Capitolo 59

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59 giorni.

Quasi due mesi.

Infinite ore.

17 luglio.

Libertà.

Era finita.

La sessione estiva.

Lo studio.

Le notti insonni a ripetere le ultime cose.

Era finito.

Il mondiale.

Gli impegni.

Le delusioni.

L'agonia della distanza.

Era finita, l'attesa.

Osservo, con ansia l'arrivo delle valige in aeroporto, aspettando la mia.

L'avrei riconosciuta all'istante.

Fucsia, fluo.

Inconcepibile.

Ma - ahimè - era l' ultimo regalo di Alicia, per il mio compleanno tre mesi fa, perciò, dovevo farmela piacere.

Io detesto il rosa.

E tutte le sue sfumature.

Ciò che mi fa sorridere, ignorando il colore orrendo, è il motivo della sua attesa.

Ero all'aeroporto di Caselle, atterrata da pochi minuti.

Stavo aspettando Paulo, insieme agli amici di sempre, per partire.

Claudio e Roberta, innamorati più che mai, avevano deciso di festeggiare il loro decimo anniversario di matrimonio a Ibiza, con tutte le persone a cui tengono di più.

Avevano aspettato anche che ci fossero tutti, ritardando la data del rinnovo delle promesse di molto, rispetto al giorno del loro matrimonio.

Inutile dire che non sarei mancata a quest'occasione nemmeno sotto tortura.

Non avevo potuto raggiungere Paulo in Russia, quando ne aveva maggiormente bisogno.

Non ero potuta partire con lui per l'Argentina, dopo la grande delusione del mondiale.

Quel che ci salvava, per modo di dire, erano state le videochiamate.

L'invenzione più geniale del mondo, ma anche la più bastarda.

Vedere il suo viso per un po' di tempo nel corso della giornata era un toccasana per la mia mente e il mio cuore.

Averlo quasi di fronte, sentirlo quasi vicino fisicamente, ma non poterlo toccare realmente, però, mi faceva impazzire.

Non aver potuto abbracciarlo, consolarlo, accarezzarlo mentre, tra le lacrime, mi descriveva la sua rabbia del non poter stare in campo a lottare per la sua nazionale, quasi mi aveva uccisa.

Ora, dopo quasi due mesi, ci saremmo rivisti.

Ho aspettato questo momento come i bambini che aspettano l'arrivo di Babbo Natale la notte del 24 dicembre.

Erano stati due mesi pesanti, due mesi di messaggi, chiamate sconnesse, che non ci permettevano nemmeno di guardarci per bene.

Telefonate notturne e infinite, alternando la notte per l'uno e per l'altra, dato il fuso orario che passava tra Italia e Argentina, rendendoci ancor più distanti.

Ed ora lo avrei rivisto, toccato, abbracciato, sentito di nuovo con me.

    Da: P.
<<Siamo arrivati
     in aeroporto.
    Vengo a
    prenderti, nenita>>

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora