Capitolo 52

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Quando il giorno seguente mi sono svegliata, con un enorme mal di testa - me lo sono meritata, lo so-, ho fatto fatica a mettere insieme i pezzi della serata precedente. Non ricordavo di essere arrivata a casa, né di essermi mai struccata e messa a dormire. L'ultimo ricordo che avevo era di quando Josh mi faceva salire in macchina, poi black out.

Ma, forse, è stato meglio così. Non sono del tutto rimbambita, nel registro chiamate ho trovato le due telefonate a Jace, ma sono ben felice di non ricordare cosa ci siamo detti.

Giovedì e venerdì ci siamo, praticamente, ignorati. O meglio, io l'ho ignorato, mentre lui non faceva che fissarmi ad ogni lezione, ogni cambio d'ora. In entrambi i giorni, però, non è venuto a mensa. So che non vogliono dirmelo, ma me ne sono resa conto da sola che tra lui e mio fratello c'è un po' di astio. E, sebbene sappia bene che, in parte, se l'è meritato, mi dispiace per lui. È per questo che sabato mattina mi infilo in camera di mio fratello per parlare. So che ci sta male, è il suo migliore amico da quando erano piccoli.

«Giorno, Clary», mormora con voce ancora mezza addormentata abbracciandomi.

«John», esclamo a mo' di saluto.

Si stiracchia un po' e io faccio un respiro prima di iniziare a parlare. «So che mi vuoi bene, ma non devi litigare con Jace a causa mia. È il tuo migliore amico e-»

Si irrigidisce subito. «E tu sei mia sorella. Tra migliore amico e sorella, vieni prima tu, mi sembra ovvio. Quindi sì, ho tutto il diritto di litigare con lui, se ti fa soffrire.»

Sospiro, sapevo che non sarebbe stato facile. Del resto, una parte di me si chiede perché voglia far sì che facciano pace.

"Se lo merita?", mi apostrofa.

Nonostante sia tentata di dire di no, a prevalere è un'altra parte di me, quella innamorata e ingenua che si preoccupa ancora per lui. Mi ripeto che lo faccio per mio fratello e, forse, in minima parte, è anche vero, ma, per lo più, è per lui che lo sto facendo. Posso anche aver detto di averlo ignorato, posso anche essermene convinta, ma, è inutile negarlo, qualche occhiata gliel'ho lanciata anche io e ho notato le occhiaie che circondano il suo viso, come quell'espressione da cane bastonato che mi fa stringere il cuore.

Prima di baciarmi la prima volta, in camera mia, mi disse che era convinto che l'amore facesse solo soffrire, che indebolisse, ma che si era reso conto del contrario non appena mi aveva conosciuta. Eppure, vorrei sapere se la pensa ancora in questo modo, perché per me, invece, è più complicata di così.

Sono convinta che l'amore sia la forza più potente al mondo, l'emozione più bella, ma so anche che è un'arma a doppio taglio e ne ho sempre di più la dimostrazione. Ormai è un pensiero che da giorni mi perseguita: è davvero un bene innamorarsi?

Non sarebbe meglio se quest'emozione non esistesse? Pensateci, potremmo avere relazioni e metter fine ad esse senza ritrovarci sommersi da una miriade di fazzoletti per asciugare le nostre lacrime, scatole di gelato finite e chili in più su di noi. Potremmo passare da una relazione all'altra più semplicemente, non erigere muri con gli ex, continuare ad avere rapporti normali e pacifici ,non essere gelosi di qualunque persona del genere opposto gli stia troppo vicina. Non sarebbe molto meglio?

Nello stesso momento in cui, però, finisco di formulare questo pensiero, mi rendo conto della sua assurdità. Come potrebbe non esistere l'amore? E, soprattutto, varrebbe la pena vivere se non esistesse? Perché, se è vero che quando finisce ci lascia sommersi dal dolore, è anche vero che, quando, invece, è vivo, ci fa stare al settimo cielo, ci permette di vivere momenti unici, che resteranno per sempre i nostri ricordi più belli e neanche il dolore potrà mai sopraffarli, ne ho la certezza. Allora, la vera domanda è: "Vale la pena vivere una vita rinunciando alla vera pienezza, alla vera felicità, alle farfalle nello stomaco e al cuore che batte, solo per non soffrire?"

Città Dei Mondani || Clace (Prima versione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora