8

7.3K 183 16
                                    

Dalla sera della lite con Paulo erano passati tre giorni e mezzo, ed erano stati tre giorni di totale silenzio.

Impiegavamo il nostro tempo nelle nostre cose fondamentali, il suo allenamento e il mio esame.

Uscivo dal suo studio soltanto per mangiare qualcosa o per andare a letto, lui tornava a casa per gli stessi motivi.

Semplicemente, ci stavamo vergognosamente ignorando.


<<Cosa vuol dire che siete separati in casa?>>, chiede Roberta dal freddo della sua Russia, nonostante fossimo solo a settembre, durante la nostra consueta videochiamata settimanale.

<<Che ci evitiamo da quella sera, e ieri notte ho dormito sul divano per lasciargli il letto>>, confesso, ripensando al senso di colpa nei confronti della sua schiena e immaginando Massimiliano Allegri presentarsi sull'uscio di casa solo per rimproverarmi per gli allenamenti del suo numero dieci affrontati con più fatica.

Dalla camera da letto, sentivo i suoni provenienti dalla tv fino a notte fonda, e Paulo non si addormentava mai con la tv accesa, segno che non riusciva a dormire, e che cercava distrazioni.

<<Non si dice così dalle tue parti, quando si vive sotto lo stesso tetto, ma non ci si parla? 'Separati in casa'>>, ripeto, muovendo le dita per segnare le virgolette e scatenando la sua risata.

<<Siete proprio due bimbiminchia>>, ammette poi, questa volta scatenando la mia risata, più per il fatto che le abbia inculcato io questa parola, che per altro.

<<E' per questo che avevo paura a parlargliene. Avevo bisogno di tempo per capirci qualcosa prima io>>, continuo con il mio racconto, portando la fronte a poggiarsi sulla mia mano e scuotendo la testa.

Questa situazione mi rendeva soltanto più nervosa, e incapace di studiare.

Avevo come il cervello bloccato, con impressa nella memoria soltanto la scena di Paulo dal viso inespressivo, che lascia la nostra stanza senza degnarmi di uno sguardo e mi abbandona lì, interdetta e non incinta.

La mattina seguente avevo fatto anche il secondo test, da sola, che mi aveva confermato l'esito del primo. E dal gonfiore del mio corpo e la mia particolare emotività il mestruo non poteva che arrivare da un momento all'altro. Solo un piccolo ritardo, giusto il tempo di combinare qualche casino.

<<Sì, Bea, però mettiti anche nei suoi panni. Ha scoperto da un messaggio che stavi per fare un test di gravidanza. Ha scoperto che eri nel panico più totale e che non gliene avresti parlato. E se fossi stata incinta non sa cosa avresti fatto, magari senza dirgli nulla. Mi dispiace andarti contro, perché sono sempre a favore dell'inferiorità neuronica maschile, ma questa volta hai sbagliato di grosso>>, afferma tutto d'un fiato, muovendosi tra i corridoi della sua nuova casa, quasi identica a quella di Torino perché "così ci sentiamo davvero come a casa".

Il freddo la rendeva ancora più bella, anche quando apriva la videochiamata con una parolaccia perché i riscaldamenti non erano mai alti abbastanza, per i suoi gusti.

<<Quando mai mi difendi? Sei sempre dalla sua parte>>, le dico, divertita.

<<E Claudio è sempre dalla tua. Qualcuno deve pur sostenerlo quel poverino>> ribatte, alzando gli occhi al cielo.

Mi mancava da morire.

<<A proposito della tua famiglia, dov'è il mio fidanzato preferito?>>, cambio argomento, sperando di poter vedere almeno per qualche minuto i miei bimbi, che avevano da poco cominciato in una nuova scuola straniera.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora