daron, però, ha ricavato un piccolo mondo tra le ragnatele e le assi spaccate.

C'è un mobiletto con delle scorte da cui prima ha estratto la bottiglia di birra. Sono già stata nel bagno che mi ha mostrato dietro una porticina, piccolo e maleodorante, ma pur sempre un bagno. Nell'ambiente principale della soffitta, in un angolo appena più pulito del resto, giace addirittura un materasso con delle coperte gettate sopra.

In qualche modo che nemmeno io riesco bene a capire, tra le finestre sprangate, le macerie e le cianfrusaglie di questo luogo mi sento al sicuro.

"La maggior parte dei richiedenti asilo al campo profughi sono ex schiavi" spiego, con il tono più neutro possibile. "Gente che spera in un futuro diverso, e invece viene lasciata in attesa per mesi. Non hanno documenti, non possono dimostrare chi sono e che cosa sanno fare. E per questo vengono lasciati fuori."

Il ragazzo sembra molto concentrato su un nodo nel legno delle assi del pavimento. Ci gioca con l'unghia. "Ys è grande, ma è solo una città. Non c'è spazio per tutti. Adesso, poi, dopo il brutto omicidio a opera di quel tipo..."

"Il Lupo."

"Già, così lo chiamano." Daron storce il naso. "È normale che siano aumentati i controlli. Il re non può permettere che a Ys entrino dei criminali pericolosi. Che re sarebbe, altrimenti?"

"Intanto i cacciatori di schiavi fuggitivi hanno campo libero. Chi non riesce a entrare a Ys in tempi brevi viene riportato dal padrone da cui è scappato. Le punizioni, dopo, tendono a essere esemplari." Sarà l'alcool che mi brucia nelle vene, ma non ho voglia di risparmiargli nulla. "È per questo che molti profughi cercano di entrare con documenti falsi, anche a costo di essere scoperti ed espulsi."

"Come hai fatto tu."

"Come ho fatto io."

"Tu eri..."

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