Capitolo 7. Italia

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Distrutta e completamente delusa dalla vita, Italia decide - controvoglia - di recarsi verso la scuola. Essendo periodo di fine estate inizio autunno, fa ancora caldo, ma Italia, per coprire il dolore, lo sporco e le ferite decide di indossare una felpa a maniche lunghe - molto calda, eccessivamente per questo periodo - dei jeans e un paio di Vans bianche.

Prendendo lo zaino dal pavimento per riempirlo dei vari libri, Italia pensa se ciò che le hanno fatto John, Tommy e Ralph fosse per opera di Cameron. Ci scommetterebbe la testa. Il giorno prima sembrava comploce dei suoi amici nel messaggio che le ha mandato. Alzando lo zaino dal pavimento, prova una fitta lancinante sulle braccia quando la bretella struscia sulla pelle deturpata dal taglierino. L'anno prima era riuscita a non farsi scoprire - riguardo i tagli - e ci riuscirà anche quest'anno.

La madre la saluta, Italia risponde grugnisce a malapena un buongiorno. <<Vuoi fare colazione?>>

<<Non ho fame. E poi, se non mi sbrigo arriverò tardi. Tu non vuoi che io faccia tardi, no? Quindi piantala di interrogarmi e fammi uscire>>.

<<Non esci finché la tazza di latte non sarà vuota>>.

Decide di sedersi a tavola e ingurgitare più che può. Appena la madre si distrae, lei butta il latte nel lavandino fingendo di sciacquare la tazza dopo l'utilizzo. <<Ciao, mamma>>. La madre la saluta xon un bacio sul fronte.

Nel recarsi verso la scuola, l'autobus dei Dallas's Boys le passa di fianco. <<Sfigata. Torna a casa. Anzi, buttati da una rupe>>. Soffoca i singhiozzi con la mano. Sente di dover esplodere. Sta per esplodere. Forse la colazione, forse gli insulti, ma le scappa da vomitare. Si rannicchia dietro un cespuglio. Lì caccia tutta la sporcizia che vi ha inserito questa mattina. Le lacrimano gli occhi, le bruciano i polmoni. Le piange il cuore.

Mancando poco per arrivare a scuola decide di aspettare dietro quel cespuglio, cosicché nessuno possa vederla e, di conseguenza, non possono insultarla.

Appena sente il rintocco della campana della chiesa, lì vicino, capisce che sono le otto, l'ora di entrata nella scuola. Vi si dirige, quando sul tragitto trova un piccolo imprevisto: Inés, la sua compagna di banco che nel vederla le cinge le spalle con il braccio. Tocca la ferita che fa sussultare Italia.

<<Tutto bene?>>

<<Non dovrebbe?>>

<<Ti ho fatto male?>>

<<Perché l'avresti fatto?>>

<<Perché rispondi alls mie domande con altre domande?>>

<<Perché dovrei darti delle risposte>> fa secca Itala. Inés si sposta come se fosse stato lei il problema. Ma non è così. Italia ha molti problemi di cui preferisce non parlare, tantomeno con una "bocca larga". È così che definisce Inés. Un po' troppo chiacchierona. Se le dicesse qualcosa lei potrebbe spifferarlo in giro. Non vuole rischiare. Quindi dice: <<Non volevo essere dura con te. È una cosa carina che ti preoccupi per me, ma non ce n'è alcun bisogno>>. La ragazza annuisce.

<<Mi spiace vederti così>> riflette su qualcosa. <<È per i messaggi, vero? A me lo puoi dire>>

<<Non me ne frega niente di quei cavolo di messaggi. D'accordo? Ame non frega niente di niente. Neanche della vita mi frega. Se mi levassi di torno farei un piacere a tutti?>>

<<Non è vero>> la consola Inés.

<<Lo è>> ribatte triste Italia.

Una volta dentro, Italia svolta la curva verso il suo posto ma non guarda neanche di sfuggita Cameron. Appena si siede, caccia subito il libro di italiano. De Bellis, vestita oggi in maniera ridicola - un vestitino da chiesa con scarpe nere - inizia a spiegare il Medioevo. Italia si sente gli occhi di Cameron addosso, ma lei continua a guardare verso la professoressa.

All'improvviso sente una fitta allo stomaco. Le sta salendo di nuovo il male subìto. Alza la mano. La De Bellis le permette di uscire solo se le dice la parti in cui è diviso il Medioevo - la parte che stava spiegando qualche momento prima.

<<Alto, basso e tramonto del Medioevo?>>

<<Esci>>. Si raccomanda, come tutti che prenda il badge.

Apoena entra nella toilette, si scosta i capelli e caccia fuori tutto ciò che è rimasto nel suo già piccolo stomaco. Prende un fazzoletto. Si asciuga le labbra con esso. Guarda il suo riflesso sulla ceramica del water. Vede una ragazza bella, ma allo stesso tempo pallida e sciupata, magra e perfetta, ma allo stesso tempo piena di difetti. Le scappa una lacrima che non riesce ad afferrare. Scende giù.

Esce dalla toilette per lavarsi il viso. Appena si gita, si ritrova Cameron davanti. La guarda preoccupato. Lei ha lo sguardo fisso al pavimento. Lui fa un passo verso di lei che, come di consuetudine, indietreggia. Lui cerca di avvicinarsi più che può oer afferrarla. La spinge contro il muro. Le vuole parlare. <<Non voglio che succedano più queste cose>>.

<<Allora non farle, no?>>

<<Mi risulta impossibile. Lo faccio da sempre. Quindi devo continuare>>.

<<Allora che cavolo vuoi?>>

<<Un accordo>>

<<Accordo?>>

<<Si. Tu ci fai i compiti in cambio di un giorno senza insulti. Se ce li fai tutti i giorni, non ti insulteremo più. Hai due opzioni. Si, no insulti. No, continuo a romperti le scatole>>.

<<Ma che ho scritto qui?>> dice indicandosi la fronte. <<Gioconda? Mi fai davvero così cretina. Secondo te, io ti faccio i compiti pef non essere più insultata. Sei tu che devi piantarla di fare lo stupido. Non io di fare il mio dovere per colpa tua>> ribatte sicura lei.

<<Scegli. Ora. Si o no?>>

Italia riflette. Non sarà più insultata, magari sarà più semplice la sua vita patetica. Ma sarà poi costretta a fargli da schiava tutti i giorni. Lei non è una ingenua. Lo capisce quando c'è un inganno. Quindi propone: <<Se facciamo alle mie condizioni, allora va bene>>. Lui ammicca al pensiero delle condizioni che voglia mettere in gioco. <<I compiti li faccio una volta a settimana, e di conseguenza mi lasciate in pace per quattro giorni. Sei d'accordo? Si o no?>>

<<D'accordo>>.

Lei guarda per un istante solo il volto di lui. Lui ha gli occhi fissi nei suoi. Appena tornano in classe, i ragazzi si pensano chissà cosa fosse successo. Ma poi Cameron afferma: <<Non è successo nulla>>.

Inés mi guarda e mi chiede: <<Allora avete parlato?>>

<<Si>>.

<<E di cosa?>>

<<Che tu ci creda o no, di compiti. Devo farglielo una volta a settimana per quattro giorni di pace>>

<<Wow. Quindi non avrai problemi se inizi oggi. Beh... , meglio così, no? E chi ha dettato le condizioni?>>

<<Io>>. Non ci crede. <<Davvero>>. Inés sorride.

Le attenzioni del mio bullo // CAMERON DALLASDove le storie prendono vita. Scoprilo ora