Capitolo 13: Geloso

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Il pranzo con la mia famiglia era stato talmente noioso e monotono, che per poco non mi addormentavo sulla tavola. Mia madre continuava a dirmi cose come 'siediti composta', 'non incurvare la schiena', 'abbassati la gonna', 'parla civilmente' e 'comportati da signora'.
Al diavolo lei e le sue stupide regole da seguire. Se volevo, potevo accavallare le gambe, alzarmi la gonna, distendermi sul tavolo, dire parolacce e ruttare in faccia a mia zia.
Mia madre era il prototipo di persona che speravo di non diventare mai.
Buona e gentile davanti agli altri, ma manipolatrice alle spalle.
A mia madre piaceva rendere letteralmente a brandelli la mia autostima. I suoi insulti erano all'ordine del giorno, e mai niente di ciò che facevo, andava bene.
Certo, la madre di Keira Kelley era perfetta! Con i capelli biondi che ricadevano sulle spalle, gli occhi marroni, le collane di perle e le borsette firmate. Il sorriso costantemente stampato in volto e strati di fondotinta sul viso.
Perché diavolo doveva fare la doppia faccia? Era insopportabile.

Mio padre invece, per tutta la durata del pranzo, non fece altro che bere calici su calici di vino rosso. Alzava sempre fin troppo il gomito, ma mai nessuno cercava di fermarlo.
Non appena ci provavo io, mia madre mi diceva di restare in silenzio.
La verità era che la famiglia di mia madre odiava mio padre.
Forse anche sua moglie lo odiava, altrimenti non si spiegavano tutti quei suoi comportamenti assolutamente impassibili di fronte a scene come quelle in cui mio padre si ubriacava in un ristorante di lusso.

Mia nonna tirava costantemente un sorriso finto (tale madre, tale figlia) e mi squadrava da capo a piedi. Anche lei, era del tutto insopportabile.
Sempre pronta a giudicarmi, e mai a darmi un bacio sulla guancia o un semplice abbraccio.
Solo mio nonno era quello più sciolto in famiglia. Si accendeva il suo sigaro, e si accarezzava la pancia piena di cibo, coperta sempre da un maglione color senape, oppure color verde militare.
Fumava lentamente, e passava i suoi occhi azzurri per tutta la terrazza del ristorante.

Per non parlare dei miei zii e delle mie zie: tirchi, ipocriti e senza scrupoli.
La mia famiglia faceva davvero schifo.
Odiavo passare le giornate con loro, anche perché nessun mio cugino o cugina veniva a rallegrarmi. Tutti troppo grandi, troppo impegnati, troppo in giro.
Al diavolo tutti.

***
Finalmente a casa!
Non ce la facevo più a stare in mezzo ai miei parenti. Un minuto in più ed avrei staccato loro ogni capello.
Mi distesi sul letto e guardai il mio orologio. Mancava ancora troppo prima di poter tornare a casa.
Sentivo la mancanza della mia camera da letto: il mio piccolo rifugio.

Mi spogliai ed indossai i primi vestiti comodi che trovai sotto mano.
Non avevo niente da fare, e con Jay mi sarei dovuta vedere la stessa sera.
Se fossi andata sulla mia terrazza, magari l'avrei visto.
Mi annoiavo, volevo semplicemente un po' di compagnia, e Jay era la persona più vicina da chiamare.
Kelsie e Kylie erano ancora in post sbronza, e probabilmente stavano entrambe dormendo.

Presi un libro ed uscii in terrazza.
Il sole batteva forte, il vento soffiava appena appena e da lì riuscivo a vedere il mare. Sarei andata volentieri a farmi un tuffo, ma non da sola. Mi legai i capelli in una treccia morbida e poi mi sedetti sulla sedia in plastica, poggiando i piedi sul tavolino.
Aprii il mio libro ed iniziai a sfogliarlo.
Non avevo troppa voglia di leggere, avevo la testa da un'altra parte.
Pensavo al college, a quello più lontano possibile da Miami e dalla mia vita. Pensavo all'ultimo anno praticamente alle porte. Pensavo ad Harriet, pensavo a tante cose.
Forse mi sarei dovuta fare una doccia fredda per togliermi ogni preoccupazione e pensiero di dosso.
Sì, la doccia era l'unica soluzione.
Mi alzai dopo alcuni minuti passati a sfogliare il libro e guardando un punto indefinito davanti a me, e tornai dentro casa.

Non appena mi chiusi la porta alle spalle sentii un tonfo provenire dal terrazzo. Mi voltai e trovai Jay a terra.
Andai da lui e mi piegai sulle ginocchia per raggiungerlo.

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora