Capitolo 49: Un bicchiere di Chardonnay

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Chad era steso su un lettino bianco.
Privo di sensi, con gli occhi chiusi e lo stomaco completamente svuotato.
Aveva vomitato per ben otto volte.
Io e Jay attendavamo i genitori di Chad prima di andarcene.
Lo odiavamo, ma eravamo pur sempre umani.

Jay stava seduto su una sedia, il braccio lungo lo schienale di quella accanto a lui.
Io camminavo su e giù per il corridoio, mordendomi il labbro inferiore ed attendendo almeno un membro della famiglia Bennett.
Nell'aria aleggiava un forte odore di antibiotico, e di tanto in tanto, un'infermiera vestita in azzurro, passava a controllare Chad.

Pensai a come gli ospedali riuscissero sempre a far combaciare me e Jay come uno stupido puzzle.
Gli ospedali si associavano alle cose brutte, alle malattie, alla morte.
E poi a noi due.
Bizzarro.
Ci ritrovavamo sempre in ospedale, ma ogni volta ne uscivamo vivi.

«Siediti un attimo» disse Jay sotto voce.

Lanciai un'occhiata al mio orologio da polso e notai che fossero le undici di sera.

«Avevamo un appuntamento, io e te, quarantacinque minuti fa»

«E poi abbiamo salvato l'idiota dal coma etilico...la so già questa barzelletta» sorrise.

Mi feci scappare un sorriso anche io.

«Dai siediti qui» insistette.

Acconsentii sbuffando.
Mi piegai per sedermi, quando sentii due mani prendermi i fianchi, trascinandomi sulla gamba di Jay.
Stetti per cadere, e mi aggrappai alla sua spalla, conficcando le unghie nella sua felpa.

«Se mi volevi in braccio, bastava dirlo»

«Amo coglierti alla sprovvista» sorrise.

«Vuoi semplicemente fare lo sbruffone» lo presi in giro.

«Con te, mi piace particolarmente»

«Per arrivare al mio cuore, stai seguendo la strada sbagliata»

«Ma se sono già al traguardo?» rise.

Gli lasciai un leggero schiaffo sul collo, sorridendo.
Poi posai le labbra sulla guancia e gli lasciai un lento ed umido bacio, proprio dove la pelle pulita si incontrava con il sottile strato di barba, che gli regalava qualche anno in più.
Sentii la sua mano cingermi più forte il fianco, costringendomi ad appoggiarmi al suo petto.

«Guarda che non ci casco ai tuoi tentativi di rimorchio» scherzai.

«Sei tu che ci stai provando con me» mi pizzicò la coscia.

«Ah-ah» risi.

Gli misi un braccio attorno al collo, e poggiai la fronte contro la sua.
Volevo baciarlo, ancora.
Ancora, ancora ed ancora.
Per sempre.

Poi udii una voce femminile chiedere di Chad Bennett ad un'infermiera.
Una donna dai capelli biondi e vestita di tutto punto, corse nella nostra direzione.
Scesi velocemente dalla gamba di Jay e mi alzai in piedi.

«Signora Bennett?» tentai.

«Sì?»

Aveva il trucco colato sotto agli occhi, la pelle vizza, colma di piccole rughe.
Due grandi iridi azzurre ed un sorriso morto sulle labbra.
Indossava ancora un abito elegante color cammello che le terminava al ginocchio, segno che non fosse stata a casa prima di raggiungerci.

«Salve, sono Keira. Volevo solo assicurarmi che Chad non rimanesse solo. Adesso che lei è qui, noi possiamo andarcene»

Jay si alzò e mi si affiancò, sfiorandomi il braccio.

Sopra lo stesso tetto | #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora