Marshall pov.
Il mio più grande volere, era insegnare i valori morali e la responsabilità alle mie figlie, preferivo che imparassero sulla propria pelle anche tramite piccole lezioni di vita messinscena.
Non mi reputavo un padre permissivo, credevo nel merito, nella disciplina e nel rispetto reciproco, ma sempre con un tocco di leggerezza.
Spesso le mie lezioni erano ipocrite e incoerenti, e questo poteva anche generare comicità in quanto pretendessi maturità dai figli, ma io stesso a volte ero infantile e testardo.
La mia era un'autorità "piacevole" , non temuta ma rispettata.
Ho sempre cercato di avere un dialogo aperto con tutte loro, cosicché da evitare quel tipo di reazioni che non reputavo necessarie, né tantomeno severamente corrette o esagerate.
Volevo che si fidassero, che sapessero di poter contare sempre su di me.
Credevo fermamente che per essere un buon padre sia necessario lottare costantemente contro le proprie debolezze e contro le ingiustizie del mondo esterno, non ho mai cercato di mascherare i miei errori.
Ho lottato con dipendenze, con la rabbia e con l'instabilità emotiva, ma ero consapevole di questi limiti e il desiderio di non farli pesare su di loro mi conduceva ad un'intensità emotiva e una protezione quasi ossessiva con una vulnerabilità espressa.
Provavo un empatia intensa, spesso tradotta in un desiderio di proteggerle da tutto ciò che potrebbero ferirle. Riconoscevo però che la mia protezione non fosse sempre "tranquilla" e poteva diventare ansiosa o ossessiva, avevo letto da qualche parte che fosse tipica di genitori che hanno vissuto infanzie difficili.
Ma il mio impegno costante era quello di crescere e migliorare.
La mia paternità era il risultato di un passato complesso ma anche di un amore autentico e incrollabile, spesso espresso in modo creativo più che convenzionale.
Guidavo lentamente lungo le strade del quartiere con un timido sole pomeridiano che filtrava leggermente attraverso il parabrezza, e in macchina Allison era lì nei sedili posteriori sorridente, chiacchierava del laboratorio di teatro e delle prove di scenette, ignara del tumulto di pensieri che correvano nella mia testa.
Stavo riflettendo su tutto: prima la convocazione dal preside per i guai combinati, e non volevo che pensasse che potesse fare tutto ciò che voleva senza conseguenze ma poi ricordavo anche le buone azioni compiute. Un miscuglio di caos e bontà che mi lasciava un po' confuso, ma incredibilmente orgoglioso.
Come reagire? Come darle l'esempio giusto senza sembrare troppo severo, ma senza neanche lasciare correre tutto?
Non volevo essere quel padre che soffoca la creatività e la spontaneità con regole rigide, ma sapevo che la vita insegna anche con i piccoli rimproveri. Forse bastava parlarle con sincerità, senza drammi, farle capire che fossi orgoglioso quando fa il bene, ma che anche gli errori hanno il loro peso.
Guardandola di sfuggita, col viso illuminato, percepì quella scintilla di vitalità che l'aveva portata ad essere la persona meravigliosa che era, ma anche l'ironia che aveva utilizzato con una figura come il preside della sua scuola, che aveva rischiato di metterla nei guai.
Un misto di nervosismo e ammirazione mi percorse.
Dovevo trovare l'equilibrio: elogiare la bontà e il coraggio senza farla sentire sotto esame, ma farle capire che il rispetto conta sempre e che le buone azioni valgono tanto quanto la responsabilità.
Un sorriso morbido si disegnò sul mio volto.
Le piaceva ridere, le piaceva divertirsi e godersi ogni istante della sua giornata, non si annoiava mai per il semplice fatto che trovava sempre qualcosa cosa fare.
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•𝐋𝐨𝐯𝐞, 𝐉𝐨𝐧𝐞𝐬• |𝐍𝐚𝐬
Roman d'amour•𝐬𝐞𝐪𝐮𝐞𝐥 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐢𝐥𝐥 𝐡𝐞𝐫𝐞• ᵗʰⁱˢ ˢᵗᵒʳʸ ⁱˢ ʰᵉᵃʳᵗᵇʳᵉᵃᵏⁱⁿᵍ ᵇᵘᵗ ˢᵒ ᵇᵉᵃᵘᵗⁱᶠᵘˡ "ʀɪᴄᴏʀᴅᴀ ɴᴀꜱ, ɪʟ ᴍᴏɴᴅᴏ ᴇ' ᴛᴜᴏ". "ɴᴏ, ɪʟ ᴍᴏɴᴅᴏ ᴇ' ɴᴏꜱᴛʀᴏ". 𝐄𝐥𝐞𝐮𝐭𝐡𝐞𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚: un forte desiderio di libertà. Sophia ovunque fosse passata ha fatto breccia...
