«No, no, nulla» balbettai, cercando di mantenere il sangue freddo.
«Mi sembri turbata» ironizzò Faaris «forse non ti piacciono le rose?»
«Sono bellissime, grazie».Cercai di mantenere il controllo, ma mi sentivo destabilizzata. Un fischio acutissimo mi esplose nelle orecchie, propagandosi come un allarme improvviso e rendendomi incapace di pensare con lucidità. La strada, le auto, mi sembravano ora presenti, ora immerse in una grana nebulosa, invisibili alla vista, anzi, a ogni percezione.
Perché quelle rose?
Perché la stessa varietà di fiori che avevo scoperto, solo poco tempo prima, nel computer di Raya?
Qual era il pezzo mancante, il tassello che completava l'opera e che, malgrado la confusione in cui mi trovavo, sembrava ormai essere tra le mie mani, così vicino che quasi riuscivo, finalmente, ad afferrarlo?«Ho un calo di pressione, Faaris» dissi, cercando maldestramente di trovare un modo per fermare quel meccanismo che io stessa, con la mia ingenuità, con il mio volermi foderare gli occhi, avevo messo in moto «perché non ci fermiamo a un bar, ci sediamo, e parliamo un po' della nostra situazione?»
«Andiamo, Barbara, avevi promesso che mi avresti dedicato quest'ultima giornata, vuoi tirarti indietro proprio adesso che ho intenzione di farti conoscere il vero me?»Non risposi.
Mi sentivo in pericolo.
Non avevo ancora afferrato precisamente il disegno che mi circondava e che pure, nella mia mente, stava cominciando a prendere una forma sempre più definita; ero solo sicura che, in qualche modo, avrei dovuto fare di tutto per evitare di continuare quel viaggio, per scappare da Faaris.Nel frattempo ci allontanavamo dalla città. Potevo vedere il Burj Khalifa farsi sempre più piccolo e scintillante a mano a mano che macinavamo chilometri. Le strade, presto, diventarono più larghe, meno frequentate, di un colorito giallo e polveroso.
Dove mi stava portando? Eravamo diretti a nord, verso l'Emirato di Sharja. Non era lì che, qualche tempo prima, Faaris mi aveva rivelato si trovasse la sua dimora?
Era lì che intendeva farmi conoscere il "vero sé"?La situazione mi metteva i brividi, dovevo assolutamente escogitare qualcosa, ma cosa?
Faaris, accanto a me, iniziò a fischiettare un motivetto allegro, lo stesso irritante motivetto che avevo sentito per la prima volta nel deserto, a casa sua, dopo l'apparizione di quel cadavere sulla sabbia. Tutto sembrava, ancora una volta, avvolto da un alone di normalità, di sicurezza: ero in macchina, con un ragazzo del quale un tempo mi ero fidata ciecamente, che avevo trovato irresistibile, protettivo, buono. Eppure, proprio in quell'alone, percepivo nitidamente la presenza di una forzatura, un qualcosa che rendeva, se possibile, quella normalità decisamente anormale.«È molto lontano il posto in cui siamo diretti?» chiesi, cauta, sperando mi dicesse che ormai non mancava molto, che eravamo quasi giunti a destinazione.
«Circa un'ora» rispose «passerà in fretta, vedrai, io e te abbiamo fatto viaggi ben più lunghi».Era vero ma, in altre circostanze, viaggiare con lui si era associato a una nota di piacere, di novità, un'emozione che mi aveva pervasa e che aveva reso il tempo passato insieme assai veloce.
Quella volta, invece, ogni minuto, ogni secondo, mi appariva interminabile, come se qualcuno avesse schiacciato ripetutamente il tasto pausa e poi quello play sul telecomando di una televisione.
E, allo stesso modo, mi sentivo anche io, sospesa tra la realtà e un mondo parallelo in cui succedevano cose orribili, in cui la verità mi veniva rivelata e mi colpiva come una granata, mandando in frantumi tutto il mio mondo, tutti i miei affetti, tutta me stessa.Pochi minuti dopo Faaris rallentò.
Eravamo in prossimità di una pompa di benzina, da lontano potevo distinguere, sempre più nitido, un grosso tabellone con le tariffe. Guardai, speranzosa, l'indicatore dietro al volante: eravamo in riserva.
"È la mia occasione" pensai "se si ferma, scendo e chiamo qualcuno".
Attesi alcuni lunghi secondi, nei quali pensai di essermi sbagliata, che non ci saremmo mai fermati a fare carburante, che non avrei avuto alcuna chance di scappare via.
Invece Faaris, all'ultimo, mise la freccia a destra, entrando nel distributore. Il cuore cominciò a battermi all'impazzata: e se mi fossi sbagliata? Se, andandomene improvvisamente dalla sua auto pretendendo di non risalirci, di voler tornare a casa, avessi fatto soltanto una brutta figura, aggiungendo tensione alla tensione che già, in quella giornata, pareva accompagnarci come un fantasma opprimente?
Decisi che non mi importava.
"Non essere stupida, Barbara!" mi dissi. "qualsiasi cosa la chiarirai una volta al sicuro, una volta fuori da questa vettura".
STAI LEGGENDO
La rosa del deserto
Romance(COMPLETA) Barbara è una ragazza come tante altre, appena laureata, piena di sogni e speranze. Accetta di volare a Dubai per uno stage lavorativo che la porterà a scoprire se stessa, a trovare l'amore e a far fronte ad un mondo culturalmente così lo...