Capitolo 8

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Clarke non sapeva cosa risponderle, quelle domande l'avevano messa in difficoltà, così dopo un attimo di esitazione disse,

"Lexa è una cosa lunga da spiegare e abbiamo detto che parleremo, ora prima di fare questa questa chiacchierata dove io risponderò a tutto quello che vuoi, che n'è dici se prima ci riposiamo, mangiamo e poi con calma ti dirò tutto quello che so e che potrò, per toglierti ogni dubbio e ogni paura, e magari così riuscirai a fidarti un po' più di me?".

Lexa alle ultime parole di Clarke rimase un po' spiazzata, e Clarke se n'è accorse e le disse sorridendo,

"Lo so che non ti fidi, me ne sono accorta, ma tranquilla, non sono arrabbiata, solo un po' triste, ma lo capisco. Se fossi nei tuoi panni, anche io non mi fiderei molto di nessuno, ma tranquilla vedrai che andrà tutto bene, siamo solo noi tre, quindi non c'è pericolo".

Sempre sorridendo a Lexa disse tutto questo. Lexa sentendo che Clarke la capiva ma percepiva la sua tristezza, si sentì un po' in colpa, perché anche non volendo le stava facendo del male, ma non disse nulla di questi argomento, chiese altro,

"Quindi sono veramente tutti morti?"

Clarke le rispose,

"Non lo so, quelli che sono rimasti fuori dal bunker, si sono morti, ma c'è gente in un bunker, non lo so se siano ancora vivi, sono passati 6 anni e non sono ancora usciti, e ci sono 7 persone nello spazio, non ho notizie di loro, lì contatto ogni giorno via radio, ma non ho mai ricevuto risposta, ma spero che tutti loro stiano bene in un modo o nell'altro, poi c'è mia madre laggiù nel bunker, spero stia bene".

Lexa sentì una sensazione strana, come se fosse collegata al bunker o a qualcosa che stava nel bunker, delle strane vibrazioni, ma non ci pensò.

A Clarke le vennero gli occhi lucidi, è vero aveva trovato Madi, che ormai era la sua famiglia, la cosa più importante di tutte, ma comunque gli altri erano amici con cui aveva vissuto momenti belli e brutti, e poi pensava a sua madre, le mancava, sperava fosse viva.

Lexa vide i bellissimi occhi di Clarke diventare lucidi al ricordo di sua madre, e una lacrima le scappò dall'occhio destro, Lexa senza pensarci le si avvicinò e arrestò la corsa di quella lacrima con il pollice, e le fece una dolce carezza.

Clarke rimase stupita, e tremò al tocco di Lexa, e anche Lexa tremò al quel contatto, era bello il modo in cui Lexa la guardava, era indescrivibile, per un attimo pensò che nulla fosse cambiato, ma Lexa era cambiata, anche lei era cambiata, tutto era cambiato, ma la sua Lexa in qualche modo era ancora lì, e quel gesto glielo aveva fatto capire, ora era decisa a riaverla.

Lexa non capì perché avesse fatto quel gesto, o forse sì, ma ancora non n'è era del tutto consapevole, ma non poté farne a meno, vedere Clarke così, le faceva male, in pochi minuti quella ragazza di cui aveva paura, stava abbattendo il suo muro difensivo, e la iniziava a vedere in modo diverso, la vedeva come se dovesse proteggerla, e voleva conoscerla.

Forse l'aveva giudicata troppo in fretta, e forse aveva sbagliato a non avvicinarsi prima a lei, anche se non l'aveva fatto direttamente, ma era venuto per pura causalità il loro incontro, ringraziò il fato.

Dopo aver asciugato la lacrima, la guardò con intensità e le disse,  tenendo ancora la mano sul viso di Clarke, in modo da calmarla e darle conforto,

"Clarke va tutto bene, sono sicura che stanno bene, se non tutti la maggior parte di loro, e tua madre sta bene, me lo sento, e prima o poi la rivedrai, non perdere la speranza".

Clarke osservò quella meraviglia parlarle così dolcemente e voleva piangere, ma non lo fece e disse solo,

"Grazie".

E Lexa le sorrise e le disse,

"Di nulla Clarke, siamo solo noi 3 giusto? Dobbiamo aiutarci, ma ora che ci penso"

Esclamò Lexa,

"Come mai noi 3 siamo le uniche ancora vive fuori da questo bunker, come siamo sopravvissute alla tempesta? Io mi ricordo che stavo andando a caccia, e da lontano ho visto una nube avanzare, la pelle ha iniziato a bruciare, come se stessi andando a fuoco, e dalla paura e dolore ho gridato, ma non mi sono arresa, ho iniziato a correre prima che venissi investita da quella nube, e sono arrivata a casa mia.
Mi sono chiusa lì, e pensavo di essere al sicuro, anche se la pelle non smetteva di bruciare e poi ho iniziato a tossire e sputare sangue, e l'aria nei polmoni veniva meno, ho pensato che ormai fosse la fine, e sono svenuta con questa consapevolezza, di morire lì.
Poi mi sono svegliata e avevo la pelle che ancora bruciava, con delle escoriazioni, ma ero viva, non capivo come fossi sopravvissuta, e non sapevo quanto tempo fosse passato, poteva essere passata qualche ora o qualche giorno, non ne avevo idea".

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