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Quando spengo la lampada sul tavolo dello studio di casa di Paulo, è quasi l'una del mattino.

Questa cosa che non mi rendo conto di quello che mi succede intorno quando studio deve finire.

Lui però non è venuto a controllarmi, come fa di solito.

Per avvisarmi che è troppo tardi, per continuare a sforzare gli occhi e il cervello, e che dormire poco non fa altro che male, per la concentrazione la mattina dopo.

Strano, che non mi abbia chiamato dalla sua stanza.

Lo trovo nel suo lato del letto, coperto per metà dalle lenzuola grigie, girato su un fianco con le spalle verso il mio lato, entrambi i nostri cellulari a caricare sul comodino.

Mi lavo velocemente i denti, mi do una rinfrescata veloce e lo raggiungo subito.

Imposto la sveglia per il giorno dopo e mi giro verso di lui, avvicinandomi per il bisogno di toccarlo.

Passo lievemente una mano tra i suoi capelli, e il suo sospiro rilassato mi fa sorridere.

"Sei sveglio?", gli chiedo, baciandogli una spalla, poi il retro del collo, mentre avvolgo il braccio sinistro attorno al suo busto.

Posa una mano su di esso, accarezzandolo per qualche secondo, e poi allontanandolo, per girarsi verso di me.

Mi guarda negli occhi, che riesco a intravedere nonostante la luce nella stanza provenga soltanto dalla lampada sul mio comodino.

Un'espressione corrucciata a rovinargli il viso dolce, una ruga proprio al centro della sua fronte.

"Perché Simona ti parla di sintomi di gravidanza?", chiede, nella voce un tono serio, che cerca di mascherare una rabbia repressa.

Mi tiro indietro, completamente spiazzata.

"Perché parla di test di gravidanza? Di parlarne con me, di essere sincera?", continua, elencando domande a raffica mentre si allontana anche lui da me, poggiando la schiena sulla testiera del letto.

"Di cosa stai parlando?", gli chiedo, mentre dentro di me un senso di nausea comincia a farsi vivo, al solo pensiero della conversazione che intraprenderemo di qui a poco.

"Potremmo aspettare un bambino? Sei incinta?", continua lui, agitando le mani in segno di esasperazione, come chi vuole risposte e subito.

"Bea, rispondimi", aggiunge poi, portando le braccia conserte al petto, senza mai distogliere neppure per sbaglio il suo sguardo dal mio.

"Mi hai controllato il cellulare?"

Da quando mi mettevo sulla difensiva?

Da quando sviavo i discorsi?

Chi cazzo era quella persona che lui ora vi si trovava di fronte?

Quanto me, anche lui sembra scioccato dalla mia risposta, e la sua fronte corrucciata credo possa scoppiare da un momento all'altro.

"E' davvero l'unica cosa che ti viene da chiedermi? Estàs haciendo en serio?", chiede infastidito, alzandosi dal letto e mescolando l'italiano e lo spagnolo, tipico di quando è vicino dal perdere la ragione.

Lo seguo, inginocchiandomi sul letto, e richiamandolo alla mia attenzione.

"Tu rispondimi..."

"Tu, rispondimi, mierda! Sei incinta, Beatrice?", chiede allargando le braccia, sfinito dal dover avere una risposta così semplice, in maniera così complicata.

Perché quando è così arrabbiato, e capace di smontarmi con delle semplici parole, non riesco mai a parlare?

Il mio silenzio sembra farlo illuminare, e in pochi secondi la sua espressione muta da tesa a sorpresa, come chi si sta costruendo un pensiero in testa, e spera sia reale.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora