Capitolo 32

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"Cara Maya,

È strano essere qua. Ogni giorno, del resto, diventa un po' più normale.

Manchester.

Chi l'avrebbe mai detto? Io no di certo. Nemmeno pensavo ad un ritorno in questa città che sentivo così lontana.

Manchester è sempre la stessa. È bella di notte, come quando andavamo a cena fuori, ed è caotica di giorno, anche se mai abbastanza.

L'odore delle strade è sempre quello, il tempo anche.

La scuola in cui andavo da bambina non è cambiata nemmeno di un centimetro, gli alberi del parco vicino a casa sono più grandi e non crescono più le margherite.

Le hai portate via con te, le margherite?

Ti piacevano tantissimo.

Ci siamo stati in quel parco. Ci andiamo spesso, io e Harry.

Ci sono tantissimi bambini che giocano e la fontana in cui giocavamo noi, si è rotta.

Ricordi Leon quante volte mi ci ha fatto cadere? Cavolo, milioni di volte!

Lui sta bene. Mi chiedo se la sera prima di addormentarsi, ti parla ancora come quando era piccolo.

È in Canada, se non mi sbaglio.

Credo se ne sia andato così velocemente per scappare il più lontano dalla morte di un'altra persona a cui ha voluto troppo bene.

Non so come aiutarlo. Mi sento un po' male per questo.

Mi sento un po' male per tante cose, oggi.

Sto pensando a Londra, perché da questa finestra riesco solo a trovare cose che mi portano sempre più lontano da quella città. Non posso ignorare il legame che si è creato fra me e lei, la mia Londra.

Sto pensando al fatto che più passano i giorni, più io riscopro i sorrisi caldi della gente delle caffetterie di Manchester. E più riconosco questi sorridi, più mi dimentico di Londra che prova a dormire, ma le mille luci la tengono sveglia.

Sto pensando ai miei amici, Maya. Mi chiamano tutti i giorni, sai? È così diverso da quella volta che sono stata in America.

Adesso è come averli lontani ma vicini. Posso sentire tutto il loro amore arrivare fino a qua.

Ma capiscimi, sentire l'amore a km di distanza non sarà mai come perdersi belle braccia delle persone che ci hanno reso ciò che siamo.

Il Nonno mi ha detto che forse dovrei tornare qualche giorno a Londra, ma io gli ho detto di no.

È passato un mese da quando siamo qui a Manchester, e l'ho visto, Maya. Ho visto come poco a poco la vita gli viene portata via. Lo guardo ogni giorno, mentre ride e sorride. Lo sento tossire e ripetere a noi tutti che sta bene, che è felice.

Si addormenta ogni giorno un po' prima. Sempre più velocemente.

Ho paura, Maya.

Io ho tanta paura che una mattina non aprirà più i suoi occhi stanchi.

E mi sento così in colpa per tutta questa mia paura. Andrew mi racconta le sue avventure, alcune si dimentica di avermele già raccontate, allora rinizia. Parla tanto e mi ascolta sorridendo.

Ieri io ed Harry gli abbiamo cantato una canzone. Harry suonava la chitarra e il nonno ha sorriso tutto il tempo. La nonna ha pianto.

Anche io volevo piangere, ma vedevo il sorriso di Harry e poi quello del Nonno e mi saliva una strana felicità, che mi arrivava dritta dritta alla gola, ingoiando tutte le lacrime.

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