Capitolo 6

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Bahm.

Lo sento di nuovo. Un colpo. Poi un gemito. Lentamente apro gli occhi ma vedo poco e niente a causa della mancanza di una fonte di luce.

"E questo era per mia figlia"

Riconosco lo voce di quell' essere viscido che ha causato tutto. Poi sento dei passi e li sento farsi sempre più lontani. Poi non sento più niente. Sono ancora a terra e dolorante cerco di rialzarmi. Un'altro gemito. Questa volta è più intenso e riconosco la sua voce. È Niccolò.

Mi alzo di scatto, ma non riesco a tenermi in equilibrio a causa del dolore acuto alla tempia e le orecchie che mi fischiano. Allora mi metto a gattoni e alzo lo sguardo. Finalmente lo vedo. È a pochi metri da me. È appoggiato con la schiena alla parete di questo ignoto posto in cui ci troviamo. Lo raggiungo, ma quando sono vicino a lui mi crolla il mondo addosso.

Con le mani si tiene premuto il fianco sinistro, da dove sgorga sangue. Non so assolutamente cosa fare e dove mettermi le mani, che vanno automaticamente tra i capelli e il respiro comincia a farsi più pesante. Anche se non mi è mai capitato, temo proprio di avere un'attaco di panico.

Non riesco a comandare il mio corpo, che autonomamente si accascia su di un lato tra i singhiozzi che non mi permettono di respirare bene.

Non posso ora. Non posso. Devo alzarmi.

"Ehi bimba"

Una fitta mi taglia il petto in due. Non riesco ancora a muovermi.

"Stai tra...tranquilla, no...non è grave"
Sussura Niccolò dolorante.

Cerco di compiere grandi respiri e dopo vari tentativi riesco nel mio intento e mi tiro lentamente su.

"Guardami"

La sua voce mi spezza, la stessa voce che sento ogni giorno nelle cuffiette del telefono e che fino a poco tempo fa rideva e scherzava, adesso mi uccide. Alzo gli occhi ma l'immagine di Niccolò Moriconi, del mio sogno la parte migliore, in questa situazione non riesco a reggerla.

Sofia devi fare qualcosa. Devi aiutarlo, non puoi restare qui a piangere come una bambina.

"Siamo soli, se...se ne sono andati"

A queste parole decido di reagire. Faccio un respiro profondo. Mi asciugo le lacrime e lo guardo negli occhi.

Tutto questo è assurdo. Ho sempre sognato di passare del tempo con lui, ma mai avrei voluto finire per trovarmi in una situazione simile, con il mio idolo di fronte a me. E gli hanno appena sparato.

Guardo la sua ferita.

"Ti fa male?" dico tra i singhiozzi.

"Sì"

Faccio un'altro respiro profondo. Vederlo provare dolore mi trafigge il petto come una spada.

"Fammi vedere"

Lentamente leva le mani dal fianco sinistro e tremando alza la maglietta dalla ferita. Ora riesco a vederla ma c'è poca luce e non ne comprendo la profondità.

"Non ci vedo è troppo buio"

Mi guardo intorno per la prima volta. Ci troviamo in una sorta di casale abbandonato e vuoto. Lo capisco dall'alta struttura in legno e dal soffitto triangolare. Vedo un fascio di luce uscire dal lato del casale. È una porta. È aperta. Mi alzo e, barcollando per il dolore alla tempia e alle ossa, mi dirigo il più velocemente possibile in direzione della porta. La apro con facilità e il casale si illumina. Vorrei vedere cosa c'è fuori ma prima devo pensare a lui.

Torno da Niccolò e mi inginocchio di fronte a lui che si sta ancora tendendo alzata la maglietta per evitare il contatto con la ferita. Ora la vedo meglio. Il sangue mi ha sempre molto impressionata ma ora il suo sangue non mi fa più paura.

La guardo più attentamente. Il proiettile non sembra esserci. Sposto lo sguardo verso destra e lo vedo a terra a circa un metro da noi. Deve averlo sfiorato procurandogli un lungo taglio mischato ad una bruciatura orizzontale, all'altezza del bacino. La ferita dunque non deve essere troppo profonda ma la quantità di sangue che perde, che è sparsa su tutto il bacino, la fa sembrare molto più grave di quello che è.

Devo solo fermare il sangue. Mi serve del tessuto.

"Niccolò"

"Aaahh, mi fa malissimo"

Le lacrime cominciano ad uscire dai suoi occhi e di conseguenza anche dai miei. Li stringe forte.

"Niccolò... mi serve la tua maglietta"

A questo punto li apre lentamente  e mi guarda. Ma io non riesco più a guardare i suoi.

"Devi levartela, la tua è più grande e mi serve per fermare il sangue"
Dico singhiozzando.

"OK"

Afferra con le mani tremanti l'estremità della maglietta e comincia adagio a tirarla su e poi a sfilarla. Cerco di non farmi distrarre dal suo corpo nudo e dai tatuaggi anche se questa vista mi toglie il fiato. Mentre allunga le braccia per finire di levarsi la maglietta geme ancora di più per lo sforzo. Mi da la maglia e rimane in bermuda. Io la afferro all'instante e la arrotolo come per formare una fascia.

"Ora farà un po' male, mi dispiace Nic"

Ha gli occhi chiusi. Prende fiato con il naso e lo butta fuori con la bocca. Sento il suo respiro sfiorarmi il viso causandomi un brivido improvviso. Le mani sono piantate a terra e con le unghie sgraffia il pavimento.

Passo la benda improvvisata intorno alla sua vita partendo dalla schiena e poi con decisione e coraggio faccio un nodo stretto all'altezza del tatuaggio raffigurante il dito medio, al centro della pancia.

Niccolò emette un gemito fortissimo contorcendo tutto il corpo in seguito al contatto della benda con la ferita. Non lo avevo mai sentito urlare in questo modo. Mette ribrezzo e pena. Continua con ordinari e brevi lamenti che vanno in contemporanea con i suoi respiri.

"Scusa Niccolò, era l'unico..." i miei singhiozzi si fanno più intensi.

Vengo interrotta dalla sua voce.

"Grazie"

Rimango stupita. Ora riesce a respirare più lentamente. Apre gli occhi e cerca il mio sguardo. Vede le lacrime sul mio volto. Adesso anche io lo guardo negli occhi. Poi lui sposta lo sguardo verso il basso e avvicina la sua mano destra alla mia. Lo assecondo e avvicino la mia tremante. Noto che non ha più nessun anello al contrario di quanto ho visto durante il raduno. Le nostre dita si sfiorano e poi lui stringe forte la mia mano per far smettere il tremolio.

"Come ti chiami?"

La sua voce è più rilassata e questo mi fa stare meglio.

"Sofia" rispondo.

-
Ciao ragazzi, vi sta piacendo la storia? Mi tremavano le mani mentre scrivevo questo capitolo.
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-Sofia

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