Capitolo 19- Un pranzo imprevisto

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Sento la voce di Vasco Rossi risuonare nella stanza e inizio ad aprire gli occhi, i quali vengono colpiti da qualche raggio di sole che entra attraverso le tende. Spengo la sveglia e lascio cadere il telefono al mio fianco sul lenzuolo. Allungo un po' le braccia e sorrido, pensando al fatto che tra poche ore andrò alla partita insieme a quello che credo di poter ormai chiamare "il mio ragazzo". Mi alzo dal letto e sento il pavimento freddo a contatto con i miei piedi. Cerco pantofole che sono finite sotto il comodino in mogano e le indosso. Cammino lentamente verso la porta e la apro, per poi attraversare il corridoio, tentando di non fare troppo rumore, non sapendo se gli altri siano svegli o meno. Scendo le scale e l'odore di croissant appena sfornati invade le mie narici. Entro nella sala da pranzo e vedo mia madre seduta al tavolo, con una centrifuga verde in mano, intenta a leggere il giornale.

-Buongiorno, mamma!- Mi avvicino a lei, abbassandomi per poterle dare un bacio e lei mi sorride. Ricambia il mio saluto, continuando imperterrita a sfogliare le varie pagine, probabilmente cercando notizie riguardo una delle sue cause legali. Lei non smette mai di essere avvocato, neanche quando è a casa.

-Signorina Fiamma, cosa posso portarle da bere?- Mi chiede Marika, un'altra delle domestiche, appoggiando sul tavolo il vassoio con i cornetti alla crema, i miei preferiti.

-La mia solita spremuta d'arancia e un caffè, per favore.- Lei annuisce, sparendo dietro la porta della cucina, lasciando me e mia madre da sole.

-Non bevi più la centrifuga?- Mi parla senza neanche alzare lo sguardo ed io ho la possibilità di alzare gli occhi al cielo, per poi addentare un cornetto.

-Almeno la domenica lasciami libera, per favore. Avevo voglia di arancia stamattina! Comunque io tra un'ora me ne vado, perché devo essere allo stadio per l'ora di pranzo: la partita oggi è alle 12:30. Nonno mi ha dato i biglietti l'altro giorno.- Sembra quasi che non mi stia ascoltando, ma a me non interessa particolarmente. Non è rilevante il fatto che non utilizzerò i biglietti di mio nonno e per questo ho evitato di dare troppe informazioni precise al riguardo. In realtà io i biglietti della tribuna li ho, solo che quei posti rimarranno vuoti e la figlia di Totti dovrà fare a meno di giocare con me per questa volta.

-Fiamma, tu non andrai alla partita.- Alzo lo sguardo dal mio piatto, per capire cosa stia dicendo. Marika entra di nuovo nella stanza e appoggia il bicchiere e la tazzina davanti a me, per poi dileguarsi di nuovo.

-Per quale motivo, scusa?- Stringo i pugni sotto il tavolo, evitando di farmi vedere da lei. Perchè deve sempre rovinare tutto? Adesso voglio proprio capire per quale assurda ragione deve sempre mettersi in mezzo, sconvolgendo ogni volta i miei piani. Non sono libera neanche di organizzare un'uscita, perchè lei pianifica tutto senza pensare agli impegni degli altri.

-Oggi vengono Sara e Leonardo a pranzo da noi e tu devi esserci.- Chiaro, no? I genitori di Luca vengono qui a pranzo e io devo essere presente mentre pianificano il mio futuro con loro figlio. Ovviamente ci sarà anche Luca ed io devo rimanere qua con lui, fingendo di trovare qualche argomento di conversazione. Ma poi anche lui tifa per la Roma e vorrà guardare la partita! Però, guardando il lato positivo, avrebbero potuto propormi di andare con lui allo stadio e questa sì che sarebbe stata una versa catastrofe.

-Perché organizzi sempre tutto senza consultarmi? A me non piace Luca: siamo soltanto amici!- Appoggio i gomiti sul tavolo, nascondendo il volto tra le mani. Sospiro alla ricerca di una soluzione al mio problema, anche se credo che non ne esista una. L'unica opzione sarebbe quella di confessare di avere un appuntamento con un ragazzo di San Basilio, che ho incontrato per sbaglio una mattina, quando il mio autista ha deciso di fare una deviazione, e a causa del quale sono scappata di casa per ben due volte, recandomi nel suo quartiere per andare a cercarlo. Questo significherebbe essere rinchiusa in casa fino alla fine dell'anno scolastico e avere l'autorizzazione per uscire dal perimetro della villa soltanto per andare a scuola. Penso per un istante a Niccolò e a quanto sarebbe stato bello vivere una prima avventura insieme, per poi capire che nella mia vita non c'è spazio per queste cose. Fin quando vivrò in questa dannata casa, non avrò il controllo sul mio tempo e sulla mia vita. L'autista serve per controllare i miei spostamenti, la cameriera e il cuoco hanno il dovere di controllare che io mangi a casa, mentre la domestica esamina a fondo le mie lenzuola, alla ricerca di non si sa cosa.

-Fiamma, sono tua madre! Se io ti dico che devi rimanere a casa, tu ci rimani! Chiaro?- Annuisco, zuccherando il mio caffè. Sento dei passi, ma continuo a tenere lo sguardo fisso sulla tazzina.

-Signora Rinaldi, a che ora devo accompagnare Fiamma allo stadio?- E' Alessandro, ovvero l'unico che sa del mio piano e che mi sta reggendo il gioco. Anche se, tecnicamente, io sarei dovuta andare veramente allo stadio... Meglio lasciar perdere, altrimenti ribalto questa tavola e inizio a schiantare tutti i piatti contro la parete, possibilmente rompendo anche qualcuno di quei quadri d'arte moderna, che mi inquietano da quando sono piccola.

-Fiamma ha cambiato i suoi programmi. Puoi prenderti la domenica libera, Alessandro!- Mia madre si alza, lasciando il giornale sul tavolo e aggiustandosi la cintura della vestaglia di seta. Esce dalla stanza senza dire nient'altro e nella sala da pranzo riecheggia il silenzio.

-Vieni con me.- Gli faccio cenno di seguirmi e salgo le scale, per ritrovarmi nel corridoio della mia stanza da letto. -Non ti chiudo dentro l'armadio, stai tranquillo!- Apro la porta, per poi richiuderla una volta entrati entrambi. Prendo la busta bianca dalla tasca del mio cappotto e gliela porgo. -Alessandro, prendi questi biglietti e andate alla partita, per favore.-

-Niccolò non la prenderà bene.- E' tutto quello che dice, dopo essere rimasto in silenzio fino a questo momento. A questo punto avrei preferito fosse rimasto zitto, dato che queste sue parole oltre a mettermi ancora di più di cattivo umore, sono anche inutili, proprio a causa del fatto che non mi aiutano a trovare nessuna soluzione.

-Io ho fatto di tutto. Cercherò il modo di spiegarglielo di persona: non mi piace parlare al telefono.- Scelgo un vestito rosa cenere dall'armadio e lo butto sul letto. Lui osserva ogni mio movimento, camminando per la stanza.

-È questo che io volevo evitare per voi. I vostri impegni non riescono a coincidere!- Non mi volto neanche, perchè in questo momento sono già abbastanza amareggiata. Io sono dell'idea che non abbia senso combattere una battaglia che sei destinato a perdere. Potrei scappare di casa e andare alla partita ugualmente, ma cosa risolverei? Niente, non risolverei assolutamente niente. Fin quando non troverò il coraggio di tagliare i ponti con questo mondo, non avrò nessun'altra scelta al di fuori di continuare ad obbedire alle regole imposte dalla famiglia.

-Ale, farai tardi. Portalo a vedere questa partita!-Continuo a fissare i vari paia di scarpe rosa disposte in ordine in base alla sfumatura, fingendo che tutta questa situazione non mi ferisca neanche. E solo quando sento la porta aprirsi e richiudersi, lascio che le lacrime mi solchino il volto e che il mio corpo scivoli lungo l'anta dell'armadio, ritrovandomi in ginocchio sul pavimento.

Nota Autrice
Povera Fiamma... Non gliene va bene una! E Niccolò come la prenderà? Capirà la situazione oppure giungerà alla conclusione che questa relazione non fa per lui?
A proposito, qualcuna di voi ha comprato i biglietti per il tour del prossimo anno? Fatemi sapere!!

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