Capitolo 4

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Briya si alzò con un sospiro, finì di asciugarsi la testa e si avvicinò all'armadio, prendendo la gruccia su cui aveva appeso la divisa pulita. Chiuse l'anta, si tolse l'accappatoio e rabbrividì quando la pelle venne a contatto con l'aria, infilò la divisa il più rapidamente possibile e si posizionò davanti allo specchio, cercando di annodare la cravatta. Dopo tutti quegli anni non aveva ancora imparato a fare un nodo decente e quello le faceva rimpiangere di uno, non essere nata uomo - era sempre convinta che nascessero con qualche gene che insegnava loro ad annodarle fin dalla nascita - e due, di non avere un grado più basso, visto che non portano alcun tipo di cappio al collo. Allungò un mano, prendendo il cappello che aveva sull'attaccapanni lì vicino, sistemandoselo sulla testa e sperando che non fosse una cosa ridicola sopra la crocchia.

Il nero non le piaceva, ma aveva fatto l'abitudine a portare quella divisa che molto spesso la faceva sembrare nient'altro che un angelo della morte. Lisciò la giacca e la gonna con le mani, dandosi un'ultima occhiata - quasi di ammirazione - allo specchio. Guardò l'orologio che portava al polso, l'unica cosa che aveva portato dalla Terra, un regalo del suo istruttore. Dietro il quadrante c'era incisa la frase latina Per Aspera Ad Astra e Briya ne aveva fatto il suo motto per non lasciarsi andare nei momenti di difficoltà. Era stata ciò che le aveva dato la forza di andare avanti prima su Marte e poi su Itov.

Prima di uscire, si avvicinò al computer che campeggiava sulla scrivania nell'angolo opposto della stanza, l'accese e l'immagine della Discordia comparve dietro le icone, tenute in perfetto ordine. C'erano tre messaggi da leggere: uno era da BIT, ma, dato che già l'anteprima era piena di battute sconce che la vedevano protagonista, lo spostò nel cestino senza aprirlo. Avrebbe dovuto cambiare i chip a quell'essere che di robot manteneva ben poco. Gli altri due erano da parte dell'equipaggio: quello del primo ufficiale conteneva il rapporto di tutta la missione, completo anche del numero di carburante, aria e razioni usati. Per una volta l'intero equipaggio era tornato su Kiaphus. L'altro era da parte di uno dei membri che avevano partecipato alla missione. Diceva che avevano trovato Laera Breckett in condizioni critiche, in posizione supina sul pavimento della cella numero otto della base di Kiwei. Senza dubbio era stata torturata con poco riguardo. Avevano ucciso almeno dieci membri della Confederazione che erano lì di guardia, ma la cosa che destava sospetto è che tra di loro uno fosse un affiliato della Mano Scarlatta. Lo lesse tutto, poi lo stampò. Il rapporto del primo ufficiale, invece, lo archiviò insieme agli altri, in una cartella della memoria esterna. Ripiegò il foglio, infilandolo nella tasca, poi uscì di casa, immettendosi di nuovo nel caos del centro di Sester. La doccia di poco prima servì a poco: l'afa le si appiccicò addosso non appena mise piede fuori dalla zona coperta dal sistema di condizionamento automatico. Odiava quel pianeta almeno quanto l'aria di ricircolo della Discordia.

Era decisa a parlare al Consiglio degli Affiliati: sicuramente un'azione organizzata dall'alto sarebbe stata più incisiva di un suo improvvisare nei bassifondi. Strinse la mano sul foglio che aveva in tasca, aumentando il passo. Entrò nell'edificio del Consiglio, strisciando il tesserino di riconoscimento sui tornelli. La hall presentava nel centro una zona circolare riservata alle segretarie, tutte impegnate a rispondere al telefono o a digitare sulla tastiera. Si avvicinò a una di loro, notando che una schermata blu si rifletteva sui suoi occhiali spessi. Era una donna sulla trentina, piuttosto bassa e con i capelli rasati quasi a zero. Non aveva mai imparato le razze presenti in quella galassia, ma dalla pelle grigiastra intuiva che non fosse come lei. Dopo essere stata ignorata per qualche istante, Briya picchiettò sul tavolo di legno richiamando l'attenzione della segretaria che alzò lo sguardo dal PC. Solo in quel momento Briya si accorse del terzo occhio sulla fronte della signora.

«Oh, capitano Anderz. Il Consiglio la sta aspettando. La sala oggi è la 3B. Sa, nella 4C, la solita, c'è un altro incontro».

«Grazie» sibilò Briya in risposta, già infastidita dal chiacchiericcio della donna, accompagnato da una voce stridula. Si allontanò a passo svelto, dirigendosi verso i grandi ascensori. Salutò qualche conoscente nel tragitto e mentre saliva ebbe modo di scambiare qualche parola sul tempo della giornata. Poteva specchiarsi nelle pareti dell'ascensore da quanto erano lucide e ne approfittò per sistemare alcune forcine tra i capelli. Arrivata al piano, percorse un corridoio che dava sulla via principale. Il tappeto rosso attutiva il suono del ticchettio dei suoi stivali con un leggero tacco - dettati dal protocollo che in quelle occasioni andava rispettato dal primo all'ultimo punto. Spinse la maniglia della porta entrando nella sala da cui proveniva una confusione che si sentiva da fuori. Molti si zittirono, puntando gli occhi su di lei. Vide vari posti vuoti, tra cui quello sul cui segnaposto campeggiava il nome Breckett. Fece un cenno di saluto con la mano, portandosi sulla piccola pedana rialzata che fronteggiava le file dei posti riservati e si sedette sull'unico posto libero di quel tavolo.

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