Capitolo trentatrè

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- Casa!!- esultò Frank un momento prima di baciare la sua ragazza.

- Las Vegas, babe- sogghignò Slash indicando la città sotto ai loro piedi, illuminata dalle sceniche luci di Hotel e fontane. Si sporse ancor più verso il finestrino e Liv si schiacciò contro il sedile per lasciare spazio al chitarrista che sembrava esaltato dalla vista della finta città sotto di loro. Las Vegas era come un miraggio, invitante, accattivante a prima vista, ma finta e subdola se la si osservava bene, oltre velo dello sfarzo.

- Quante volte hai suonato qui?- gli chiese lei osservando i giochi di luce che illuminavano la notte buia.

- Con i Guns un paio di volte, ma non ho ricordi molto chiari di quei giorni e di quei concerti- ridacchiò scostandosi i capelli dal viso. Liv lo osservava guardare fuori, il viso a pochi centimetri dal suo. Quel sorriso... era quello in parte responsabile del suo fascino e vederlo sorridere le provocava la stessa identica reazione, sempre: attrazione.

Ne era attratta più di qualunque altra cosa. - In seguito sono stato invitato da altri artisti a salire su più palchi di questa città, anche se non posso dire che l'esperienza fosse stata priva di droghe o alcol- aggiunse, guardandola un momento prima di sedere nuovamente composto sul suo sedile.

- Una vita vissuta a pieno, Mr Hudson-
I loro occhi si incontrarono ancora una volta e nella mente di Liv, attraversata da mille pensieri, comparve l'immagine di Mia con le sue domande impertinenti. Scoppiò a ridere, scuotendo la testa, e guardò oltre il finestrino mentre il Jet si apprestava a virare per iniziare la discesa verso l'aeroporto.

Guardò l'orologio e sebbene fosse mezzanotte passata non si sentiva stanca o assonnata, merito anche della giornata trascorsa a sonnecchiare in compagnia del chitarrista. Si erano alzati dal letto solo per mangiare e prendere il sole in piscina; il resto del tempo lo avevano passato in camera tra le lenzuola intrise del loro odore, come una giovane coppia di amanti.

- Ti voglio in camera come me, questa notte- le sussurrò all'orecchio distogliendola dai suoi pensieri e Liv ruotò la testa incontrando il suo sguardo dolce ma allo stesso tempo serio. Gli sorrise e annuì. Avrebbe voluto sfiorare le sue labbra con le proprie, ma si limitò a intrecciare le dita della sua mano sinistra a quelle della destra di Slash, che ricambiò la stretta.


Il telefono interno della stanza suonò molesto alle orecchie del chitarrista che, ancora per metà addormentato, allungò il braccio sinistro tastando con il palmo aperto sulla superficie del comodino. Toccò la cornetta del telefono e se la portò all'orecchio biascicando un comatoso sì.

Una voce amichevole lo informò che avrebbero servito la colazione nella stanza alle ore dieci e mezzo, come da accordi. Slash sollevò le palpebre e voltò la testa per sincerarsi della presenza di Liv accanto a lui.

- Potrebbe portare qui anche la colazione della camera centocinque, per favore? - ringraziò e riappese la cornetta. Controllò l'ora sul display del suo cellulare, che segnava le nove e quarantacinque, e si avvicinò a Liv ancora profondamente addormentata. Schiacciò il corpo contro quello morbido della donna e insinuò la mano sotto la canotta anti sesso che ancora insisteva a indossare.

Le accarezzò il seno generoso, la parte femminile che più di ogni altra cosa lo attraeva, da sempre, e le baciò l'incavo del collo, appena sopra la clavicola.

- Mmm... Slash... lasciami dormire, anzi, dormi!- mugolò Liv, inclinando la testa contro il viso del chitarrista per bloccare l'assalto delle sue labbra e rotolò pancia al materasso cercando una via di fuga a quelle mani.

Slash ridacchiò contro la sua pelle e respirò il suo odore. - È ora di svegliarsi. Tra una mezz'ora arriverà la colazione per entrambi-

Liv si voltò verso lui sollevandosi sugli avambracci cercando, con occhi ancora assonnati, di mettere a fuoco il viso di Slash. - Intendi che farò colazione qui con te?- chiese e, in risposta, sentì il palmo di Slash scivolarle via da sotto il seno, per raggiungere lento la curva della natica che accarezzò prima di colpirla con decisione. Liv si lamentò cercando di sfuggire alla mano del chitarrista ancora al suo sedere. - Mi hai fatto male-

Sweet child of mineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora