QUARANTASEI

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"Mettete le valige di sotto e poi prendete posto!"

È finalmente arrivato il gran giorno della gita, e io non sono proprio nel mood. Ho una valigia grossa quanto casa mia e mi sembra di dover partire per Dubai. Ho deciso di indossare per il viaggio una maglia bianca, dei pantaloncini neri e corti, un paio di occhiali da sole identici a quelli di Crowlye in Good Omens e un paio di converse nere.

Mi sono portata dietro anche un cuscino di quelli portatili, ideali per collassare in viaggio

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Mi sono portata dietro anche un cuscino di quelli portatili, ideali per collassare in viaggio. Il campeggio è distante ben 8 ore di viaggio e io ho l'impressione di non potercela fare. Troppo tempo.

Grazie a Dio la macchina di Mason è abbastanza grande, per cui in un modo o nell'altro abbiamo portato tutte le valige a scuola. Questo viaggio sarà estremamente lungo.

"Ehi Eleonore!"

La voce di Betty mi risuona nei timpani come una sveglia poco simpatica. Anche se sto caricando la valigia sul pullman sono ancora in coma.

"Ciao" borbotto.

"Stiamo vicine sul pullman?"

Annuisco debolmente, senza esagerare con i segni di vita. Voglio collassare male.

Finalmente partiamo e la prima cosa che faccio è fare un lungo pisolino, della durata di ben 3 ore, interrotto poi da una sosta bagno. Praticamente passo tutto il viaggio tra il sonno e il dormiveglia e decido di svegliarmi solo quando bisogna scendere a fare pipì o a mangiare. Se solo il pullman fosse comodo per dormire sarebbe l'ideale.

Arriviamo finalmente in campeggio di sera e, come si era già capito, mi ritrovo in bungalow con Betty, Alice e Lisa. Devo ammettere che come compagne non mi dispiacciono affatto. Poteva andarmi molto peggio: potevo finire in camera con quella fuori di melone di Juliette o con Hayley. Sarebbe stata la fine dei miei giorni di vacanza.

Sistemiamo le nostre cose abbastanza velocemente e poi usciamo sul pianerottolo del bungalow per prendere un po' d'aria. Tutti si stanno sistemando e anche se è sera tardi stiamo facendo un macello incredibile.

Io e le mie tre compari decidiamo di farci velocemente una doccia per levarci di dosso il sudore del lungo viaggio, ma decidiamo di andare nelle docce pubbliche del campeggio. Ci metteremmo tre anni ad usare la piccola doccia del bungalow.

Prepariamo le nostre cose e ci avviamo piano piano, trovando alle docce altre nostre compagne, felici di aver intrapreso la stessa nostra strada. Per fortuna le docce sono numerosissime, e riusciamo più o meno ad entrare tutte.

Il getto d'acqua calda che mi investe credo sia la cosa più bella che mi sia capitata negli ultimi giorni. Sento i miei muscoli distendersi e anche se il chiacchiericcio delle altre (riescono a parlare anche da una doccia all'altra, incredibile) mi disturba un po', riesco comunque a rilassarmi. Devo cercare di non fare troppi danni durante questa vacanza. Scott è stato molto chiaro in merito. Ho lasciato a lui le indagini in paese, mentre io cercherò qui. In un indagine dovresti per prima cosa individuare le cose strane. Il problema? Qui sono tutti assurdamente strani.

Ad un certo punto il mio flusso di coscienza viene interrotto da un piccolo dettaglio che attira la mia attenzione. Dallo spazio tra la porta della doccia e il terreno vedo delle gambe che camminano. Tante gambe. Che ci sia un'altra scolaresca arrivata a quest'ora?
Mi sembrano dei piedi un po' grandi per delle ragazze. E alcuni sono decisamente troppo pelosi.

La mia teoria viene confermata quando il grido di una nostra compagna di classe ci fa automaticamente uscire tutte dalle docce, per fortuna con indosso gli accappatoi. Riusciamo a beccare i colpevoli in flagrante: tutti i ragazzi che partecipavano alla gita, capeggiati niente poco di meno che dalla squadra di football, avevano deciso di spiarci mentre ci stavamo facendo la doccia. Tra questi, il mio sguardo ricade proprio su quelli che peggio affronteranno la mia inquisizione: Mason, Ben, Wade e Alan mi rivolgono un sorriso di scuse. Appena sarò vestita in modo adeguato giuro che li appendo per le mutande alla bandiera del campeggio e li lascio lì  penzolare.

Il mio sguardo furioso naturalmente ricade anche su quella che scommetto sia una delle teste che ha partorito l'idea: Nathan, nonostante si stia prendendo le peggio parolacce da tutte le ragazze presenti, cerca il mio sguardo e mi sorride beffardo. Gli mostro un dito medio chiaro come il sole e poi sposto lo sguardo.

Se è una guerra che vuole, una guerra avrà.

A WHITE HAIR SECRETDove le storie prendono vita. Scoprilo ora