CAPITOLO XV - La rosa del deserto

514 43 41
                                    

I grattacieli della città, il traffico, la moltitudine di persone in strada lasciavano il posto agli edifici bassi e polverosi della periferia a mano a mano che la Jeep di Faaris si allontanava dal centro di Dubai.

A bordo di quel veicolo mi sentivo potente, a mio agio.

A differenza della Porsche dove ero stata l'ultima volta, in cui mi ero sentita quasi tutt'una con l'asfalto, adesso guardavo la strada e le altre vetture dall'alto verso il basso.

Era un modo, almeno per me, decisamente più confortevole di viaggiare.

Osservai Faaris al posto di guida, al mio fianco.
Indossava una canotta verde militare che gli lasciava scoperti i muscoli ben torniti delle braccia e che faceva intravedere, dagli spazi del tessuto, il suo petto scolpito dalla carnagione ambrata.
Si girò verso di me e mi sorrise, sciogliendo tutte le mie difese, vincendo i mille dubbi che ancora mi affollavano la testa.

"Hai mai passato una notte nel deserto?"

Ripensai a quel messaggio, a cosa avevo provato nel leggerlo.
Non era una vera e propria risposta a ciò che gli avevo scritto io.
Ancora una volta aveva deciso di fare il misterioso.

Avevo letto e riletto più volte il testo cercando di coglierne le sfumature: era una sorta di celato invito? Una frase buttata lì per incuriosirmi?

Che cosa avrei dovuto pensare?

Tutto ciò che sapevo era che, dopo l'attesa snervante a cui mi aveva sottoposta, non gli avrei dato la soddisfazione di rispondergli a quell'ora della notte, non gli avrei fatto capire che ero ancora lì, sveglia, che dipendevo da lui e dalla sua presenza.

Avevo così aspettato il giorno successivo per farlo, ritagliandomi un po' di tempo in pausa pranzo.
Una parte di me era, ancora una volta, rimasta delusa nell'aspettarsi una sua insistenza maggiore; magari un altro messaggio in cui mi chiedeva se andasse tutto bene, come mai non rispondevo o se, per caso, fossi arrabbiata con lui, incollerita dalla sua superficialità.

Ma, probabilmente, chiedevo troppo.

Avevo cominciato a rassegnarmi all'idea che Faaris doveva essere fatto così: scostante, teatrale, ma allo stesso tempo estremamente affascinante.

L'unico modo che avevo per conoscerlo era passare sopra a questi lati oscuri del suo carattere, alla sua apparente freddezza, avallando determinati atteggiamenti e adattandomi ai suoi tempi.

E qualcosa dentro di me quasi mi obbligava a farlo, mi spingeva come una forza irresistibile.

Alla fine avevo deciso di rispondere in chiave ironica al suo messaggio.
L'ironia era l'unico modo che conoscevo per combattere l'imbarazzo e la tensione che provavo.

"Non potrei mai. Odio la sabbia, si infila dappertutto".

Immaginai un'altra snervante attesa, il ripetersi dei controlli costanti e ansiosi allo schermo del cellulare ma, stranamente, non dovetti attendere a lungo prima di ricevere una sua risposta.

Sembrò tuttavia, con mio stupore, non cogliere l'ironia della frase e mi sorprese con un messaggio dal tono quasi serio:

"È un vero peccato. È un'esperienza indimenticabile. Volevo sapere se ti andava di sperimentarla con me sabato, penso io a tutto. Quello che ti occorre sono abiti leggeri ed un cambio per la notte. Ti prego, non dirmi di no".

E fu così che l'idea di passare una notte nel deserto con un ragazzo, per giunta quasi uno sconosciuto, non era sembrata più così folle, ma aveva cominciato a germogliare in me affondando radici sempre più profonde.

La rosa del desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora