CAPITOLO II - La lettera

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Il cuore iniziò a battermi inspiegabilmente nel petto mentre prendevo quella lettera tra le mani. Situazioni del genere generavano in me un forte stato di ansia: non amavo, nonostante potesse apparire diversamente, essere al centro dell'attenzione e quella missiva dall'aspetto così personale, o per meglio dire confidenziale, mi metteva un senso di soggezione difficile da spiegare. Feci un profondo respiro cercando di evitare pensieri irrazionali e lessi ciò che vi era scritto sul foglio.

"Cara Barbara, benvenuta a Dubai. Spero che Omar ti abbia accolta calorosamente e ti abbia trattata in modo da farti sentire a casa. Questa rosa è un pensiero per te, affinché possa sentirti la benvenuta in città e nella nostra azienda. Da domani lavorerai con noi, io sarò il tuo Coach. Avremo modo di passare molto tempo assieme e spero che questa possa essere per te una preziosa esperienza formativa. Ti aspettiamo domani alle 9 in punto in ufficio. Alessandro Sardon".

Posai la lettera sul comodino ed osservai la rosa.
Le spine erano state accuratamente rimosse, lasciando il gambo perfettamente liscio mentre il fiore, di un rosso sgargiante, era grande e vivo come se fosse stato colto in quel momento. Pensai che doveva essere difficile conservare un fiore con le temperature che si registravano in città, e rimuginai per un po' su chissà quali tecnologie all'avanguardia fossero state adottate per riuscirci.

Presi la bottiglia vuota che avevo lasciato in soggiorno, la riempii d'acqua e ci immersi la rosa. Almeno sarebbe durata qualche giorno di più.

Quella lettera mi aveva fatto uno strano effetto, così insolitamente diretta e personale.
Forse erano abituati in questo modo in città.
Un'altra parte di me invece, quella più cinica, cominciò già ad immaginare un viscido capo cinquantenne da tenere alla larga, con le sue avances e le sue battute inopportune. Non avevo idea di chi fosse Alessandro Sardon, non avevo mai sentito il suo nome in precedenza, nemmeno quando avevo sostenuto i colloqui conoscitivi e speravo davvero di non trovarmi in una situazione del genere, ma avrei dovuto in ogni caso aspettare il giorno seguente per conoscere la risposta al mio quesito. Decisi che non mi sarei fatta rovinare quella prima serata da paure e dubbi al momento assolutamente infondati. Riposi la lettera nel primo cassetto e iniziai a rendere vivibile la casa.

La serata, superato lo shock di quel piccolo imprevisto, trascorse piuttosto tranquillamente.

In frigo trovai tutto il necessario per prepararmi una veloce cena e poco prima di mezzanotte, una volta sistemato il contenuto delle valigie all'interno dell'armadio, mi abbandonai, pur se con qualche difficoltà, tra le braccia di Morfeo.

La metropolitana di Dubai era davvero all'altezza delle aspettative quanto a tecnologia e precisione. Erano le 7.30 del mattino quando ero scesa di casa, affrontando il caldo che già a quell'ora cominciava a manifestarsi in maniera oserei dire prorompente e, dopo qualche minuto di cammino, mi trovai davanti alla fermata Mall of the Emirates, così come mi era stato indicato da Omar. Acquistai il biglietto al distributore automatico e mi accomodai su di una panchina. Accanto a me parecchi uomini d'affari, vestiti di tutto punto, aspettavano sulla passerella. Notai pochissime donne e moltissimi stranieri. Del resto sapevo perfettamente che Dubai era una città estremamente cosmopolita. In generale avevo studiato che negli Emirati Arabi più della metà della popolazione non è autoctona, ma frutto di immigrazione da altri Stati. Immaginai cosa potesse significare quella straordinaria varietà nella vita quotidiana e mi chiesi se, e a quale livello, le minoranze fossero davvero accettate e tollerate.

Neanche due minuti dopo una leggera vibrazione del pavimento di piastrelle annunciò l'arrivo del treno. Scoprii immediatamente che c'erano due tipi di vagone: uno per tutti i passeggeri, ed un altro destinato soltanto alle donne, contrassegnato da un colore rosa pastello. Nonostante il rosa fosse il mio colore preferito e ne fossi irrimediabilmente attratta, decisi per quel giorno di continuare a vivere nel mio mood da occidentale scegliendo il vagone misto, anche se era decisamente più affollato. La cosa che mi stupì fu che la metropolitana non aveva conducente, ma era guidata da un pilota automatico. Anche in Italia avevamo qualcosa del genere in alcune città, ma qui era tutto decisamente più su larga scala.

La rosa del desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora