Sono passati esattamente tre giorni da quando siamo a Manchester e ho portato Harry in quasi tutti i posti che desideravo tanto mostrargli. A lui sembra piacere stare qua.
Mi piace come alla sera lui e mio padre si fermino a parlare un po' di più mentre fumano una sigaretta, o come scherza con mia madre, facendola sorridere in modo vero.
È bello come mia madre e mio padre non cerchino di rivangare il passato. Il modo in cui, finalmente, stiamo vivendo le nostre vite. Stiamo andando avanti.
Mi allaccio le scarpe e mi guardo un'ultima volta allo specchio. Ci siamo.
È arrivato il tanto atteso giorno e io non mi sento pronta, ma devo esserlo.
Sento una strana felicità dentro di me, che mi spinge ad uscire da questa stanza in cui sono chiusa da troppo tempo.
Harry è giù che mi aspetta, quasi più agitato di me.
Mia madre mi lascia il foglietto con scritto l'indirizzo della clinica in cui è in cura, e io lo metto al sicuro dentro alla borsa, prima di salutarla e uscire di casa.
"Sono agitata" dico.
Harry si siede al suo posto, le mani intorno al volante e sospira mentre mette in moto e segue le mie indicazioni per arrivare a destinazione.
"È normale, è giusto che tu lo sia" sorride.
"Davvero?" L'aria nei polmoni sembra farsi sempre più scarsa ed io conosco troppo bene questa sensazione.
"Heis" mi chiama. "Ehi, Heisel. Guardami" dice.
I suoi occhi sono puntati verso la strada, ma si gira praticamente ogni secondo per guardarmi.
"Ti sto guardando" dico.
"Ecco, andrà tutto bene" dice.
Le uniche parole che volevo sentirgli dire, anche se possono essere false o sciocche, banali e scontate. Sono le uniche parole che mi mettono più tranquillità.
Le ho sentite così tante volte in vita mia che ero arrivata quasi ad odiarle, ma adesso riesco ad apprezzarne la semplicità e l'ipocrisia.
Il potere illusorio che hanno sulle persone, troppo speranzose o disperate per riuscire a vedere la verità.
Annuisco e lui sorride ancora, spostando la mano dal volante per metterla sulla mia coscia e stringerla dolcemente.
Dopo aver sbagliato strada più o meno tre volte e dopo che Harry ha invocato tutti i Santi che stanno in cielo, riusciamo a parcheggiare la macchina davanti ad una grande struttura bianca.
È lineare e pulita, poco colorata ma rilassante.
C'è un grande giardino in cui delle persone vestite di azzurro portano a spasso persone più anziane. Un tavolo dove alcuni giocano a carte e delle belle finestre, grandi e luminose che danno sul parco tutt'intorno.
Harry da un colpetto al cancello per farlo aprire.
Prendo la sua mano mentre camminiamo verso la prima infermiera che riusciamo a trovare.
"Buon pomeriggio" sorride. "Come posso esservi d'aiuto?"
"Salve" diciamo. Harry sorride. Sembra davvero più agitato lui di me. "Sono qua per far visita a mio nonno, Andrew Bennet"
"Oh, ma certo! Andrew" sorride. "Mi ha parlato dei suoi nipoti. Forza, seguitemi"
Uno spiraglio di luce si apre nella mia mente troppo chiusa fino ad adesso per essere ottimista e non riesco a non sorridere all'idea di mio nonno che parla di me, di quello che avevamo, ad un'altra persona.
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Gray 2
Fanfiction"Amo i solitari,i diversi,quelli che non incontri mai. Quelli persi,andati,spiritati,fottuti. Quelli con l'anima in fiamme" -Charles Bukowski.