Capitolo 25

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Capisco subito che si tratta di lui.
Vedo spuntare la sua testa in una cavità vuota della parete di rami e foglie.

Il cuore mi batte all'impazzata e non riesco a fermarlo. Resto ferma a prendere fiato dopo questo attimo di shock.

"Ciao piccolè!"

Sento una mano sfiorarmi la spalla e dunque mi giro di scatto. È così incredibilmente perfetto in ogni suo singolo particolare. Lo osservo spaesata per qualche secondo. Mi sento imbarazzata come non mai, allora senza pensarci due volte lo abbraccio e ne approfitto per ingoiare il magone.

"Ehi" sento la sua voce così vicina a me, attaccata.

Respiro nuovamente e poi mi stacco.

"Come stai?" lo anticipo.

"Diciamo bene, te?"

"Normale" rispondo.

Si leva i ray-ban e li aggancia alla maglietta.

"Sediamoci qua" dice alludendo al lungo muretto alle mie spalle.

"È bellissimo questo posto" dico cercando di apparire tranquilla, ma la voce tremante mi tradisce.

"Anche a me piace molto, da bambino venivo sempre qui quando volevo stare da solo, e pensavo"

Mi immagino un piccolo Niccolò seduto su questo muretto mentre pensa. Chissà a cosa. Chissà se si fosse mai immaginato di arrivare fin questo punto, fino a dover rifugiarsi qui per non farsi riconoscere dalle persone.

"E ci vieni ancora?" continuo io.

"Sì... Ogni tanto mi capita, ma non spesso, e soprattutto non ci posso più venire da solo"

"Ci credo"

"Non posso neanche più girare da solo nel mio quartiere" dice tristemente.

Ho perso il conto delle interviste di Niccolò che ho guardato. Ho osservato che in ognuna di esse, mentre parla,  non riesce mai a guadare dritto nella telecamera oppure negli occhi del giornalista, bensì osserva sempre un punto in alto o alla sua destra. Al contrario, ora mi accorgo che mentre parliamo riesce a guardarmi. Che sia una questione di imbarazzo o disagio? L'unica cosa sicura è che se mi guarda vuol dire che con me si sente sicuro. E più lui lo fa più io mi sento innamorata, e questa cosa mi pesa, me ne sto rendendo conto.

"Su questo punto di vista non ti invidio per niente, io sarei impazzita dopo due giorni" dico.

Wow, sono riuscita a formulare un periodo formato da ben due proposizioni, davanti a lui.

"Sì, hai ragione è un po' pesante, ma ci si fa l'abitudine, poi al massimo se mi stanco di sta situazione prendo un aereo e vado dall'altra parte del mondo, e li chi mi conosce" dice guardando il cielo con aria sognante.

"Giusto" dico accennando una risatina spontanea.

Segue un momento di silenzio in cui mi curo di non guardarlo negli occhi per evitare di creare imbarazzo, anche se io già ci sono.

"Come va la ferita?" dico per rompere il silenzio.

"Meglio, prendo degli antidolorifici e non sento praticamente più niente... Certo, mi rimarrà un bel segno" dice lui un po' scoraggiato.

"Un nuovo tatuaggio... gratis" dice poi e mi fa ridere. Le mie risate con lui sono diverse, non partono dal cervello ma dal cuore, che automaticamente aumenta di battito cardiaco.

"A te piacciono i tatuaggi?" dice poi cogliendomi di sorpresa.

"I tuoi sì" rispondo senza pensarci due volte, in tono affermativo.

Accenna un sorrisino timido abbassando la testa, un cucciolo indifeso. Oltre al cuore prima o poi mi cadranno anche gli occhi, i miei poveri occhi che da quando sono costretti a guardarlo sono più pesanti. Il suo sguardo pesa più di qualunque altro, e infatti non riesco a mantenere vivo il nostro contatto visivo più di cinque secondi.

Appena lo vedo così continuo il discorso.

"Comunque in generale il tatuaggio mi piace, ma solo se ha un significato, se è solo per disegnarsi la pelle non mi piace."

"Sì sono d'accordo".

"I miei genitori sono super contrari, ma quando sarò maggiorenne uno piccolino mi piacerebbe farlo"

Mi stupisco da sola di come le parole escano così dalla mia bocca, fino a poco tempo fa appena lo vedevo non riuscivo a trattenere le lacrime, e di spicciare parola non se ne parlava.

"Mh... brava"

La conversazione sui tatuaggi finisce e aspetto che continui lui a parlare, perché io non saprei proprio cosa dire.

"Senti ma... come sei venuta qui?"

"Con il taxi"

"Da sola?" dice lui un po' sbigottito.

"Sì, era l'unico modo"

"Ma... Non ti poteva accompagnare qualcuno?" dice, e io leggo nei suoi occhi un poco di insicurezza nel pormi questa domanda.

"No perché ai miei non gli ho detto che venivo qui con te"

"Come no?" ribatte tenendo però un tono di voce bassa.

"No, non ce l'ho fatta.... perché sapevo che loro o non non mi avrebbero lasciata venire, oppure lo avrebbero spifferato a qualcuno, ma tranquillo è tutto sotto controllo"

"Va bene, come vuoi tu" dice, ma nel suo sguardo leggo ancora un po' di preoccupazione.

Un altro attimo di silenzio.

"Riguardo a quella cosa" dice ad un certo punto mentre compie un profondo respiro.

Capisco subito a cosa si riferisce ma fingo non aver afferrato tramite una faccia interrogativa.

"Quella cosa del mostro, come lo chiami te"

Se lo è ricordato, potrei impazzire.

Per non piangere mi viene da ridere.

"Perché ridi?" dice lui.

"No niente.... Dicevi?" dico spegnendo il sorriso.

"Hai capito che si è inventato tutto no? A parte l'incidente della figlia, quello è vero... Secondo te io vado a bere al parco, dove mi potrebbero vedere tutti?"

"No infatti... Io non l'ho mai creduto. Poi tu mi avevi già raccontato la verità e nelle condizioni in cui stavi, come avresti fatto ad inventare tutto?"

Resta in silenzio e annuisce.

"Che bastardo mamma mia" finisce.

Ripenso al suo nome nelle visualizzazioni della mia storia, ma non dico niente.

"A me dispiace solo per te che hai ricevuto insulti per una cosa che non hai fatto, la gente poi crede a tutto pur di creare scoop"

"Eh sì"

Lo vedo rimuginare in silenzio.

"Sono sempre d'accordo con te, è incredibile" dice subito dopo.

Non so perché ma questa sua affermazione mi causa imbarazzo. Se ci intendiamo vuole dire che siamo simili, e io che eravamo simili lo sapevo. L'ho sempre saputo.

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Ciao ragazzi vi sta piacendo la storia? Grazie di tutto sempre 💙 V.V.B.

-Sofia

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