CAPITOLO VII - Passione e incertezze

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Passai quasi tutta la notte ad interrogarmi su quella e-mail.
Non ero certa di essere riuscita a nascondere il mio disappunto con Alessandro quando l'avevo letta.
Era davanti a me, e avevo dovuto impegnarmi molto per dissimulare lo stupore.
Gli dissi che era di mia madre, che portava cattive notizie sulla salute di un'anziana zia a cui ero molto legata.
Fu la prima cosa che mi venne in mente e lui, per fortuna, sembrò crederci in quanto dopo pochi minuti mi salutò con un ultimo bacio e si congedò, lasciandomi sola.

"Eri tu nell'ascensore?" quattro parole, che significavano tutto e niente.

Analizzai il mittente: sharjachavalier00@uaemail.ae
Non c'era nessun riferimento ad un nome o un cognome ma, dal tenore di ciò che vi era scritto, doveva necessariamente essere di Faaris.
Non conoscevo nessun' altro in città che potesse avermi vista in quell'occasione.

Ma la domanda che, ovviamente, mi tormentava in maniera più insidiosa era come avesse fatto, dando per assodato che fosse lui il reale mittente, ad ottenere il mio indirizzo di posta elettronica.
La cosa mi lasciò abbastanza interdetta e, per un attimo, provai un senso di paura al pensiero che, in qualche modo, uno sconosciuto fosse arrivato tanto facilmente a me.

Riuscii a stento a dormire quella notte.
Mille pensieri mi affollavano la testa.
Alla fine, piombai in un sonno agitato.
Sognai di essere investita, ma questa volta a salvarmi non c'era Faaris, bensì Alessandro, vestito con un costume arabo e armato di una sciabola.

Il giorno successivo ero ancora presa da quelle domande quando lo incontrai nella Hall dell'edificio, in fila per prendere l'ascensore.
Mi salutò in maniera cortese, senza lasciar trasparire nulla della serata trascorsa insieme.
Con noi c'era anche Raya, la ragazza che mi aveva accolta il primo giorno, con cui, nelle due settimane trascorse lì, avevo iniziato ad intrattenere un piacevole rapporto di amicizia.
Ringraziai mentalmente Alessandro per quella sua delicatezza, per quel suo modo di tutelarmi, e lo vidi sparire dietro le porte dell'ascensore quando noi ragazze scendemmo al ventesimo piano.

Era una situazione strana ed in qualche modo dolorosa.

Avrei voluto baciarlo, augurargli una buona giornata e non soltanto il timido buongiorno che gli avevo rivolto.
Ma ero chiaramente bloccata, inibita dalla paura che quel nostro rapporto clandestino potesse venire a galla e di tutto ciò che la cosa avrebbe potuto comportare.

Avevo deciso di non rispondere a quella e-mail.
Almeno per ora.
Quella posizione di svantaggio mi intrigava, in qualche maniera, ma allo stesso tempo mi intimoriva.
Faaris sembrava conoscere, attraverso meccanismi che mi erano oscuri, molte più cose di quante io ne sapessi di lui. Non fosse altro che il mio indirizzo di posta elettronica conteneva il mio nome e cognome.
Stabilii che se avesse voluto veramente conoscermi avrebbe dovuto fare lui il prossimo passo.
Un passo ben più chiaro ed esplicito rispetto a quel contatto inquietante.
Non avrei risposto.
O almeno avrei aspettato ancora prima di valutare la cosa.

D'altro canto, tutti i miei pensieri erano ancora rivolti alla piacevole serata trascorsa, ad Alessandro, alle sensazioni provate e ancora impresse a fuoco su di me.
Quelle sensazioni così nuove ed inaspettate mi concedevano il lusso di pensare a Faaris con un certo distacco, nonostante la serie di strane coincidenze che ci aveva visto protagonisti.
Per la prima volta da tantissimo tempo sentivo vicina la possibilità di frequentare di nuovo qualcuno, di lasciarmi andare al fiume di sentimenti che, mio malgrado, mi stava investendo.

Ero stata molto bene sabato sera a cena.
Mi ero sentita a mio agio, completa, corteggiata.
Avrei dovuto sentirmi totalmente appagata, non avere altro per la testa.

Eppure, di tanto in tanto, come il ronzio di una mosca fastidiosa, la mia mente ritornava per qualche strana ragione a quel messaggio enigmatico.
A Faaris, che mi aveva salvato la vita.
Al suo viso così rude ma allo stesso tempo elegante, fiero.
All' alone di mistero e potere di cui quella figura sembrava essere oltremodo permeata.

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