Capitolo 11

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Arriviamo al parcheggio dell'ospedale e Angelo si ferma al centro della strada, senza cercare posto. Appena sento il rumore del freno a mano, alzo delicatamente la testa di Nic dalle mie gambe e dopo essermi scansata la appoggio al sedile.

"Ce l'abbiamo fatta Nic"

Apro lo sportello e mio fiondo fuori dalla macchina per chiamare immediatamente i soccorsi. Fermo un'infermiera che sta passando davanti a me.

"Un ragazzo è ferito gravemente, da una pistola, è in quella macchina!"
urlo tutto di un fiato

"Arriviamo subito!"

"Grazie"

Tiro un sospiro di sollievo e torno di corsa da Nic. Anche Angelo ora è sceso dall'auto.

"Niccolò stanno arrivando"

Fatica ad alzare lo sguardo verso di me. I suoi occhi sono distrutti dalla stanchezza e dalla fatica. Consumati da questa giornata in cui sarebbero dovuti essere solo strizzati dai sorrisi.

Vedo che prende l'iniziativa di alzarsi facendosi forza con le braccia, ma intanto compiendo consecutive smorfie di dolore tra i gemiti silenziosi.
Aiutandosi con le braccia si avvicina al bordo del sedile e nello stesso momento vedo arrivare di corsa una barella trainata da tre infermieri. La scena mi impressiona un po'.

Una volta che la barella arriva alla macchina Niccolò viene caricato su di essa.

"Ciao Nic!"

Urlo con voce strozzata quando la barella sta per allontanarsi. Poi inizia a sfrecciare velocemente in direzione dell'entrata dell'ospedale. Prima di seguirla mi rivolgo ad Angelo.

"Lei è stata veramente un angelo, il nostro angelo custode, posso abbracciarla?"

"Certo che puoi" dice con il sorriso e io lo abbraccio.

Ha la faccia da buono e a anche addosso un buon odore, cosa alquanto strana per un contadino. In quel momento mi sorge il dubbio che non sia veramente un angelo.

"I miei genitori saranno qui a momenti, hanno una Mercedes Grigia, io entro e cerco di capire cosa faranno a Niccolò... Grazie ancora"

Detto ciò mi giro e inizio a correre verso le porte dell'ospedale. Anche se sono sfinita devo capire dove lo stanno portando e sapere cosa gli faranno. Dopo aver spalancato le porte mi rivolgo al primo infermiere che trovo nel corridoio.

"Mi scusi sa dove hanno portato il ragazzo che è appena passato in barella con una benda sulla pancia?" dico ad alta voce sempre tutto di un fiato.

"Sì stai tranquilla... Lo stanno portando in sala operatoria.. Ma starà bene sicuramente"

"Come in sala operatoria!?" ora sto urlando.

"Non è codice rosso ma ha perso troppo sangue e devono ricucire le ferita"

Anche se me lo immaginavo, a questa affermazione il mio respiro si fa sempre più corto e pesante. Inizio a vedere sfocato e il mio corpo a perdere le forze sempre più velocemente.

Poi di nuovo il buio.

-

Un piacevole silenzio alleggia nel posto in cui mi trovo al mio risveglio.

Apro gli occhi, riconosco il soffitto grigio dell'ospedale e scopro di essere sdraiata su un letto. Poi sento un pizzicorio al polso e quando lo guardo capisco il motivo: la flebo. Nella mia vita è la prima volta che mi viene attaccata la flebo, fortunatamente non mi sono mai ammalata, a parte qualche influenza passeggera.

Si ama ciò che non si ha || UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora