5. Come cantano le stelle

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Il mio compagno di fughe spericolate rinuncia al sostegno che gli offro con un gesto gentile. Raddrizza le spalle, gonfia il petto. La luce impigliata nelle foglie dell'acero vicino disegna sulla sua pelle una trama fitta, in continuo movimento.

Io sono libera e leggera senza più il suo peso caldo che preme sul mio corpo. Muovo un istintivo passo indietro. "Tu sei il re? Re Bevin di Ys?"

Non evita il mio sguardo. Con indolenza rassegnata reclina il collo fino a intercettare i miei occhi con i propri, mentre un sorriso amaro si arriccia sulle sue labbra sottili. "Mi dispiace averti mentito, Chani. Pensavo fosse meglio così."

Fatico a rimettere insieme le fila dei pensieri. Re Bevin. L'uomo che, per la prima volta dopo più di un secolo, ha riaperto le porte di Ys e i contatti con la civiltà della superficie, o quel poco che ne rimane. Il suo nome viene sussurrato dagli schiavi quando i padroni non possono udire e le scintille della rivolta covano sotto la cenere; viene maledetto dai profughi arrivati a un passo dalla salvezza, quando viene loro negato l'accesso alla città sotto il mare e tutte le speranze sono strappate via.

Re Bevin. Giovane, riformatore. Pazzo, ho sentito dire.

Me l'ero figurato in molti modi, ma non così. E, di certo, non immaginavo che avrei trascorso una notte intera a scappare per le vie oscure della città degli stregoni in sua compagnia.

Allargo le braccia, senza capire. "Che cosa volevi fare?"

Alec, l'uomo della guardia con il volto sfregiato, fa risuonare la propria voce potente. "Già. Dove speravi di andare?"

La risposta di Bevin arriva in un sospiro, semplice e stupida come il sogno di un bambino. "Via."

Di nuovo, mi torna alla mente una delle prime immagini che ho associato a lui, quando l'ho incontrato tra le ombre: non c'è molta differenza tra il re e il giovane cervo che sfrecciava nell'alba di Mont Maudit. Anche quella dell'animale era stata una fuga priva di senso o di scopo, un'ultima galoppata nella rugiada che imperlava il sottobosco. C'era fierezza in quella corsa senza freni, nel battito degli zoccoli sul terriccio odoroso di muschio e foglie secche. Noi lo avevamo già circondato, stanchi e affamati per il lungo assedio. Eppure lui continuava a scappare a testa alta, come se da qualche parte sui pendii fosse esistito un rifugio dove avrebbe potuto scampare al proprio fato.

Adesso la sciocca fuga di Bevin è terminata, qualsiasi cosa rappresentasse, ma la sua postura e le membra forti tradiscono ancora un orgoglio disperato.

Solo che, accidenti, nella trappola insieme a lui sono finita anche io.

"Hai fatto preoccupare tutti, Bev" lo rimprovera Alec. "Non hai scelto la notte giusta per andartene a spasso in incognito per la città. Quella storia del Lupo non mi piace."

Le sopracciglia scure di Bevin s'incurvano. "Come sta Morrigan?"

"Era fuori di sé quando mi ha supplicato di venirti a cercare. Starà meglio nel momento in cui ti rivedrà tornare tutto intero, e preferirei non essere costretto a rivelarle in che compagnia ti ho trovato." L'occhiata che mi rifila è una di quelle che, se potessero, ucciderebbero. "Non dovresti far prendere certi spaventi alla nostra principessa bianca, visto il suo stato."

"Mi dispiace. Io..." Non so che cosa volesse dire, perché s'interrompe a metà con un gemito. Il re piega un ginocchio a terra, le dita affondate tra i ricci bruni. Una smorfia di sofferenza trasforma il suo viso.

Eccolo, l'istante perfetto per fuggire. Il momento di confusione che potrei sfruttare per uno scatto veloce, alla cieca. Buttarmi in un vicolo e imprimere la spinta ai muscoli fino ad assaggiare il sangue in bocca e a sentirmi scoppiare i polmoni in petto.

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