CAPITOLO XXII - Binari paralleli

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Restammo entrambe in silenzio, per un lunghissimo istante.

Quella strana telefonata mi turbava: chi le aveva dato il mio numero? Che cosa poteva volere da me?

«Dimmi pure» esclamai, cercando di rompere il ghiaccio e provando a risultare quanto più naturale possibile, anche se dentro sentivo salirmi una strana sensazione di ansia.
«Mi piacerebbe parlare con te di alcune cose» rispose lei.
«Davvero?» chiesi, allarmata «e di cosa?»
«Nulla di grave» si affrettò a precisare «ma preferirei farlo da vicino. Saresti libera domani a pranzo?»

Tentennai.

Non avevo alcuna voglia di passare del tempo con lei. Ai miei occhi era ancora la donna che, in modo diretto o indiretto, aveva fatto naufragare la relazione tra me e Alessandro, la strega cattiva che si era interposta tra noi rendendo impossibile proseguire il nostro rapporto.

In effetti, volendo analizzare la situazione con obiettività, l'unica colpa di Angela fino a quel momento era stata la sua stessa presenza, il fatto di essere sua moglie e di essere lì, a Dubai, tornata dopo anni di assenza. Non aveva -non ancora almeno- interferito in maniera evidente tra me e lui.
Ma che cosa l'aveva spinta a venire?
Non poteva essere l'ennesima coincidenza.

Non mi ero mai realmente interessata a conoscere le ragioni del suo ritorno, non avevo mai approfondito il rapporto che la legava ad Alessandro e un po', in effetti, me ne ero pentita.
La paura di soffrire di nuovo, il ricordo delle brutte esperienze passate, delle mie storie finite male, mi avevano allontanata immediatamente, e senza possibilità di riscatto.

Ero persino riuscita a superare, con un grande lavoro su me stessa, il fatto che lui fosse un uomo sposato, ma la presenza di Angela...quella no.
Era stata come una spada di Damocle, un macigno piombato improvvisamente sulla mia testa, che mi aveva portato via ogni sicurezza.

Avrei potuto insistere forse, costringermi a dimostrare a me stessa e a lui di essere la migliore, di essere io la scelta giusta, avrei potuto combattere.

Ma, conoscendomi, non avrei vissuto bene quella competizione. Non mi sentivo così sicura di me da permettermi di rivaleggiare con un'altra donna, specialmente non con una come Angela.

Avrei passato ogni istante a tormentarmi, a chiedermi se si vedessero, a domandarmi se, magari, dopo aver accompagnato me si incontrasse con lei. Avrei immaginato le cose che facevano insieme, avrei fantasticato fino a farmi male.

Per questo avevo deciso di salvaguardare me stessa.

Eppure adesso, per qualche strana ragione, sentivo che le cose si stavano muovendo in maniera diversa, ed ero decisa ad andare fino in fondo alla cosa.
«Sì» risposi infine «domani sono libera. Dove vorresti incontrarmi?»

Dalla terrazza sentii la voce di Faaris che mi chiamava. Mi allontanai ulteriormente.
Non volevo che Angela intuisse che ero in compagnia di qualcuno.
Temevo potesse farsi strane idee e non volevo che qualche pregiudizio potesse influire su quanto aveva da dirmi.

Ci accordammo per pranzare non troppo lontano dall'ufficio, in un posto che si chiamava "Salt & Pepper". Avrei chiesto un'ora di permesso per avere più tempo.
Ci salutammo, infine, in maniera abbastanza imbarazzata.

Posai nuovamente il telefono sul tavolino e tornai in terrazza, ma la vasca idromassaggio era vuota. Faaris non era più lì.
«Chi era al telefono?» mi domandò, piombandomi improvvisamente alle spalle, lo stesso sguardo corrucciato, la stessa possessività di quando mi aveva strattonata nel deserto dopo che ero sparita per inseguire Raya.

Quella sua aggressività improvvisa, che di tanto in tanto pure mi aveva lasciato intravedere, se da un lato mi lusingava, dall'altro mi sembrava eccessiva, quasi forzata. Uno standard ben diverso da quello a cui ero abituata. Doveva essere a causa della sua cultura, della sua religione, della maniera in cui era cresciuto.
Fatto sta che non mi andava di raccontargli la verità.

La rosa del desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora