Capitolo 48- Meglio le gomme o le Marlboro?

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Sono seduta ad uno dei tavolini del bar della clinica e davanti a me c'è un cappuccino, probabilmente ormai freddo. Osservo la schiuma del latte macchiata in qua e in là dal caffè e mi chiedo come i baristi riescano a creare quello strano vortice beige e bianco in modo così perfetto. Niccolò è al mio fianco, ma a differenza mia non sembra aver perso l'appetito, in quanto ha mangiato due cornetti nel giro di cinque minuti. Credo che lui sia uno di quelli che affogano il dolore nel cibo, mentre a me accade l'opposto: la mia fame viene risucchiata dagli eventi negativi. La mia schiena è appoggiata allo schienale della sedia, tanto da avere la sensazione di ribaltarmi da un momento all'altro. La mia testa è molto più pesante del solito e le tempie mi pulsano talmente forte, che mi sembrano pronte ad esplodere. Sono circa le sei del mattino di sabato 23 dicembre, ovvero più o meno l'ora in cui di solito mi sveglio per andare a scuola. Sto sperando di sentire il rumore della sveglia da un momento all'altro, ma questo dolore, che sento dentro, è troppo reale per essere parte di un sogno. A quest'ora di mattina i clienti del bar sono principalmente quei medici ed infermieri, che hanno fatto il turno di notte, e poi ci siamo io e Niccolò, che siamo qua da circa un'ora, senza proferire parola.

Improvvisamente un forte trambusto nell'atrio della clinica rompe il silenzio creatosi. Solo queste forti grida e il rumore di alcune barelle riescono a distogliere il mio sguardo dal vuoto ed a farmi alzare il gomito dal bracciolo destro della sedia. Mi volto indietro, osservando ciò che sta accadendo al di là della vetrata del bar. Mi alzo in piedi di scatto, vedendo una barella con tre paramedici intorno, vestiti di giallo e celeste, ed una ragazza di qualche anno più grande di me. Mi avvio verso l'atrio, cercando di capire cosa sia successo, e Niccolò mi segue preoccupato per la mia reazione. Non saprei spiegare il motivo per cui io sia balzata in piedi, dato che non ho idea di chi sia quel ragazzo sulla barella, ma è come se io rivedessi mio nonno su ognuna di esse. Rimango immobile in mezzo alla sala e riesco a captare qualche informazione dai discorsi dei vari infermieri, per poi capire che il ragazzo ha appena avuto un incidente sul raccordo, ovvero la stessa strada su cui eravamo noi circa otto ore fa. Saremmo potuti essere lì, al posto suo su quella barella... Il mio sguardo si perde nel vuoto ancora una volta, fin quando sento le braccia di Niccolò stringermi da dietro. Il nostro abbraccio viene interrotto dall'arrivo del maggiordomo dei miei nonni, il quale si è precipitato appena ha saputo.

-Signorina Fiamma, suo padre è appena partito con urgenza dall'aeroporto di Venezia. Dovrebbe arrivare tra un paio d'ore al massimo.- Mi informa ed io sospiro, non avendo le forze per domandarmi la ragione per cui papà non abbia chiamato me oppure la nonna. Accendo lo schermo del cellulare, per assicurarmi di non avere chiamate perse, ma come avevo immaginato, mio padre non cambierà mai.

-Grazie, Giorgio.- Sussurro, trovando da qualche parte l'energia di proferire parola. Gli faccio un leggero sorriso di riconoscenza, vedendo nei suoi occhi tutta la sua desolazione ed il suo dispiacere per la disgrazia, che ha appena colpito la famiglia ed il personale.

-Sono arrivati dei giornalisti. Devo chiamare il responsabile delle relazioni pubbliche dell'azienda?- Indica con la mano sinistra, essendo mancino, la porta d'ingresso della clinica, fuori dalla quale i giornalisti sono almeno il doppio di qualche ora fa, in quanto, come era presumibile, la notizia si è diffusa.

-In questo momento non so neanche io cosa sia meglio fare, però credo sia opportuno chiamare Lorenzo.- Mi passo una mano sul volto e sugli occhi: tanto non c'è più il rischio di sciupare il mascara, dato che quel poco che c'era è stato portato via dalle lacrime.

-Va bene, signorina.- Tira fuori il telefono dalla tasca, iniziando la ricerca del numero di uno dei più grandi consiglieri di mio nonno, ma io lo interrompo per un attimo, richiamando la sua attenzione.

-Ah, Giorgio! Per qualsiasi cosa parla con me: mia nonna non è in condizione.- Lui annuisce comprensivo, per poi allontanarsi di qualche passo per poter telefonare, lasciandomi ancora una volta da sola con Niccolò.

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