Capitolo 8

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Non appena Julyen fu a poca distanza dall'ingresso del bar, si sentì travolgere dalla confusione che regnava all'interno: tra i fumi di alcol e droga, era in corso una rissa. Distolse lo sguardo, non trovando niente di divertente in quella; non amava combattere senza un motivo e vedeva nelle risse il peggior passatempo che uno potesse trovare in un bar.

Storse il naso, consapevole anche che mai e poi mai avrebbe amato quell'ambiente pregno dell'odore di alcol e fumo. Inoltre, non era un assiduo frequentatore di quel genere di locali e non gli piacevano gli ambienti affollati come era il bar del Vicolo degli Ulivi.

Si fece largo tra la folla, sfruttando la sua altezza per cercare di capire se la Anderz fosse già arrivata o meno: molti tavoli erano stati rovesciati per terra mentre un folto gruppetto di avventori si era disposto a cerchio intorno ai tre intenti ad azzuffarsi, ma di lei non c'era traccia.

Probabilmente molti degli avventori erano già ubriachi in pieno giorno: si diceva che in quel bar passassero le giornate gli sfaticati e quegli che si indebitavano fino all'osso pur di avere scorte di Chow sempre disponibili, fornite a caro prezzo dal barista.

Forse quella rissa era stata scatenata da un'incomprensione sulla droga - non sarebbe stata la prima volta, si disse Julyen, visto che si sapeva ovunque che quel bar fosse un noto luogo di spaccio. Si spostò una ciocca di capelli bianchi dagli occhi, avvicinandosi al bancone, senza curarsi di spintonare altri avventori, troppo presi dalla rissa per curarsi di lui.

«Raro vederti qui» gli disse il barista non appena Julyen appoggiò i gomiti sul bancone, dopo essersi seduto su uno sgabello. Si guardò intorno un'altra volta, come per accertarsi che la sua preda non fosse nei paraggi prima di rivolgere la sua attenzione all'essere basso e grassoccio che gli stava davanti, intento a pulire con un panno unto una serie di bicchieri di vetro dai colori più disparati. Inspirò a fondo, lasciando che il forte odore di Chow e alcol mischiati arrivasse al cervello.

«Mi manda mio padre, Kaeler».

«Su chi ha messo gli occhi stavolta, quel vecchio pazzo?» grugnì il barista appoggiando il bicchiere sul tavolo. «Gradisci qualcosa?»

«Dammi un whiskey» rispose Julyen, ignorando l'appellativo che aveva dato al padre. «E sì, se te lo chiedi sto cercando una persona» aggiunse a bassa voce, non appena ebbe il bicchiere davanti agli occhi. Guardò il liquido ondeggiare, non appena ebbe il bicchiere davanti agli occhi.

«Resta tutto il tempo che vuoi, se chi cerchi non è qui, arriverà» borbottò il barista. «Mi basta che tuo padre paghi il prezzo del Chow e poi non mi infischio degli affari della Mano Scarlatta» aggiunse prima di rivolgersi a un altro cliente.

Julyen sospirò, stringendo il bicchierino nella mano: un sorso e la gola gli sarebbe bruciata. Sapeva di essere un po' la mosca bianca della Mano Scarlatta, di cui non aveva mai condiviso i principi, eppure non voleva nemmeno deludere suo padre, quello che l'aveva manovrato da quando aveva memoria.

Alzò il bicchiere e, dopo aver chiuso gli occhi, bevve in un sorso il contenuto dello stesso. L'alcol gli bruciò la gola e due lacrime gli comparvero ai lati degli occhi. Si passò la lingua sulle labbra, tossendo appena. Non voleva finire ubriaco, ma non sapeva nemmeno cosa fare per passare il tempo, non conoscendo nessuno in quel bar e non volendo finire in mezzo a una rissa.

Si guardò intorno, adocchiando un tavolo vuoto in fondo al locale; consapevole che lì non avrebbe dato noia a nessuno, scese dallo sgabello, facendosi largo tra la gente e si lasciò cadere sulla panca dopo aver spostato un cuscino dalla fodera consunta che un tempo doveva essere rossa, ma che in quel momento aveva assunto tutte le sfumature tra il nero e il rosa pastello. Lo lanciò lontano, picchiettando sul tavolo. Quanto avrebbe dovuto aspettare?

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