Capitolo 41: Davvero

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Per tutta l'ora di filosofia non feci altro che pensare a Jay.
Sul serio, era un pensiero fisso e costante. Ripensavo agli ultimi bei momenti passati assieme.
Poi però mi tornava in mente un solo nome: Victoria.
La odiavo.
A morte.
Volevo sapere solo una cosa: stavano insieme?

Suonò la campanella ed io mi scusai mentalmente con la prof per non aver ascoltato neanche una singola parola della sua lezione.
Uscii e mi diressi subito verso l'aula di inglese, dove mi sarei vista con Kelsie.

A scuola avevano iniziato dei lavori nel bagno del secondo piano che si era rotto, rendendo inagibile le scale nell'ala est, dove mi trovavo io.
Dovevo fare uno strano giro per la scuola, per poter raggiungere l'aula di inglese nell'ala ovest.
Difatti, i professori ci avevano concesso cinque minuti in più del solito per raggiungere le aule, altrimenti saremmo arrivati tutti sempre in ritardo.

Scesi al piano terra ed attraversai il corridoio adiacente alla palestra.
Al termine, vi era un ascensore solitamente accessibile solo agli studenti invalidi e disabili, ma in quel momento, poteva utilizzarlo chiunque ne avesse avuto la necessità.

Sistemai il mio cardigan caduto su una spalla e proseguii, camminando in quella zona semi deserta.
Poi il rumore di un peso che sbatteva contro un armadietto rimbombò nelle mie orecchie. Sobbalzai improvvisamente, presa dallo spavento.
Mi avvicinai alla porta degli spogliatoi ed appoggiai l'orecchio sulla porta.
Sentivo delle voci maschili, poche.
Due, al massimo tre.
Non capivo bene cosa stessero dicendo, soprattutto perché sentivo una classe correre e chiacchierare allegramente nella palestra accanto a me.
Anche se non comprendevo a pieno, capii che quei tre non stavano di certo giocando e scherzando tra di loro.
Pensai che forse qualcuno stesse picchiando qualcun altro.
Dopotutto, alla MHS, gli atti di bullismo non finivano mai.
Con un atto di coraggio a me estraneo, aprii la porta di getto.
E l'immagine che vidi fu terribile.
Perché?

«Ja-y» deglutii. «Ma che stai facendo?»

L'immagine del ragazzo perfetto, mi si sgretolò davanti.
Si frantumò in mille pezzi.

«Keira» sussurrò.

Le mani di Jay erano strette attorno al colletto della maglietta di un ragazzo.
Non sapevo chi fosse.
Aveva appena finito di sferrargli un destro sul volto.
Il ragazzino aveva un'espressione dolorante dipinta sul viso ed il naso sanguinante.
Il pugno di Jay ricoperto di sangue, i suoi occhi iniettati di rabbia.
Ma chi diavolo era quello?
Non poteva essere Jay Evans, mi rifiutavo di crederci.
I piedi del ragazzo erano sollevati da terra, la sua schiena aderiva fortemente contro gli armadietti dello spogliatoio maschile.
Indossava degli abiti da palestra, ma Jay no. Lui non aveva educazione fisica a quell'ora, quindi che diavolo ci faceva lì? Perché stava picchiando un ragazzo?
Il petto che faceva su e giù, le narici dilatate, gli occhi sbarrati.
Le vene ben visibili, i tatuaggi che coprivano i muscoli tesi.
Jay faceva davvero paura.

«Jay» sussurrai ancora. «Sei pazzo? Che ti è saltato in mente?»

Il suo viso era visibilmente scosso. «Keira, vattene»

«Sei pazzo?!» urlai. «Lascialo andare!»

«Keira, sparisci!» urlò anche lui.

Non riuscivo a muovermi.
L'immagine di un qualche atto violento da parte di Jay mi si era stampata in mente, e non riuscivo più a levarmela.
Come poteva?
Era sempre stato così buono, gentile.
Perché si stava comportando in quel modo? Perché doveva passare per la parte dell'idiota?

«Sei un coglione, Evans»

Detto questo, me ne andai.
Pensavo di conoscerlo, ed invece no.
Tutt'altro.
Pensavo di sapere ogni cosa su di lui, ma mi sbagliavo di grosso.
Chi diavolo era quello?
Il suo alter ego?
Il suo gemello cattivo?
Volevo autoconvincermi del fatto che non fosse stato lui, quello lì.
Non volevo pensare che il ragazzino che guardava i Griffin con me a dodici anni, si era trasformato in una terribile persona.
Perché picchiare?
Perché alzare le mani?
Perché superare il limite?
Avevo paura che si sarebbe trasformato, di lì a poco, in suo padre.
Non volevo che diventasse come lui.
Spregievole, maniaco, cattivo.
Jay non era così, di natura non lo era.
Non poteva diventare come lui.
No, lo avrei impedito a tutti i costi.

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora