UNA STRANA SERATA - Capitolo 5

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Una sensazione di benessere che non provava da diverso tempo, questa era la sensazione che sentiva quella domenica mattina, erano le dieci ed era sdraiato sul letto, non aveva alcuna intenzione di alzarsi. Erano almeno un paio d'anni che non si regalava una mattinata del genere, era sempre preso da mille impegni, progetti aveva una vita piena e ne era felice, ma quella mattina fu decisamente anomala, non aveva ancora aperto gli occhi, non aveva accarezzato Kimera, non aveva acceso il cellulare che era il suo accesso alle sue attività ed al mondo e cosa più strana non aveva nessuna intenzione di farlo. Era rannicchiato al caldo sotto le lenzuola, la sua mente proiettava sotto alle sue palpebre l'immagine di due smeraldi che brillavano come le lucciole in una notte estiva in un campo in piena campagna, era talmente affascinato da quell'immagine che per non perderla rifiutava di aprire gli occhi. La sera precedente era terminata in modo strano dopo la cena post Shooting, aveva seguito Claudio con la scusa di portargli la giacca appena lo aveva visto scappare dal tavolo per non dover assistere a Lele che aveva cominciato a provarci spudoratamente con lui. Si era reso conto di piacere a quel ragazzo, lo aveva percepito quel pomeriggio appena avevano dovuto interagire per le fotografie come richiesto da Daniele e ne era rimasto lusingato, ma la consapevolezza reale era arrivata quando, durante la cena, aveva abbassato il viso nel momento in cui Lele aveva stretto la sua mano per attirare la loro attenzione sul porfolio risultato del lavoro pomeridiano, gli aveva fatto tenerezza e gli era venuto automatico sfilare la sua mano da quella presa fuori luogo e sfiorare con il braccio e la gamba il fianco di Claudio, gli aveva sorriso il cuore quando a quel semplice contatto aveva sentito il brivido che aveva percorso il corpo del altro, ma era rimasto impassibile e si era concentrato su Daniele che stava per presentare la sua proposta. Fu solo al termine del discorso che aveva fatto loro il fotografo che le sue labbra disegnarono un sorriso ed i suoi occhi si posarono sul collega che invece era rimasto serio e un po' rigido anche se la risposta di entrambi fu simultanea e positiva. Poi lo aveva seguito fuori dal locale con la giacca in mano trovandosi davanti una scena a dir poco particolare, Claudio chiaramente agitato camminava avanti e indietro, sembrava un animale ferito pronto ad attaccare, fumava nervosamente e borbottava quelli che sembravano insulti belli e buoni. Era quasi certo che i destinatari di quegli insulti fossero lui e Lele, ma rischiò di soffocare con la sua stessa saliva quando si costrinse a non scoppiare a ridere nel momento in cui si rese conto che parte di quegli improperi li stava indirizzando a se stesso per essere scappato come uno stupido, per non essersi preso la giacca rischiando il congelamento, perché camminava come un folle e perché si spaventò al suono dalla sua voce. Fece solo in tempo a dirgli che gli aveva portato la giacca chiedendogli di metterla visto il freddo che il giovane davanti a lui iniziò a vomitare parole infinite ringraziandolo per il pensiero, scusandosi per aver interrotto la sua liaison con Lele e chiedendogli di scusarlo con gli altri visto la stanchezza improvvisa che lo aveva travolto, voleva andare via, tornarsene a casa. Lo fermò stringendogli il polso, lo girò delicatamente verso di sé facendogli notare che da arrabbiato aveva parlato molto di più di quanto non avesse fatto durante tutto l'arco della giornata, lo vide arrossire quando gli chiese se per caso fosse geloso, stava per assalirlo di nuove parole quando interrompendolo 'camminare fa passare ogni tristezza... ti va di passeggiare insieme? ' Fu così, che lasciandolo senza parole, lo invitò a passere insieme il resto della serata e consapevole che avrebbe dovuto dare delle spiegazioni per ciò che stavano facendo prese la mano di Claudio cominciando a camminare per le strade della magica Roma. Lo aveva già pensato, ma lo fece di nuovo, era stata una serata strana. Avevano camminato sulla riva sinistra del Tevere, con la città mollemente adagiata alla loro destra, proseguendo su lungotevere si trovarono tra i panorami suggestivi di via dei Banchi vecchi, era una delle strade più antiche di Roma, molto tranquilla e ricca di botteghe artigiane e localini. Incrociarono Corso Vittorio Emanuele arrivando in Piazza Navona, non si fermarono alla piazza ma presero ad ammirare gli scorci e le viette laterali cogliendo ogni dettaglio che quando percorrevano quelle strade in corsa durante le loro frenetiche giornate non riuscivano a vedere, ma in quella notte strana, in due, mano nella mano, i loro occhi non si persero nessun dettaglio. Non avevano scambiato molte parole, erano rimasti spesso in silenzio godendosi quei primi momenti di loro. Fu solo più tardi, quando tornarono verso il ristorante per recuperare l'auto di Mario e si spostarono verso la casa di Claudio in periferia che poté scorgere alcune caratteristiche del carattere del giovane seduto sul sedile del passeggero. Intanto appena salito in auto chiese il permesso di accendere lo stereo e dopo aver cambiato varie stazioni si fermò su Radio Italia ed iniziò a cantare tutta la programmazione che passò nei venticinque minuti successivi, Mario nonostante stesse guidando, ogni tanto voltava il viso e con il sopracciglio alzato ed un sorriso stampato in faccia guardava stranito il suo compagno di viaggio. All'ennesima canzone stonata 'Ma che sei, un Jokebox? Le sai tutte?' – 'Certo, se non avessi fatto il cameriere inseguendo il sogno di diventare un modello affermato, sarei sicuramente diventato un bravissimo cantante...' Questa volta Mario non riuscì proprio a trattenersi e scoppiò a ridere talmente forte che dovette accostare un attimo per riprendersi ed evitare un probabile incidente. Si fermarono in una strada poco trafficata, si voltò verso Claudio ritrovandoselo con un broncio degno di un bambino di cinque anni a cui la mamma aveva rifiutato l'acquisto del giocattolo visto nella vetrina di un negozio non nascondendo minimamente il suo lato permaloso che emergeva immediatamente quando qualcuno lo criticava. Era però altrettanto vero che come si arrabbiava facilmente, altrettanto velocemente gli passava, per questo motivo pochi minuti dopo cominciarono a raccontarsi un po' di loro, della loro vita e dei loro sogni, e fu in quel momento che Mario ebbe modo di rendersi conto di quanto fosse divertente e piacevole quel ragazzo dagli occhi color smeraldo, senza accorgersene iniziò a definirlo cuor contento e senza accorgersene si fecero le cinque del mattino ridendo al punto di sentire dolore alla pancia ed alla mascella come mai gli era successo nella vita. Quando arrivò sotto casa di Claudio lo ringraziò per la bellissima serata dichiarandosi convito che fosse stata sicuramente meglio di quella che avrebbe passato con Lele se fosse andato al club, fu così che riuscì a guadagnarsi un leggero pugno sul braccio ed uno sguardo torvo che si rischiarò quando le labbra di Mario si poggiarono sulla sua guancia, all'angolo della bocca, delicate e morbide insieme ad una carezza leggera. Non si chiesero se si sarebbero rivisti fuori dal set e non si scambiarono il numero di cellulare. Si guardarono solo negli occhi ancora qualche minuto, fino a quando Claudio si decise a scendere dall'auto per raggiungere l'androne del palazzo poggiando le sue spalle al portone un attimo per riprendersi. Non fece in tempo ad entrare in casa che venne centrato in pieno da un cuscino del divano 'ed ora non penserai mica di andare a dormire, devi raccontarmi tutto... senza saltare alcun dettaglio...'

IL PRINCIPE ARABO - ClaRioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora