Capitolo otto

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- Sono in ritardissimo, chiedo scusa a tutti! A che punto siamo con il sound check?-

La voce di Myles distolse il chitarrista dagli accordi che stava provando accanto a Frank, in quella calda tarda mattinata senza nubi del dieci luglio duemila quattordici. Si voltò con un sorriso sulle labbra e, scusatosi con l'altro, raggiunse il suo frontman che avanzava a passo deciso, con espressione serena sul viso accarezzato dai lunghi capelli castani.

- Hey, man! Mi chiedevo quando arrivassi e se ti fossi perso - rispose ridacchiando Slash, salutando l'amico e collega ritardatario. Frank li raggiunse mentre cercava di accordare la sua chitarra elettrica, ruotando le varie chiavette per trovare il giusto suono.

- Abbiamo iniziato da soli cinque minuti e già vorrei spaccarla, la maledetta- si lamentò il chitarrista ritmico strappando un sorriso ai due.

- Ti devo insegnare proprio tutti i trucchi del mestiere eh, ragazzino? - lo derise Slash ottenendo una spallata dall'altro che si allontanò ridendo e scuotendo il capo, fino a raggiungere Tod intento a seguire con il suo basso il ritmo imposto dal batterista.

- Come è l'eco?-chiese Myles guardandosi attorno, mani sui fianchi, meravigliandosi della magnificenza di quell'anfiteatro sul mare.

- Perfetto. Fottutamente perfetto. Ho già usato due delle quattro chitarre e il suono è magistrale. Stavamo per attaccare con Anastasia - replicò Slash, sistemandosi meglio gli occhiali da sole che scivolavano sul naso per via del sudore. Guardò l'orologio segnare quasi le undici e mezza e sistemò la chioma riccia lontana dal viso, spingendo i capelli dietro alle spalle.

Steven comparve con gli altri posando le mani sulle loro spalle, la sinistra su di Slash e la destra contro la spalla di Myles; era visibilmente di buon umore ed elettrizzato per l'imminente inizio di quello che sarebbe stato un evento unico: Aerosmith e Slash ancora insieme e, come venticinque anni prima, a smuovere folle verso il vero Rock, quello crudo e vibrante. Ma se alla fine degli anni ottanta erano i Guns a dover aprire i concerti, ora sarebbero stati Slash featuring Myles Kennedy and the Conspirators a smuovere e scaldare la folla.

- Dammi Anastasia, Slash- il frontman dai lunghi capelli lisci diede una pacca fraterna alla schiena del chitarrista e andò verso l'estremità del palco, a ridosso di dove sarebbe stata la folla, il loro pubblico. Sarebbe stato un evento memorabile, complice il fatto che avrebbero suonato per far conoscere la loro musica e il loro ultimo lavoro, almeno alcuni brani, al cospetto dei fans di mostri quali gli Aerosmith.






Liv se ne stava immobile in fondo al palco, a ridosso del backstage e osservava la band di Slash provare vari accordi e discutere tra loro, coordinando i vari attacchi. Slash improvvisò qualcosa fuori scaletta, una Jam, seguito a ruota dall'altro chitarrista ai quali, in fine, si aggiunse Joe. Guardare come metteva se stesso in quegli accordi, come si fondesse con quella chitarra, fu una delle esperienza più belle che Liv avesse mai visto e provato di fronte a musicisti di alto livello: non si limitava a suonare la chitarra, in quel momento accarezzava le corde della sua Gibson come si accarezzavano le curve di una donna amata, con amore e passione, rispetto e carnalità. Non era solo tecnica, quella che Slash proponeva. No. Lui vomitava emozioni, sensazioni e stati d'animo da quelle sei corde e lo faceva con una naturalezza disarmante.

Non seppe per quanto tempo rimase immobile a guardalo suonare, fatto sta che si era persa in quelle mani, in quelle dita e in quegli accordi, tanto da non notare che lui era voltato a guardarla, o almeno così le parve. Non poter scorgere gli occhi del chitarrista sotto quel cilindro e dietro quegli occhiali neri era spesso frustrante. Slash vedeva tutto ma agli altri non era data questa possibilità, così Liv non seppe cosa stesse osservando finché non si mosse verso lei, raggiungendola. Si strinse nelle braccia nude e gli sorrise.

- Ho bisogno di un caffè e mettere qualcosa sotto i denti. Vuoi farmi compagnia?- le chiese parandosi al suo fianco, sfilando la tracolla della chitarra dalla testa e lasciando lo strumento nelle mani di un tecnico. Liv annuì e lo seguì dietro le quinte di quell'enorme palco ricordandosi che, a sentire dal suo stomaco in subbuglio, non aveva ancora messo nulla di solido sotto i denti.

Raggiunsero lo spazio adibito al ristoro, una sorta di chatering privato, in cui venivano offerte bevande e sporzionati pasti caldi. Slash e Liv si accomodarono a uno dei tavoli consumando il pranzo lentamente, godendo della compagnia l'uno dell'altra.

- Da quanto tempo non tocchi più alcol?- gli chiese indicando la bottiglietta di acqua, mentre portava alle labbra la sua birra servita in un bicchiere di plastica.

- Anni ormai. Tranquilla, non mi da fastidio che tu ne beva. Sono pulito ora- rispose alla richiesta sottintesa della donna che gli sedeva di fronte. Lo osservò togliersi il berretto e gli occhiali, legandosi i folti capelli ricci in una morbida coda bassa. Non si rese conto veramente di fissarlo finché non fu Slash stesso e guardarla di rimando, chiedendole cosa non andasse in lui. Liv accennò un sorriso imbarazzato e tornò con gli occhi nel piatto, fissando la patatina fritta tra le sue dita.

- Scusami. Non volevo essere maleducata. E' la prima volta che vedo veramente il tuo viso - ridacchiò portando alle labbra il bastoncino di patata e immaginandosi le gote tingersi di rosso. Che figuraccia. Lo aveva fissato spudoratamente senza nemmeno accorgersene e non sentendolo proferire parola a riguardo sollevò le palpebre, immergendo lo sguardo in quegli abissi neri; l'espressione che aveva era rilassata, come anche la postura del busto reclinato in avanti e poggiato sugli avambracci, intrecciati sopra al tavolo: la guardava divertito e la piega delle labbra lo confermava.

- Sei a disagio - le disse e non era una domanda quanto una constatazione.

Liv sistemò i capelli dietro l'orecchio e ridacchiò, cercando di camuffare l'agitazione e l'improvviso vuoto formatosi nello stomaco. Umettò le labbra e quell'azione non passò inosservata agli occhi del chitarrista, che furono animati da una scintilla di lussuria.

- Già- replicò lei sollevando lo sguardo dal piatto. Che ci provasse gusto quell'uomo? Venne poi introdotta in una nuova conversazione, distante dal vicolo cieco nel quale sembrava finita. Slash cambiò tonalità di voce e cacciò tra le labbra una gomma alla menta, non prima di averla offerta anche a lei, che la rifiutò per terminare quello che aveva nel piatto.

- E le sigarette?-

- Ho smesso anche con quelle - ridacchiò. L'icona del sesso, droga e rock n roll declassato a masticare gomme e bere acqua. Se glielo avessero detto nel lontano 1991 non ci avrebbe mai creduto. Poco ma sicuro.

- Sai già del party di questa sera, vero?- domandò posando il mento contro il palmo e tornando al discorso.

Il party. Vero. Quasi se ne stava dimenticando dell'evento privato nel backstage al quale avrebbero partecipato solo invitati selezionati e solo con braccialetto Vip al polso. Sapeva che quando si trattava di fare ricevimenti, i musicisti non badavano a spese e sopratutto puntavano alto, molto alto. Non sapeva bene chi fosse stato contattato per quella festa e giocò d'astuzia, chiedendolo direttamente al chitarrista.

- Beh, se sono nella lista vuol dire che vi siete ricordati di me, quindi sarò presente. Chi presenzierà al party? Ci saranno altri musicisti? Uomini e donne dello spettacolo?- chiese spostando di lato il piatto e incrociando le braccia come aveva fatto lui prima.

Il sorriso che si dipinse nel volto olivastro di Slash la disse lunga, più di quanto potessero fare mille parole. Lo guardò grattarsi il capo, prima di lasciarsi fagocitare in quelle iridi nere come le stesse pupille.

- Ci sarà da divertirsi, almeno per gli uomini...-

- Mi stai dicendo che avete organizzato una rimpatriata di sgambettanti groupy?- scosse il capo ridendo e si coprì il viso con entrambe le mani, scuotendo la testa. La risata di Slash non tardò ad arrivare e si mescolò con quella della donna di fronte a lui. Si trovò a pensare che avesse una bella risata, cristallina e pura, e immaginò di sentirmi contro il proprio petto, mentre la teneva stretta a sé.

- Nessuna groupy, Liv. L'era delle sgallettate, come le chiami tu, è terminata. E' stata contattata un'agenzia di modelle e, beh, saranno loro a presenziare al party. Sarà molto elegante e molto Rock N' Roll- terminò ridacchiando Slash alla vista dell'espressione sbigottita di Liv. Guardò l'orologio posò entrambi i palmi contro la superficie del tavolo.- Ragazza, e' ora che mi rimetta a lavoro. Grazie della tua compagnia e spero veramente di poterti vedere al dopo show- le sorrise e si alzò, afferrando la sua chitarra che aveva precedentemente lasciato sulla poltrona.

Sweet child of mineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora