Capitolo 60

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CLARY POV

Continuo a camminare attraverso gli alberi, cercando di individuare qualche orma, ma, con il buio che mi circonda, l'impresa mi risulta alquanto impossibile.

Sono le sette ormai, sto camminando da quasi tre ore e la temperatura si è notevolmente abbassata. Ho tirato fuori una coperta termica, che Alex ci aveva consigliato di infilare in zaino, e, per un po', mi ha tenuto al caldo, ma il freddo è tornato presto, più pungente di prima.

La luce della mia torcia si fa ogni secondo più fioca. Per fortuna, ne ho un'altra nello zaino.

Dopo che mi sono resa conto di essermi allontanata dal gruppo, ho iniziato a chiamare a gran voce i miei amici per un paio di ore. Poi, però, mi sono arresa, capendo che non mi avrebbero mai sentito e ho, invece, provato a seguire un sentiero che, miracolosamente, ero riuscita ad individuare, peccato che questo mi abbia portato ad un dirupo, in cui per un pelo non sono caduta.

Affianco ad esso, però, c'era un cartello indicante l'altitudine e ho così scoperto di esser risalita di duecentocinquanta metri in più, rispetto a dove si trova il rifugio in cui avrei dovuto alloggiare.

Ed è così che ho fatto marcia indietro ed ho iniziato la mia discesa.

Almeno, se non raggiungerò i miei amici arriverò a valle...

Mi fermo, appoggiandomi ad un albero. I brividi si sono fatti molto più frequenti e ad essi si è aggiunta una grande stanchezza. Gli occhi mi danno un po' fastidio, ma so che devo continuare a camminare, così facendo mi assicuro di continuare a far funzionare il mio metabolismo e, di conseguenza, a non far scende troppo la temperatura corporea. So bene che devo far di tutto per ritardare l'abbassamento del calore interno del mio corpo, altrimenti rischio di andare in ipotermia. Apro lo zaino e tiro fuori una delle due bottigliette d'acqua che mi sono rimaste. Un'altra cosa che aiuta a far funzionare il metabolismo è una buona idratazione.

Richiudo la bottiglietta e la rimetto a posto, poi appoggio la testa all'albero su cui sono appoggiata e chiudo gli occhi, per riposarmi giusto qualche secondo.

Quanto vorrei bere una gustosa cioccolata calda, magari seduta affianco ad un camino, con una bella coperta di pile sulle gambe, come quando d'inverno vado dalla nonna.

Una forte folata di vento mi fa riaprire di scatto gli occhi, mentre un brivido mi fa tremare tutta e così capisco di dover ricominciare a camminare. Non sono un asso della meteorologia, ma so bene che di notte la temperatura si abbassa molto e devo assolutamente trovare un posto caldo, o almeno un po' riparato, in cui riposare, se voglio avere qualche possibilità di uscire sana e salva da questa situazione.

Continuo a camminare, quando, ad un certo punto, la torcia si spegne del tutto.

«Spero solo che l'altra duri di più», borbotto al nulla, persa come sono in queste gelide montagne.

«Ecco fatto», dico, quando la seconda torcia, l'ultima che mi è rimasta, è nelle mie mani.

Fantastico, adesso inizio anche a parlare da sola.

Mi rimetto in piedi, quando un giramento di testa rischia di farmi cadere. Mi reggo ad un albero affianco a me, per riprendere l'equilibrio, poi ricomincio la mia discesa.

Persa tra le montagne, mi viene da ridere.

Quante volte ho letto romanzi in cui avveniva questa identica cosa. Ho sempre considerato le ragazze a cui accadeva delle stupide, ripetendomi che, se mi fossi trovata io in montagna, di certo non sarei stata così stupida da allontanarmi dagli altri e, invece, è proprio quello che ho fatto.

Città Dei Mondani || Clace (Prima versione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora