Capitolo 26

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Jareth camminava sul ponte di comando dell'Olavia, tenendo i guanti tra le mani e lasciando vagare lo sguardo intorno a lui: era da solo, l'equipaggio stava dormendo, ma a lui la cosa risultava impossibile perché da giorni si sentiva martellare la testa da un'emicrania che non sembrava dargli pace e anche in quel momento sembrava che qualcuno lo stesse colpendo con un martello.

Si passò la mano sulla fronte, facendo un respiro profondo. Avrebbe voluto accertarsi che non fosse niente di grave, ma il medico di bordo non disponeva delle attrezzature adatte e le poche navi non avevano nemmeno più una base a cui tornare. Avevano trovato un rifugio temporaneo su un asteroide - identificato dai sistemi come Vilia 7Q65. Sarebbero dovuti ripartire presto, ma senza una base a cui fare capo, ben presto le scorte di viveri - già razionate -, medicinali e ossigeno sarebbero finite, condannando tutti a una lenta e dolorosa morte nello spazio.

Quando sentì un bip alle proprie spalle, Jareth trasalì, portando una mano sulla giacca lasciata aperta. In quel momento, in quel luogo, anche la disciplina a cui si era sempre affidato gli sembrava inutile.

Si voltò lentamente, con la paura che fosse una rilevazione del radar: da quando erano atterrati, tagliando volontariamente ogni comunicazione con la Discordia per evitare di essere rintracciati, la sua paura principale era diventata il sistema radar e, per quanto volesse trattenersi, ogni tanto lo controllava, come se pian piano si stesse trasformando in un'ossessione.

Si avvicinò al display, notando che su quello compariva il nome della Discordia, accompagnato dal simbolo della chiamata. Con le mani tremanti, spostò la sedia, sistemandosi poi alla postazione; indossò le cuffie, accettando la chiamata. Il volto di Briya apparve sullo schermo.

«È rischioso, lo so» disse lei prima che Jareth potesse dire una parola. «Ho varie notizie da darti, inviami le coordinate dell'Olavia, non posso dartele adesso, non da questo pianeta. Passo e chiudo».

Jareth sospirò, appoggiando le mani a lato della tastiera nera davanti a lui. «D'accordo» disse fra sé, come se Briya potesse sentirlo, poi le inviò ciò che chiedeva, passandosi le mani sulla faccia, cercando di non pensare a quel che avrebbe dovuto sapere.

Si rese conto di essersi appisolato sul sedile solo quando un ufficiale lo venne a svegliare, comunicandogli che la Discordia era atterrata e che Briya lo stava aspettando sul ponte; Jareth annuì, togliendosi le cuffie e appoggiandole di lato allo schermo.

Notò il nervosismo della Anderz prima che lei iniziasse a parlare: serrava le labbra, riducendole a una fessura, mentre batteva ritmicamente il piede sul pavimento e in quel momento anche lei gli appariva piccola e insignificante nei confronti dell'Olavia e dell'universo.

«L'ordine del sovrano per far entrare Grinda in guerra? La Breckett nelle mani della Confederazione? Anderz, cosa hai combinato?» chiese Jareth togliendosi il cappello e passandosi una mano sulla faccia non appena lei ebbe finito di parlare: si era sentito pronto a sentire di tutto dalle labbra del comandante della Discordia, ma non immaginava che sarebbe stato il peggio che si aspettasse.

«Io niente, in realtà hanno fatto tutto altre persone... ed è successo ciò che gli altri ritenevano giusto: re Davian ha convinto i nobili che l'egemonia della Confederazione non porterà a nulla, che in quel caso anche Grinda sarebbe costretta a piegarsi e sottostare al volere di pochi che vorrebbero sfruttare le risorse del pianeta non per il bene di tutti, ma per sé. La Breckett ha deciso da sola, rimane pur sempre una figura politica influente. Con lei ci sono alcuni falsi disertori della Discordia, la proteggeranno nel caso le cose vadano storte... mi fido dei miei uomini» ribadì decisa lei.

Jareth annuì, rimanendo però convinto che tutto fosse stato troppo avventato. «D'accordo. Sediamoci, voglio sapere nei minimi dettagli che sia successo».

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