Capitolo 42

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«Andiamo?», chiede John una volta che Jace e io lo raggiungiamo nell'ingresso.

«Sì, noi ti seguiamo con la macchina di Jace», gli rispondo.

Annuisce per poi salutarci ed uscire di casa. Recupero il mio trench dall'attaccapanni per poi uscire di casa, seguita dal mio ragazzo.

In poco tempo ci ritroviamo in macchina per raggiungere il Billie Jean King , il centro sportivo di tennis di cui mio padre e tutti noi siamo soci.

«Jace...», lo chiamo a bassa voce torturandomi le mani.

«Sì?», mi chiede spostando per un attimo lo sguardo su di me.

Resto in silenzio, ripensando al discorso che abbiamo fatto prima di scendere in camera mia.

Ha promesso di non aggredirlo, di non far trasparire nulla, almeno non senza una più che valida ragione ed io ho promesso di dirgli tutto, anche il più piccolo dettaglio, il più microscopico particolare. Lui starà sempre con me ed io non resterò mai da sola con Sebastian e quel suo ghigno che anche a chilometri di distanza riesce a mettermi i brividi.

Scuoto la testa. «Grazie.»

«Ci sarò sempre per te», mi risponde prendendomi per mano e appoggiandola sulla sua gamba.

Dopo circa venti minuti giungiamo al parcheggio del centro tennistico dove noto la macchina di mio padre.

Scendiamo dalla macchina e noto Jace leggermente agitato. Mi prende per mano mentre ci avviamo verso John che ci aspetta all'ingresso.

«Era ora, quanto ci avete messo? Sono uscito di casa un minuto prima di voi!», si lamenta.

Alzo gli occhi al cielo. «C'era un camion che ci ha rallentati, abbiamo dovuto passare per la Avenue Commerce», rispondo mentre cerco la tessera del club nel portafoglio.

«Ma dove è finita?», borbotto. «Eccola!»

«Jace, tu entri con Clary, io ho sprecato tutti gli ingressi in più del mio piano», esclama John.

Alzo, di nuovo, gli occhi al cielo. «Te lo avevo detto di farti il piano all-in.»

Entriamo nel centro dopo aver mostrato le nostre tessere e ci avviamo verso i campi 13 e 14, quelli prenotati da mio padre. Ora che ci penso, siamo in sette, manca un giocatore per giocare in quattro.

La mano di Jace stringe ancora di più la mia e lo sento deglutire. Lo guardo confusa e noto che sta puntando lo sguardo davanti a se. Guardo in quella direzione e trattengo una risata: sta fissando mio padre.

Scuoto la testa accelerando il passo per raggiungerli. «Ehi, papà. Scusate il ritardo.»

Si gira verso di me e mi sorride, poi punta lo sguardo sul mio ragazzo e il sorriso svanisce, mentre indurisce lo sguardo.

«Non c'è problema, Clarissa. Lui è..?»

«Jace Herondale, il mio ragazzo», rispondo.

Mio padre strabuzza gli occhi.

«È un piacere, signor Morgenstern», esclama educatamente il biondo.

Mio padre stende la mano e Jace si affretta a ricambiare saldamente. «Jace, sei cresciuto. Tuo padre come sta? È tantissimo tempo che non lo vedo.»

«Sta bene, signore.»

«È da molto che non lo vedo. Ha ancora quella strana fissazione per le oche?», domanda con un sorriso.

Oh, no. Non mi piace, non mi piace per niente questa situazione.

Vedo John trattenere una risata, sta pensando la stessa cosa che sto pensando io: povero Jace.

Città Dei Mondani || Clace (Prima versione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora