La nostra fuga fallita ha insegnato qualcosa a Farkas.
Adesso io e Bevin aspettiamo che il Re degli Accattoni decida della nostra sorte legati schiena contro schiena, su una passerella dall'aria instabile sospesa qualche metro sopra il pavimento. Sotto di noi si stendono le vasche per l'affinazione del vetro, disposte a scacchiera per l'intera stanza. Una catena lunga un paio di braccia che passa dai miei polsi a quelli del re si assicura che il nostro spazio di movimento sia limitato. Un gesto inconsulto e potremmo precipitare nel fluido incandescente che rischiara il buio di bagliori rossastri.
I nostri gomiti si toccano. Se rilasso le spalle mi trovo appoggiata alle sue, grandi, forti e adesso un po' curve.
Mi sembra di essere qui da ore, forse anche di più. Ma come si fa a tenere conto del tempo quando ogni istante dura un'eternità? Il silenzio è scandito solo dagli sbuffi schiumosi del vetro fuso sotto di noi e dal ritmo dei nostri respiri.
Torco il collo nel tentativo di scorgere qualcosa del profilo di Bevin. "Hai paura?" domando.
Lui aspetta a rispondere, al punto che comincio a credere che non mi abbia sentito o voglia ignorarmi. Invece, dopo un'altra manciata di infinità, la sua voce vibrante risuona: "Paura? Oh, no."
"Se non siamo ancora morti è solo perché Farkas non ha ancora trovato il modo migliore per far sparire il nostro cadavere. Lo sai, vero?"
"E perché dovrei avere paura?"
"Perché sei umano."
Le spalle di Bevin sussultano in un accenno di risata, le scapole che urtano le mie. Basta questo movimento a far cigolare la passerella sospesa e la testa mi vortica per la vertigine.
"Sono arrabbiato, questo sì" risponde.
"Arrabbiato" ripeto, con lentezza. Inutile, ha poco senso lo stesso.
"Come dici tu, sto per morire. Non vedrò mai il mondo della superficie, il cielo e le stelle. Tutto quello che ho sempre sperato per Ys resterà il sogno di un re troppo folle per essere amato. Lascerò la mia città in balia di un assassino spietato e di una cricca di malviventi che ha messo radici fin nella guardia reale. Il mio trono tornerà nelle mani della stirpe degli usurpatori e io non potrò farci niente." Uno sbuffo sonoro. "E questo perché non ho dato retta a chi mi avvertiva di non accogliere a palazzo una straniera disperata e coraggiosa."
"Quante volte ti sei pentito di quel momento nelle ultime ore?"
"Abbastanza. Non le ho contate."
"Mi dispiace."
Mi dispiace, Lionel. Chi penserà a te quando io non potrò più cercarti? Ti lascio solo in un mondo dove perfino un ex schiavo come Arno Farkas si diletta nell'opprimere i suoi simili.
Lo stregone si schiarisce la gola. "Tu... ti comporti come se non t'importasse di niente, ma sei una sognatrice. Proprio come me. Hai fatto quello che hai fatto solo per il bene di qualcun altro, e io non avrei agito in modo diverso."
Storco le labbra in un sorriso forzato che Bevin non può vedere. "Non sentire più le voci ti rende lucido?"
Dal basso ci raggiunge un rumore di passi. Una porta si apre e poco dopo nel sentiero tra le vasche per l'affinazione del vetro compare la figura slanciata di Farkas, appena visibile in mezzo ai vapori. Insieme a lui camminano Connor e un altro membro della guardia reale. Un ufficiale, a giudicare dalla quantità di nastri luccicanti esibiti sul petto.
"Potete gioire, ragazzi miei!" Il Re degli Accattoni allarga le braccia e alza il viso deturpato per rivolgersi a noi. "La vostra attesa è finita. Ho trovato una soluzione che accomoderà tutti quanti."
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Descent
Fantasy[COMPLETA] La caccia è aperta Una schiava in fuga. Un re prigioniero del suo fato. Una città sottomarina, ultimo baluardo scampato all'apocalisse che ha trasformato l'Europa in una landa barbara e desolata. Un nemico senza volto che si fa chiamare i...