CINQUANTAQUATTRO

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Sono seduta su uno dei tanti tavolini dell'ospedale. Mi hanno messo qui insieme agli altri bambini, per farci giocare un po'. Le infermiere hanno detto che posso prendere quello che voglio dalle scatole di giocattoli, così ho preso un cubo tutto colorato, da rimettere in ordine. Lo sto fissando da quindici minuti, eppure ancora non sono riuscita a rimetterlo in ordine.

Ad un certo punto sento un sacco di persone parlare in corridoio. Sento che stanno dicendo il mio nome. Adesso che mamma e papà non ci sono più non so neanche se voglio usarlo più,il mio nome.

Sulla porta compaiono le infermiere, insieme ad un uomo alto, con lo smoking e gli occhiali. Mi sembra di averlo già visto, forse con papà una volta, ma non me lo ricordo bene.

"Ciao" mi saluta.

Io gli faccio ciao con la mano, dato che non riesco ancora a parlare. Da quando mamma e papà non ci sono più anche la mia voce se n'é andata.

"Tu sei Reel, giusto?"

Annuisco debolmente.

"Ciao. Io sono Scott. Le infermiere mi hanno detto che sei una bambina molto brava. Posso diventare tuo amico?"

Lo sguardo per qualche secondo. Non so se voglio degli amici.

"Sono molto bravo con i giochi. Posso giocare con te se vuoi"

Annuisco e vedo che afferra piano piano il mio cubo.

"Posso?"

Annuisco di nuovo. Lui osserva il cubo e in poche mosse mi spiega piano piano come metterlo a posto. È davvero bravo.

"Hai visto? Sono bravo?"

Faccio di nuovo di con la testa.

"Bene. Siamo amici allora?"

Rimango un attimo incerta, ma poi penso che non mi dispiace che qualcuno che risolve i cubi sia mio amico.

Lui mi porge la mano gentilmente e io faccio per afferrarla. Appena la toccò però sento come se il braccio mi andasse a fuoco. Sbatto le palpebre e in un secondo mi ritrovo in mezzo ad un incendio, con fiamme alte il doppio di me. Non so dove andare. Il signore che risolve i cubi è sparito e non so dove sono. So solo che va tutto tremendamente a fuoco.

Mi sveglio di soprassalto, cercando di prendere aria dai polmoni il più possibile. Sono tutta piena di sudore e mi sembra di stare per soffocare.
Mi accorgo solo in un secondo momento del fatto che c'è qualcuno con me.

"Ehi Eleonore! Eleonore!" mi chiama Nathan.

Sbatto le palpebre più volte, finché capisco di essere tornata alla realtà.

"Scusa io non... non so che è successo" balbetto, ancora col fiatone.

"Stavi sognando... o meglio, stavi avendo un incubo a quanto sembra"

"Già..." confermo, calmandomi un attimo.

Nathan mi avvolge in un abbraccio caldo e dolce, che mi trasmette una calma che raramente avevo provato prima. Noto solo in un secondo momento che ha su solo i boxer, e che io ho su solo gli slip. Non porto neanche il reggiseno.
Mi tornano in mente gli eventi di qualche ora prima e le mie guance prendono fuoco. Decido di stare zitta però,in modo da non rovinare il momento.
Le braccia di Nathan mi stringono forte a lui, come se dovessi scivolargli da un momento all'altro, e con una mano mi sta massaggiando la testa.

"Vuoi parlarne?" mi domanda poi, riferito all'incubo.

"No, non credo.. era solo un sogno" commento, godendomi le coccole.

"Bene.. perché sai.. dovremmo parlare di quello che è successo"

Speravo non tirasse fuori l'argomento.

"Giusto" confermo io,non sapendo da dove cominciare.

"Giusto" ripete lui, con lo stesso tono.

Mi stacco lentamente da lui, nascondendo il mio totale imbarazzo.

"Beh, se ne dobbiamo parlare ho bisogno di alcool prima"

Mi infilo la maglia sopra alle mutande e insieme ci dirigiamo verso la cucina. Ci riempiamo due bicchieri di birra e poi usciamo sul pianerottolo.
Per svariati minuti rimaniamo in silenzio, senza neanche guardarci in faccia.

"Che facciamo?" domanda poi lui.

"Buona domanda"

Tiro un sorso bello pieno alla birra, pregando che mi sussurri la risposta da dentro lo stomaco.

"Le scelte sono due. O usciamo di qui insieme, e sta volta sul serio, o usciamo da qui uno alla volta, e la piantiamo con questa storia" riflette Nathan.

Mi mordo la lingua molto forte. Non dovrei essere qui e non dovrebbe esserci in ballo un discorso del genere. Mi sono rovinata con le mie mani. Eppure le parole sembrano non volermi restare in gola.

"Non voglio andarmene da qui senza di te"

Finalmente riesco a girare lo sguardo verso di lui e per la prima volta riesco a vederlo sotto un'altra luce. Non riesco a non intenerirmi se lo osservo, e mi sembra che il mio stomaco stia facendo i salti mortali.

"Neanche io. Voglio essere qualcosa di più per te"

"Tipo?" chiedo, anche se so già la risposta.

Lo vedo fare spallucce.

"Il tuo ragazzo suona così male?"

"Quindi se io accetto, diventerei la tua ragazza?"

"Beh si"

Stiamo parlando di una relazione come si parla di una lista della spesa o di dove andare a mangiare a pranzo. Sono proprio negata.

"Non sarebbe così male" rispondo alla fine. È meglio che io non mi chieda che cosa sto facendo. So solo che voglio stare con lui ora.

Lo vedo cingermi i fianchi e darmi un tenero bacio sulle labbra come se fosse cosa più naturale del mondo.

"Ragazzo e ragazza allora?"

Non riesco a trattenere un sorriso di soddisfazione. È bello avere qualcuno a cui appartenere.

"E ragazzo e ragazza sia"

A WHITE HAIR SECRETDove le storie prendono vita. Scoprilo ora