Capitolo dodici

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A tempo di musica, Liv si lasciava andare scuotendo spalle e fianchi accanto alle ragazze conosciute un'oretta prima. Aveva scoperto che la rossa Meredith era una giovane Irlandese ventiquattrenne arrivata a New York giusto quell'inverno, per lavoro, e aveva fatto della moda la sua priorità.

Le fece sorridere quel suo accento così chiuso, marcato ed era la prima volta che parlava con una vera Irish di Dublino. Le raccontò quanto per lei fosse difficile sopravvivere al caldo infernale newyorkese, quando in Irlanda, in quel periodo, le temperature erano pressoché simili a una primavera in cui i temporali facevano da padrone. Era bella, Meredith. La tipica bellezza celtica: un visino rotondo, dalla pelle chiarissima, spruzzato qua e là di leggere efelidi e provvisto di due immensi occhi colore della giada.

Le altre due ragazze, entrambe bionde naturali, erano tanto simili nell'aspetto quanto diverse nel carattere. Erano gemelle e lo si capiva anche a distanza, dato che avevano lo stesso identico volto: un viso da bambola, dalla carnagione pallida e incorniciato da capelli tanto biondi da sembrare bianchi. Erano originarie del Nord Europa, di qualche paesino sperduto d'Estonia ed erano approdate nel nuovo mondo, in cerca di lavoro come modelle, qualche anno prima. Ricordavano un po' la bellissima compagna di Frank, quella modella che spesso appariva sulle riviste di moda più in voga del periodo.

Olga e Irina, così avevano detto di chiamarsi le due sorelle. Aveva anche scoperto che entrambe frequentavano l'università, seppur ormai venticinquenni e che, appena avuta la laurea in mano, avrebbero abbandonato quel mondo fatto di sacrifici fisici e mentali.

Dal canto loro, le tre ragazze erano state felici di conoscere Liv, la giovane che fece il suo esordio nel video di Crazy. Parlarono della Band del padre, delle canzoni che avevano lasciato un segno nelle ragazze e una di loro, nello specifico Irina, ammise che, fosse stato per lei, sarebbe nata volentieri a metà negli anni 70 per poter vivere appieno la ribellione giovanile e magari infilarsi nel letto di Izzy Stradlin o Slash, o di entrambi contemporaneamente.

Slash.

Non lo aveva minimamente pensato in quell'ora, troppo presa a lasciarsi andare al divertimento. Aveva disconnesso il cervello e tutte le preoccupazioni che lo appesantivano da forse troppo tempo e si era data alla mondanità dell'evento: divertirsi e conoscere nuove persone, anche e solo per una sera, con la consapevolezza che probabilmente non le avrebbe più riviste in vita sua. Ma andava bene così e non avrebbe chiesto di meglio.

Si guardò attorno curiosa e scorse qualche componente del gruppo di Slash, comodamente stravaccato sui divani, chiacchierare con alcune ragazze, un paio sedevano spudoratamente sulle gambe di quelli che riconobbe come essere batterista e bassista dai formidabili occhi azzurri. Nella penombra non si capiva se stessero parlando o si stessero baciando.

Spostò gli occhi altrove, passando velocemente lo sguardo sui volti di uomini, probabilmente invitati, che in gruppi più o meno numerosi parlavano tra loro. In uno di questi riconobbe sia alcuni dei musicisti del padre che persone della cerchia. Salutò con un sorriso o un cenno della mano coloro che la riconobbero o che solo la salutarono.

- Ho un urgente bisogno di bere - disse Meredith avvicinandosi alle altre ragazze, che a ritmo della musica ondeggiavano i fianchi. L'esaltazione iniziale era scemata e al ballo sfrenato era seguito un ondeggiare controllato di chiome libere e busti accaldati.

Liv accolse la muta richiesta della rossa e si offrì di accompagnarla per un drink, magari mettendosi comoda, posando il suo sedere contro qualche superficie orizzontale. Indicò un divanetto libero, poco distante ai compagni di Slash, il quale pareva veramente essersi dato alla macchia. Avvertì la giovane modella che l'avrebbe attesa seduta, rimarcando che quello era l'unico posto comodo e libero per mettere a riposo le membra e sopratutto i piedi doloranti.

- Cosa vuoi che ti porto, Liv? - domandò guardandola.

- Qualcosa di non alcolico, per favore. Se seguo i loro ritmi -, indicò i Cospirators,- a fine tour mi dovranno cercare un nuovo fegato -

- Ma dai! Per così poco! Ricorda che Slash c'ha impiegato circa quindici anni per rimetterci quasi le penne... e ci si è impegnato per davvero. Tu, per due mesi di alcol, non penso che stringerai la mano al creatore - sorrise e sottolineò quel quasi, apostrofandolo con le dita prima regalarle un occhiolino e voltarsi di spalle  allontanandosi.



- Dunque, lasciami capire, tu conosceresti tutte le canzoni che lui, Slash, canta? - chiese, per la seconda volta, Myles con un sorriso che nulla aveva di sincero sulle labbra.

La moretta a due passi dal chitarrista, il quale non riusciva più a contenere il divertimento sghignazzando sotto i baffi, continuava ad annuire con un sorriso ebete impresso sul volto troppo truccato e nel frattempo oscillava il busto, caricando il peso prima su di una gamba poi sull'altra, per sfiorare con il suo corpo prima il chitarrista e poi il Frontman, come se fosse indecisa a chi rivolgere tutta la sua attenzione.

- E quale è la tua preferita, cara?- chiese Slash sul punto di iniziare a lacrimare per via dell'espressione ora seria di Myles. Neppure da ubriaco era mai riuscito a divertirsi tanto per una donna, o forse sì, fatto sta che quella situazione era al limite dell'epico tragicomico. Confondere Slash con Myles o Myles per Slash era veramente qualcosa che sarebbe potuto passare alla storia e non perché Myles non fosse bravo in quello che faceva, ma per confondere lui stesso, Slash, per un contante. Lui, che a malapena riusciva a cantare happy birthday...

La ragazza senza nome, o forse non se lo ricordava, corrugò la fronte e arricciò le labbra scarlatte, dandosi un paio di secondi per pensare prima di sparare il nome della prima Hit che le passava per la mente: Don't cry.

Slash si chiese se la tipa ci fosse veramente, scema, o lo faceva per attirare l'attenzione dei due uomini, ma Dio lo liberasse da quella domanda. Sollevò le mani in segno di resa, scuotendo il capo, quella non sarebbe stata buona neppure per un threesome scadente, fatto in fretta e furia, nel suo camerino figurarsi per qualcosa di più elettrizzante.

- Io passo, Myle. Non ce la posso fare- disse ridendo, posando la mano destra sulla spalla del cantante, chiaramente intenzionato invece a portar a compimento l'impresa. Rise e scosse la testa ancora una volta, quando Tizia lo salutò sfoderando un broncio finto triste che gli fece rimarcare la decisione. Se quella sera avrebbe dovuto tradire, lo avrebbe fatto con qualcuna che veramente lo accendesse, e non con la prima sgrillettata di turno, almeno quello era il suo pensiero... si conosceva e sapeva che le donne erano rimaste la sua unica, irrinunciabile vera droga.

Si allontanò dalla scena pietosa e osservò quello che il party offriva: tanta, troppa gnocca e tutta insieme, e per tutti i gusti. Quando si diceva fare le cose alla grande. Ce ne erano di bionde, more e rosse, di ricce e lisce; formose e anoressiche, ma anche sportive e toniche. La più bassa poteva essere alta qualche centimetro meno di lui ma, calzando tacchi, quasi tutte arrivavano al suo metro e quasi ottanta d'altezza.

Una sola donna però attirò veramente la sua attenzione in quel mare di modelle giovanissime e forse era l'unica a non essere mangiata con gli occhi dagli altri uomini. Si stava incamminando verso un divanetto, stranamente libero, della zona esterna del backstage dove si stava svolgendo la festa.

L'aveva già vista prima, nascosta tra le quinte, sia prima che dopo il concerto e più di una volta, schermato dagli occhiali da sole, l'aveva sorpresa a guardare lui suonare. Ringraziando il cielo aveva il defibrillatore in petto che regolava l'attività cardiaca: il suo sguardo era stato lava liquida che aveva scaldato il suo petto ogni volta quelle iridi si erano incontrate con lei sue. E il risultato era stato una smania di averla che lo mandava ai pazzi. Rimase a osservarla, affondando le mani nelle tasche dei Jeans, finché non venne raggiunta da una ragazza alta e magra, di una bellezza particolare, che, camminando, smuoveva una massa di capelli color fuoco.

Avremo tempo, Liv.

Pensò e si diresse ai divani nei quali erano seduti i suoi compagni, a qualche metro da lei.

Allora? Questo Slash quasi cinquantenne come vi pare? So che non è lo scalmanato ragazzo ventenne a cui siamo abituate, ma spero che possa piacervi ugualmente!!
In arrivo capitoli scottanti è un regalino per voi!

Sweet child of mineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora