How Come The World Won't Stop •1

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                               𝟓 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐝𝐨𝐩𝐨.

                                  Detroit,

                        𝙲𝚕𝚒𝚗𝚝𝚘𝚗 𝚃𝚘𝚠𝚗𝚜𝚑𝚒𝚙📍

⊱⊶⊷⊶⊷⊶⊷⊶⊷⇲⊰⌏

Marshall pov.

Non sono mai diventato tranquillo.

Nemmeno risolto, direi più di essere passato dall'essere un giovane che esplodeva senza filtri a un adulto che cercava di imparare a convivere con sé stesso, e canalizzare il tutto in maniera più controllata.

Mi è stato detto di essere l'esempio di mente che nasce in conflitto con sé stessa e con l'ambiente circostante. Perché? Forse c'entra il fatto di essere cresciuto con la percezione costante di essere fuori posto.

Marginalizzato, fragile e pieno di rabbia repressa.

Nella mia testa si era radicato questa mentalità da sopravvissuto e la rabbia diventava carburante, il dolore un'arma e il mio approccio era binario: o esplodere verso l'esterno o autodistruggersi.

La mia autocritica ossessiva non mi concedeva mai tregua. Ogni traguardo raggiunto non era mai sufficiente e dietro ogni vittoria c'era il timore di essere smascherato come "inadeguato" Questa insicurezza alimentava la mia produttività sì, ma mi consumava dall'interno.

Era da un po' che mi consigliavano di andare in terapia, io onestamente non sono mai stato per queste cose perché sapevo bene che fosse un percorso individuale che non ero certo di affidare. Ci avevo provato qualche volta, ma era andata male e conclusa in modo incompleto.

Una volta uno di loro mi ha detto che uno dei miei tratti distintivi era la dualità: dentro di me convivevano convivono più voci, più maschere; quella del ribelle, del comico e del provocatore ma anche quella del padre ferito, dell'uomo in cerca di pace.

Ero inconsciamente alla ricerca di un'evoluzione.

Dal rifiuto e dal bisogno di distruggere, me stesso o gli altri, a passare a un lento e difficile percorso di ricostruzione, soprattutto dopo aver affrontato dipendenze e depressione.

Posso dire con certezza di aver atteso una vita intera per vedere me stesso felice, e forse non ero poi così distante dall'esserlo.

Ma come la si riconosce? La felicità, intendo.

Il concetto è quasi sopravvalutato e mai specifico, forse perché ognuno ne ha uno proprio.

Per esempio, quel giorno di novembre, Clinton Township si svegliò sotto un cielo pesante. Di un grigio uniforme che sembrava voler schiacciare le case. Nell'aria si percepiva un certo ché di ferro e ghiaccio, e il respiro dei primi passanti si erano subito trasformate in nuvole bianche che svanivano nel vento tagliente.

Nelle strade residenziali, le villette dai tetti spioventi e le case a un piano erano già avvolte dall'odore della legna bruciata nei camini. Alcuni vialetti mostravano tracce di sale sparso in fretta mentre i bambini, con i cappotti imbottiti e gli zaini gonfi sulle spalle, correvano verso lo scuolabus giallo che si fermava con lo stridio dei freni davanti agli incroci. Le madri salutavano dalla porta, stringendosi le braccia contro il freddo, e richiudevano subito dietro di sé per non far scappare il tepore domestico.

•𝐋𝐨𝐯𝐞, 𝐉𝐨𝐧𝐞𝐬• |𝐍𝐚𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora