Capitolo 69: Buffo

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«Mi sono accorto di una cosa, prima che accadesse tutto questo.» sussurrò vicino al mio viso, disteso accanto a me sul mio letto. «Voglio dire...prima di metterci...insieme.»

«Che cosa?»

Tirò fuori il suo cellulare, lo sbloccò velocemente e si affrettò ad entrare nelle note.

«Non prendermi per pazzo, ma ho appuntato una cosa, qualche tempo fa. Dopo il nostro litigio, quello sul tetto con anche Vicki e Oliver.»

«Spara.» sorrisi e mi avvinghiai al suo braccio.

«Non voglio leggerlo ad alta voce, tieni.»

Mi passò il telefono e mi cadde in faccia, sulla guancia.
Lui rise ed io gli lasciai uno schiaffetto sul collo.
Presi il telefono in mano e lessi.

"Sai, quando è giorno siamo delle persone, e quando è notte, delle altre. Quando c'è il sole, io e te ci odiamo, non ci sopportiamo e siamo davvero terribili. Poi cala la notte, ecco la luna. Le stelle, il silenzio, le luci spente.
Ecco che diventiamo chi siamo veramente: due stupidi adolescenti che si nascondono davanti agli altri per paura di essere giudicati. Buffo."

Sorrisi e gli ripassai il telefono, mettendomi a guardare il soffitto. «Hai ragione. Sai, credo sia l'effetto delle stelle. Non prendermi per pazza tu, adesso, ma credo che abbiano un potere...e che su noi due funzioni alla grande. Ti sei accorto che...è come se ci ipnotizzassero? Veniamo risucchiati in questo mondo, la cui porta è proprio il tetto di questo vecchio condominio. Un mondo in cui non litighiamo, non ci facciamo male. Un mondo in cui stiamo bene.»

«Keira.» sussurrò al mio orecchio.

«Mh?» abbassai lentamente le palpebre.

«Per me, questo "mondo in cui si sta bene" si trova dentro i tuoi occhi. Ogni volta che ti guardo, scaccio ogni problematica. E certo, agli inizi volevo strangolarti ventiquattr'ore su ventiquattro, ma una piccola parte di me voleva sempre scavare più a fondo e perdersi nei tuoi magnetici occhi verdi.»

Riaprii gli occhi.

Ero felice che il trasloco fosse stato rimandato a due giorni più avanti.
Avrei potuto passare più tempo con Jay.

Ed io lo amavo, con tutta me stessa.
Lo amavo di giorno, sotto al sole cocente, di notte con la luna in cielo e le strade silenziose. Lo amavo in primavera, con i fazzoletti sotto al naso, in inverno con la neve tra i capelli, in estate con il sudore sulla schiena e in autunno con gli anfibi ai piedi. Amavo Jay in ogni istante, in qualsiasi occasione e circostanza.
Lo avrei amato per sempre, ne ero convinta. Era l'unica cosa di cui ero sicura, in tutta la mia vita.
Mai stata più certa di allora.

Con un sorriso a trentadue denti spalmato sul volto, incrociai le braccia attorno al suo collo e feci sfiorare i nostri nasi. La sua mano si posò sulla mia schiena, poi scese sul fianco per stringerlo. Quando sarebbe dovuto arrivare il momento di dirgli che ero innamorata di lui? Come avrei potuto iniziare ed introdurre il discorso?
Lo baciai lentamente, ma il taglio sul labbro lo fece sussultare.
Mi separai di colpo ed aprii gli occhi.

«Scusa-»

«No, continua. Mi mancano le tue labbra.» mi interruppe con un sorriso dolce e radioso stampato in volto.

Lo baciai nuovamente, tenendo il suo viso tra le mie mani. Con gli occhi chiusi e la lingua che mi faceva accedere nel mondo tutto mio, tutto nostro.

***
L'orologio segnava le ore: tre e quarantuno di notte. Le mie dita erano intrecciate a quelle di Jay.

«Verità.» dissi.

«Mi ami?»

«Sì.»

Sorrise. «Okay, tocca a te.»

«Tutto qui?» chiesi.

«Tutto qui.» annuì sorridente.

«Okay, obbligo o verità?»

«Mmh...verità.» sorrise.

«Okay» bisbigliai. «Perché non vuoi denunciare tuo padre?»

«Obbligo.»

«No. Esigo una risposta.»

Si mise a sedere e tolse la sua mano dalla mia. Sentii freddo.

«Non ti devo nessuna risposta, non sono di certo affari tuoi.»

«Sei il mio...il mio ragazzo, mi importa di te.»

«Beh non dovresti» si schiarì piano la voce. «A nessuno è mai importato di me.»

Mi misi a sedere pure io e gli poggiai una mano sulla spalla. «Non dire così, idiota. A me è sempre importato di te, ecco perché ti sto consigliando di denunciare quel pazzo. Se torna a vivere con tua madre allora sarai in pericolo persino in casa tua!»

«Smettila.» ringhiò.

«Vuoi dirmi che diavolo ti prende?!»

Tirò un pugno al cuscino di fianco a lui. «Porca puttana!» sussurrò con voce più alta.

«Jay-»

«No, "Jay" un cazzo! Okay?»

Fece per alzarsi dal letto ma misi anche l'altra mano sull'altra sua spalla e lo trattenni sul letto. Cos'era successo? Aveva avuto un cambiamento di carattere così repentino che presi quasi paura.

«Vuoi dirmi che ti prende?» sussurrai prendendogli il volto tra le mani.

«Io-io non posso denunciarlo, Keira.»

«Cosa? Perché no?»

«Si è preso cura di me durante il mio ricovero in ospedale» abbassò lo sguardo. «Mi ha aiutato quando sono tornato a scuola, ha organizzato una festa a sorpresa per me quando sono tornato a casa. Per un mese era venuto a prendermi a scuola ogni giorno, mi regalava palloni da basket e biglietti per le partite. Cercava di farmi dimenticare quella stupida droga. Era diventato più severo, certo, ma mentre mia madre beveva per nascondere la sua paura per aver quasi-perso un figlio, lui aveva richiesto al suo capo di lavorare da casa, per passare più tempo assieme a me. È stato un vero padre, Keira, ed io non riesco a denunciarlo. È come se vedessi, ancora oggi, quell'uomo gentile e sorridente che mi accompagnava a giocare a basket e si fermava a fare due canestri con me. Non vedo quest'uomo terribile di cui parli tu. Lo so, sono un idiota, lo so bene che mi picchia. Mi fa male, e ti giuro, male da morire, ma farebbe ancor più male vederlo lontano da me. È mio padre, io non riesco a separarmi da lui.»

Sospirai e lo guardai dritto negli occhi. «Le persone come lui vanno fermate, chiaro? Credimi, mi si stringe il cuore a vederti così. Vorrei che vivessi in una famiglia più felice, in una vita più felice. Potessi fare qualcosa, ti darei tutto ciò di cui hai bisogno. Ma sei troppo buono, Jay, devi trovare le palle per allontanare quell'uomo da te. Questo vostro rapporto...padre-figlio è tossico, credimi. Tu continui a vederlo con gli occhi di un ragazzino di tredici anni, non ti rendi conto che in questi anni lui sia peggiorato. E non poco! Per favore, cerca di capire che tutto ciò non ti fa altro che male. Non solo a te, anche a tua madre e...Jodie! Pensa a tua sorella, saresti felice nel vederla picchiata da tuo padre? E tua madre? Io non credo! Fai ciò che è giusto per te e risparmia qualche sberla sbronza alle donne della tua famiglia. Non se lo meritano, come tu non meriti niente di tutto questo.»

«È difficile.»

«Lo so, davvero davvero davvero complesso. Lo so bene, ma è da fare. Hai bisogno di toglierti un peso dalle spalle, fidati di me. Una volta denunciato, non ti darà più fastidio e tu potrai ricominciare a vivere la tua vita senza timore che lui possa strapparti nuovamente il piercing o minacciarti.» sorrisi comprensiva. «Ti terrò la mano per tutto il tempo, se tu vorrai farlo. Io sarò qui, di fianco a te. Sempre, okay?»

«Okay.» sorrise.

E mi baciò, facendomi distendere lentamente sul letto a pancia in su.
Sperai di averlo convinto.
Volevo che stesse al sicuro, e con quell'uomo nei paraggi, non lo sarebbe mai stato.

***
Buongiorno, scusate l'attesa ma non sto benissimo e ho avuto problemi con il telefono. Come va? Vi è piaciuto il capitolo?
Fatemelo sapere!

-Alessia

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