Nathan
Le parole del piccolo baffuto continuano a risuonarmi nella testa. New York. Me la stanno portando via, e tutto ciò che posso fare è salutarla senza che neanche si ricordi chi sono per lei.
Ieri sera sono dovuto andare a casa dalla rabbia. Avrei volentieri messo le mani addosso a qualcuno, ed ho desistito solo grazie a Scott. Lo so come ti senti, ma capiscimi, sono un padre e ho bisogno di saperla al sicuro aveva detto dopo avermi visto andare su tutte le furie. Non avevo potuto dire niente. Il suo dolore era sicuramente più grande del mio, e probabilmente avrei fatto la stessa cosa nei suoi panni. È solo che ancora non l'ho accettato.
Dopo essermi calmato Scott è venuto a parlarmi, dicendomi che l'indomani sarebbero partiti e che aveva convinto il suo capo a farmi salutare Reel nonostante tutto.
Le ho portato un piccolo regalo d'addio. Se non la rivedrò mai più almeno voglio rimanere nella sua memoria come un ragazzo gentile.
Reel
Sto facendo le valige e stare in piedi per la prima volta dopo giorni mi risulta parecchio faticoso. Mi vogliono portare a New York per curarmi. Forse così riuscirò a ricordare qualcosa.
I ragazzi che mi hanno tenuto compagnia in questi giorni sono venuti tutti a salutarmi, e sembrano parecchio abbattuti. Mi dispiace di non poter ricambiare il loro sentimento. Sembrano brave persone dopotutto.
Il primo che saluto è il ragazzo tatuato che mi ha fatto da insegnante per tutto il tempo.
"Ciao terremoto, quando ti ricorderai di me scrivimi, così ti rompo un po' le palle"
"D'accordo" dico, sorridendo.
Saluto ad uno ad uno tutti i ragazzi presenti nella sala, incluso un piccolo ragazzino dagli occhiali strani dall'aria leggermente nerd.
"Ciao Boss, è stato bello lavorare con te" mi dice, dandomi una placchetta sulla spalla.
Mi sento così a disagio. Vorrei poterli capire. Vorrei provare quello che provano loro. Vorrei poter piangere con loro. È come se non sapessi più chi sono o qual è il mio posto nel mondo. Ed effettivamente è così.
L'ultimo che saluto è Nathan: è rimasto a vegliare su di me per tutto il tempo che ho trascorso qui. È stato uno dei primi visi che ho visto. Non so perché, ma forse dovrei ringraziarlo.
Mi abbraccia forte e per un attimo sembra che stia assaporando il mio profumo. Il suo odore è piacevole. Mi sento al sicuro. È così strano sentire di stare bene con una persona senza conoscerla.
Quando mi stacco ha gli occhi lucidi e all'improvviso mi sento fortemente in colpa. Mi dispiace di non sapere. Vorrei poter capire.
All'improvviso lo vedo tirare fuori dalla tasca un sacchettino blu. Ha il disegno di una specie di frittella sul fronte. La scritta recita waffles.
"Per il viaggio" mi dice.
Il mio sguardo rimane fisso su quel piccolo pacchettino, che nonostante la sua semplicità, come un fulmine a ciel sereno, mi fa uscire dalla bocca delle parole. Delle parole molto precise.
"Un waffle rubato rimane un waffle rubato"
Nel pronunciare quelle parole sgrano gli occhi e la mia mente viene inondata da una serie infinita di informazioni. Milioni e milioni di immagini di susseguono nella mia mente e piano piano il guscio in cui ero richiusa sembra mostrare uno spiraglio di luce.
"Porca puttana!" esclamo, guardandomi intorno, confusa.
Mi annuso leggermente il giacchino.
"Puzzo di ospedale, santo dio, ma che ci mettono sui vestiti quando li lavano, bleah"
"Reel?" chiede Scott, sbiancando e sgranando gli occhi.
"Oh puoi dirlo forte.. EHI SONO TORNATA!" mi stupisco anche io.
Mi guardo in giro e vedo le facce deformate dalla felicità dei miei amici. Vengo circondata da un abbraccio di gruppo, e finalmente mi sento al posto giusto, al momento giusto.
"Oh, bambina mia" mi stringe Scott. So che sta cercando di non piangere. È un piccolo tenerone in fondo.
"Vi sono mancata eh?" chiedo ironicamente.
"Ehm, mi dispiace interrompere, ma è arrivato il momento. Questo di sicuro non cambia le cose. Payn, la macchina è pronta" sentenzia il mio capo, comparso sulla soglia come una chimera.
"Beh se la può tenere la sua macchina!" rispondo, incrociando le braccia.
"Come prego?!"
"Mi sono beccata un proiettile in pancia, sono quasi morta in mezzo ad un incendio e puzzo come il sedere di un bambino pieno di borotalco. Mi merito una vacanza" dico seria.
"Beh, sicuramente avrai dei riconoscimenti per questa missione, ma sei comunque un agente. Gli ordini sono ordini"
"E io mi ordino di rimanere qui" ribatto, strafottente.
"Mmh... Insomma! Non tollero che mi si parli così! Sono venuto in questo buco dimenticato da Dio apposta, e che ti piaccia o no tu verrai con me, ragazzina!" si infervora lui, agitandosi.
Sto per rispondere a tono, ma Scott mi anticipa.
"Un momento, nessuno parla così a mia figlia! Ha rischiato di morire, ed ha tutto il diritto di voler rimanere con i suoi amici e con le persone che ama"
"Un agente dell'FBI ha dei doveri che superano anche questo tipo di emozioni, e lei dovrebbe saperlo bene Scott"
"Ah si? Beh, io non metterò mia figlia al secondo posto per il lavoro. L'ho fatto per troppo tempo"
Detto questo, Scott tira fuori due distintivi e li pianta in mano all'uomo, incredulo.
"MI LICENZIO! E ora se vuole scusarci, mia figlia deve riposare"
Per poco a me non cade la mascella dallo stupore. Non avevo mai visto Scott così arrabbiato.
"Avrete mie notizie, presto!" dice il direttore con una smorfia, andandosene poco dopo.
Un applauso naturale si solleva nella stanza e Scott torna ad essere il solito tutore pacioccone di sempre.
"Okay... Adesso che siamo disoccupati che si fa?" chiedo, sorridendo incuriosita.
Scott mi rivolge un sorriso soddisfatto.
"Ci godiamo la vita" mi risponde, aizzando l'entusiasmo nella stanza, che si trasforma ben presto in un urlo di gioia.
Mentre tutti si abbracciano ed esultano, io mi accoccolo a Nathan, senza dire nulla, se non l'unica parola necessaria.
Grazie.
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A WHITE HAIR SECRET
Romance[COMPLETA] "Domani mattina presto. Mi raccomando, sii discreta" "Discreta è il mio secondo nome" "Si, il problema è che il tuo primo nome invece è bomba ad orologeria" "Cosa vorresti dire?" chiedo, infastidita. "Reel, una volta hai minacciato un...