Capitolo 20

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Se sulla Discordia la situazione era tesa, su Kiaphus le cose non giravano meglio.

Non erano molti i civili che abitavano a Sester e sicuramente non avevano voglia di finire uccisi con una pallottola in fronte. La Mano Scarlatta aveva aspettato fin troppo, ma alla fine era riuscita a prendere il posto che riteneva le spettasse - quello al comando del Consiglio.

Gli Affiliati si ritenevano come coloro che avevano idee per migliorare il Patto della Frontiera, non per peggiorarlo come pensavano quelli che li avevano condannati.

Erano stati messi a tacere con la forza e con prepotenza avevano fatto sentire la propria voce. Avevano aspettato anni, ingannando lentamente alcuni che sedevano nel Consiglio, costringendoli a cadere sempre di più nel baratro. E la Breckett non poteva che fornire loro un'occasione migliore: senza la sua presenza, la fazione che la considerava come riferimento era spaccata, incapace di contrastare quella controllata dalla Mano Scarlatta.
Kaeler osservava compiaciuto l'aula mezza vuota - molti avevano avuto paura, preferendo rimanere barricati in casa - seduto sul posto identificato come quello di Edam da una targhetta di metallo che si stava rigirando tra le mani.

Era solo questione di tempo prima che venisse fatto fuori insieme alle altre due - com'era giusto che fosse.

Rimaneva solo da aspettare che Julyen gli facesse avere notizie sull'avvenuto omicidio e la Proxima Hemithea sarebbe tornata in pace. Il nome di Kiaphus sarebbe stato dimenticato e loro avrebbero avuto soldi a palate da parte della Confederazione.

Kaeler stava aspettando l'arrivo dei capi politici della fazione opposta al Patto - ormai considerato morto - per sancire il nuovo potere su Kiaphus. Avevano bisogno di consolidare il loro potere e far vedere la presenza dei capi della Confederazione nel cuore di Sester era il modo migliore. Per quanto lui avesse voluto esporre qualche condanna esemplare, gli altri Affiliati erano rimasti fermi nell'idea che quelli che dovevano morire erano Edam, la Anderz e la Breckett. Quelli le cui morti avrebbero fatto più scalpore. Quelli che più meritavano la tomba.

Si passò una mano sul collo, tastando la cicatrice: erano anni che portava quel marchio sulla pelle e quella vergogna, trasformatasi presto in odio, aveva alimentato il desiderio di vendetta che l'aveva guidato fino a quella poltrona.

Aveva aspettato troppo, ma la soddisfazione di vedere quei pochi presenti stare a capo chino, con lo sguardo rivolto ai propri pad o fogli, accresceva la sua soddisfazione.

Forse nella sala del Consiglio non c'era mai stato così tanto silenzio.

Fissò gli occhi sul seggio della Breckett, indicato anch'esso da una targhetta di metallo, chiedendosi quale fine Julyen le avrebbe riservato. Sperava in qualcosa di cruento, magari di plateale. In fondo, la Breckett aveva sempre amato essere al centro dell'attenzione, forse le sarebbe dispiaciuto fare una fine solitaria.

Si rigirò la targhetta tra le mani, continuando a ghignare.

Non aveva idea di quanto avrebbe dovuto aspettare, ma l'attesa sarebbe stata deliziata dall'osservare quei politici alzare di tanto in tanto gli occhi, rivolgergli un'occhiata impaurita e tornare a far finta di essere occupati. Quelli che dicevano che i politici erano inconcludenti, pavidi e voltafaccia avevano perfettamente ragione. Probabilmente quelli che erano lì, lo facevano solo per ingraziarsi i capi della Confederazione e cercare di ottenere qualche favore. Dubitava che fossero venuti per prendere le difese delle quattro navi ribelli. Quelli assenti sarebbero rimasti neutrali. Li considerava più patetici di quei pochi che erano presenti: non avevano avuto il coraggio di prendere una posizione, preferendo nascondere la faccia nell'ombra, rinnegando il loro operato e non volendo prendersi responsabilità. Appoggiò la targhetta sul tavolo, continuando comunque a farla scorrere sullo stesso, producendo di tanto in tanto un rumore stridulo che faceva alzare gli occhi a qualcuno.

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