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"Sto facendo una cosa patetica", confesso al telefono a Mel, la ragazza di Rodrigo, mentre sono nel parcheggio del centro sportivo della Continassa.

"Stai facendo una cosa bellissima", ribatte lei, guardandomi dalla sua auto nel parcheggio interno.

"E' San Valentino. E per una volta fai tu la romantica", aggiunge poi, riferendosi alla mia situazione.

In realtà, stavamo entrambi aspettando i nostri uomini per lo stesso motivo.

Solo che lei poteva farlo benissimo dalla sua auto, mentre io dovevo aspettarlo in piedi, fuori, magari anche davanti ai suoi compagni, perché la mia macchina ce l'aveva lui, perché in realtà era la sua.

Quando, esattamente, avevo pensato che farsi trovare fuori dal suo luogo di lavoro pieno di uomini con una rosa tra le mani e un pacco di cioccolatini sarebbe stata una cosa carina?

Eppure lo sguardo che mi regala quando esce per raggiungere la sua auto, e si blocca per fissare lo sguardo sorpreso nel mio, ripaga ogni cosa.

E mi sento esattamente come un anno fa, quando a farsi trovare fuori dalla mia università era stato lui, la prima volta che era venuto a trovarmi a sorpresa.

Era San Valentino, uno dei più belli che abbia mai vissuto.

Alzo la schiena dalla portiera della Jeep e gli vado lentamente incontro, salutando con la mano Cristiano che aveva la macchina parcheggiata poco lontano da noi.

Poi faccio un respiro profondo, rendendomi conto di aver appena salutato Ronaldo come fosse un amico qualunque.

Il tutto non passa inosservato da Paulo, che alza gli occhi al cielo, rassegnato.

"Felice San Valentino", gli dico a bassa voce, fermandomi a pochi centimetri dal suo viso sorridente e un po' emozionato.

Abbassa lo sguardo sulle mie mani impegnate, senza smettere di sorridere un attimo.

"Solo la rosa è per te", aggiungo poi, prendendomi in anticipo la proprietà dei cioccolatini.

Scoppia a ridere, nel momento stesso in cui mi tira a sé in un abbraccio silenzioso, stringendomi tra le sue braccia forti e sicure.

Non era un periodo molto semplice. La stagione della Juventus sembrava perfetta, tutto era più magico con un compagno di squadra come Cristiano Ronaldo.

Però non era affatto semplice per lui.

Erano state più le partite vissute in panchina, che quelle giocate nel prato verde che tanto amava, e dopo quella di ieri sera, era la terza partita consecutiva in cui il mister lo lasciava fuori.

Erano tornati dalla trasferta quella stessa mattina e, poiché la Champions era fin troppo vicina, la squadra era rimasta direttamente ad allenarsi.

Non lo vedevo da tre giorni, ma l'espressione un po' corrucciata come tutte le volte in cui, ultimamente, tornava a casa dopo lavoro, era sempre la stessa di quando ci eravamo salutati l'ultima volta.

Paulo non amava sfogarsi, perché semplicemente odiava mostrarsi debole.

E perché era sempre convinto che i suoi problemi fossero meno di quelli degli altri, per i quali era sempre pronto ad ascoltare e tirare su.

Tipo me, in ogni periodo pre-esame o quando semplicemente mi mancava casa.

Ricambio la sua stretta, circondando la sua schiena con la mano impegnata a mantenere la rosa di cui mi ero innamorata non appena l'avevo vista.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora