Capitolo 10

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«Allora, figliolo, sei riuscito ad ammazzare la Anderz? O vai al bar giusto per farti qualche puttana?» chiese Kaeler non appena sentì i passi di Julyen nello stanzone che usavano come casa. In un angolo c'erano due materassi logori, macchiati in più punti, su cui venivano ammucchiate coperte e cuscini dall'aspetto consunto, al centro c'era un unico tavolo che traballava a causa di una gamba troppo corta, intorno a cui erano posizionate quattro sedie tutte diverse tra loro, raccolte tra i rifiuti; nell'angolo opposto a quello dei materassi c'era la zona cottura, tenuta in pessime condizioni e incrostata da macchie causate da chissà quali ingredienti. L'intero ambiente puzzava di muffa e mucido, ma Julyen non storceva più il naso quando ci entrava, ormai era diventato un odore familiare e associato alla "casa".

«Né uno né l'altro motivo» rispose il ragazzo avviandosi verso l'armadio a muro, che aveva pure un'anta dai cardini rotti che nessuno di loro aveva mai provveduto a riparare. «Sono riuscito a parlarci, ma non a ucciderla: non ha mai abbassato la guardia... nemmeno da quasi ubriaca». Kaeler grugnì, borbottando qualcosa sull'inutilità del figlio. «Però mi ha offerto di lavorare per il Patto. Sembra fidarsi di me, non ha detto una parola sulla storiella che ho inventato sul mio passato e non ha controllato se avessi il marchio. Se trovassi un modo per nascondere il simbolo, potrei riuscire ad avvicinarla ancora di più e compiere il più spettacolare attentato della storia».

«Tu? Tornare a lavorare per il Patto? La cosa puzza. Vuoi tradire anche la Mano Scarlatta, Julyen?»

«No» rispose il giovane togliendosi la giacca e riponendola alla gruccia. «Voglio sfruttare l'occasione per compiere il miglior attentato della storia».

Kaeler ghignò, tirandosi a sedere sul materasso. «Almeno sei riuscito a divertirti con lei?»

«Ha detto qualcosa sullo scarso interesse che ha per i possessori dei geni XY di qualunque specie. È strana».

«L'importante è che tu la tolga di mezzo. E vai pure a quel colloquio, bada solo che la prossima testa a rotolare nella polvere non sia la tua».

Julyen annuì. «Come copro il simbolo? Lo vedranno sicuramente di giorno».

«Recati al mercato nero il prima possibile dopo l'alba. Cerca un banco che vende prodotti per attori, hanno dei fondotinta molto coprenti che quasi cambiano i connotati degli attori. Li ho usati per parecchie rapine e devo dire che non mi hanno mai beccato. Procuratene una bella scorta perché, se parti, potrebbero servirti».

Julyen annuì. Indossò un paio di pantaloni logori che usava come pigiama, distendendosi poi sul materasso libero, coprendosi il più possibile con le coperte. Si girò su un fianco, piegando un braccio sotto la testa. Ripensò a quell'assurda serata appena conclusasi finché non sprofondò in un sonno profondo, aiutato anche dall'alcol ancora in giro nel sangue.

 Ripensò a quell'assurda serata appena conclusasi finché non sprofondò in un sonno profondo, aiutato anche dall'alcol ancora in giro nel sangue

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Kaeler dormiva ancora quando Julyen uscì di casa senza far rumore. Aveva impostato la sveglia sull'orologio olografico che aveva rubato a un ubriaco qualche giorno prima, ma suo padre non l'aveva sentita. Non trovò quasi nessuno per le strade, solo qualche ubriaco che russava su una panchina e una coppietta di fidanzati intenti a baciarsi dietro un angolo. Alla fine, il mercato nero non si differenziava troppo dal resto dei bassifondi, se non per il fatto che si trovava nella piazza centrale, proprio nel mezzo di quel quartiere. Anche lì, la confusione regnava sovrana. Le bancarelle sembrano stare una sopra l'altra e i commercianti stavano ancora finendo di preparare la propria merce. Julyen si inoltrò nel mercato, lanciando occhiate alla merce, più per mera curiosità che per reale interesse e ogni tanto rispondeva con gesti della mano alle proposte di vendita dei commercianti, decisi a rifilare sul mercato qualsiasi cosa fosse vendibile, legalmente o meno.

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