Capitolo 21- Il panico infame

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Faccio un respiro profondo, ma proprio quando ho trovato la forza per suonare, la porta di legno scuro si spalanca, presentandomi una scena che avrei preferito non vedere.

Niccolò è in piedi, appoggiato allo stipite della porta. I suoi occhi sono rossi ed ha in mano una bottiglia di birra. Non dice niente ed io lo osservo preoccupata a causa del suo stato. Ogni tanto sembra perdere l'equilibrio e barcolla, per poi riprendersi poco dopo, grazie al sostegno della maniglia.

-Niccolò...- Cerco di accarezzargli i capelli, ma lui si scansa, indietreggiando di un passo. Rimango malissimo a questo suo gesto, ma non posso negare di essermi comportata molto male.

-Ecco la Stella dei Parioli che se la fa con quello stronzo in moto.- Beve un sorso di birra e tossisce. Come fa ad avermi visto con Luca qui sotto? Forse sperava che venissi a trovarlo e stava a fissare la finestra...

-Nic, mi ha solo accompagnata da te.- Gli spiego, facendo cenno al fatto che Luca mi ha tolta dai guai con mia madre e si è offerto di darmi un passaggio fino a San Basilio, per giunta senza chiedermi nessuna spiegazione.

-Ti ho vista dal terrazzo. Speravo di poter fumare una sigaretta in santa pace, ma non avevo calcolato che nel biglietto fosse compreso anche un bellissimo spettacolo teatrale, in cui quel viziato del cazzo ti baciava la guancia. Menomale si è fermato alla guancia... Fiamma, ho visto come lo guardavi...- Si massaggia le tempie, rischiando quasi di far cadere a terra la bottiglia di vetro, cosa che per fortuna non accade.

-Nic, te lo ripeto. Mi ha solo accompagnata in moto, perché Alessandro, come sai, ha la giornata libera e le corse degli autobus hanno orari ridotti.- Siamo ancora fermi sullo soglia della porta e questa situazione mi mette molto in difficoltà, soprattutto per il fatto che qualcuno potrebbe salire o scendere le scale e quindi anche sentire la nostra conversazione.

-Chi ti ha detto dove abito?- Lo spingo dentro casa e lui non oppone resistenza, dato che è troppo ubriaco anche solo per rendersene conto. Chiudo la porta dietro di me, facendo tremare un vaso di ceramica su una mensola.

-Alessandro.- Rispondo, rimanendo ferma all'ingresso, mentre lui continua a guardare nel vuoto.

-Avrei dovuto immaginarlo. Ma dimmi... Cosa ci fai qua di preciso? Vuoi raccontarmi come è andato il pranzo con il tuo amichetto?- Improvvisamente sembra riprendersi e trascina i piedi fino alla cucina, appoggiandosi più volte alla parete, alla ricerca di un sostegno per non cadere.

-Mi dispiace per la partita! Io ci ho provato, Nic!- Affermo, provando di nuovo ad avvicinarmi, ma lui non sembra essere dell'umore giusto.

-Te ci provi sempre, ma non ci riesci mai!- Batte i pugni sul tavolo dove aveva messo la bottiglia di vetro poco prima, la quale rotola sul legno a causa dell'urto e cade a terra, frantumandosi.

-Niccolò, non so più come spiegarti che non sono libera di decidere tutto.-

-A me sembra che non tu sia libera di decidere niente.- Alza lo sguardo su di me e i suoi occhi arrossati sembrano volermi ferire. I capillari più visibili del solito sembrano rappresentare tutto il sangue che ha versato il suo cuore spezzato.

-Non mi sembra di aver chiesto il permesso a mia mamma per baciarti o per venire qui!- Ribatto, aspettando una risposta da parte sua. Continuo ad essere convinta di poter fare di più, ma è molto difficile e devo cercare di fare un passo alla volta con la mia famiglia per evitare di rovinare tutto in partenza.

-Infatti mi hai stupito.- Ammette, facendo un mezzo sorriso, pensando probabilmente a quanto lui oggi abbia sperato di sentirmi suonare al suo campanello.

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