Capitolo 28

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Niccolò lascia la presa e io, cercando di contenere l'entusiasmo, vado diretta verso il cestino e butto la coppetta di cartone del gelato.

Ancora non riesco a capacitarmi del tutto di essere in un parco con Niccolò Moriconi, colui che fino ad una settimana fa era per me così lontano e incompatibile. Faceva parte del mio sogno, anzi era il mio sogno. I suoi occhi, che adesso mi stanno guardando, erano (e sono) il mio desiderio più grande; la sua bellissima mano tatuata, che mi ha appena stretto il polso, era il mio sogno. Sentire la sua voce riecheggiare dal vivo nelle mie orecchie, solo nelle mie orecchie, era tutto quello che volevo. Ma è sbagliato, sono qui per una coincidenza bruttissima e bellissima allo stesso tempo, ed è proprio questo il problema, non dovrebbe essere bellissima. Grazie al fatto che Niccolò ha ricevuto un proiettile nel fianco, ora io sono felice come non mai, e per questo mi sento in colpa.

Appena torno indietro mi siedo un po' più lontano da Niccolò rispetto a prima.

"Allora?" è la sua voce.

"Allora cosa?" chiedo facendo la vaga, per sentirmelo dire un'altra volta.

"Ti posso accompagnare a casa?" dice con un finto tono arrabbiato.

Faccio un respiro profondo e mollo la presa, cosa che aspettavo di fare dall'inizio della discussione.

"Certo che puoi... Mi dispiace solo che devi fare tutta quella strada, ad andare e tornare è quasi un'ora"

"Tanto guida Cassio"

Rido senza riuscire a trattenermi.

"Povero Cassio" dico tra una risatina leggera.

Subito dopo lo vedo spegnere il sorriso, senza capire il perché. Fino ad adesso abbiamo riso e scherzato, ma lui all'improvviso ha messo il muso.

Un po' lunatico il ragazzo.

Non parla più e io inizio a preoccuparmi.

"Posso farti solo un favore?"

Ora la sua voce è bassa e ha indossato un espressione seria, quindi aspetto che continui per capire dove vuole arrivare.

"Tanto non potrò mai ricambiare quello che hai fatto tu... Pure se te ne facessi cento"

Amo il suo modo di parlare, perché ha un linguaggio abbastanza ambito, quindi parla bene ma con l'accento Romano, che anche se è lo stesso che ho io, amo particolarmente.

A quelle parole mi viene l'istinto di trattenere le lacrime, le anticipo respirando e ingoiando il groppo che aveva quasi raggiunto l'ultimo piano della mia gola, quindi lo rispedisco al piano terra.

"Va bene ok" dico dopo essermi quasi ripresa.

"Però ho fatto un casino, e mi dispiace che così ti ho incastrato pure a te"

"Io ne e ho combinate di peggio tranquilla"

Devo dirglielo, devo assolutamente dirglielo.

Dopo aver riflettuto su cosa dire mentre mangiavo il gelato provo ad avvicinarmi all'argomento.

"Quando mi hai invitato non sapevo veramente dove mettermi le mani"

Inizio guardandomi i piedi, no non ce la faccio a guardarlo in momenti così.
In questo modo non riesco nemmeno a capire come la stia prendendo, ma forse è meglio, non mi blocco.

"Ma volevo solo riuscire ad arrivare qui senza pensare a dopo, non lo voglio dire ai miei proprio perché poi finirà tutto e ciao" dico sicura di me, continuando a guardando a terra.

"Come ciao" dice stupito a voce bassa.

Mi stupisco anche io di cosa ha appena detto e mi immobilizzo.

"Io mica voglio che finisca"

Ecco, questo proprio non ci voleva.

Non so come reagire a ciò che è appena uscito dalla sua bocca. Sono del tutto scioccata. In un secondo realizzo che tutto questo potrà andare avanti, e che mi sbagliavo, forse non dipende da lui, ma da me.

Dovrei essere felice o triste? Dovrei essergli riconoscente o arrabbiata?

La verità è che mi dovrei interrogare su troppe cose, sia su di lui che su di me. Un'altra verità è che non ci sarebbe risposta a qualunque di queste domande. L'unica risposta è che è tutto un errore, un grande errore.

"Vabe... Nemmeno io lo voglio" dico in voce bassa e strozzata.

"È che.... dopo quello che è successo, non riesco a sentirmi bene con nessuno... Apparte te" con diverse interruzioni riesco finalmente a dirglielo.

Si mette una mano tra i capelli e osserva un punto a caso, come se ragionasse.

"Beh, anche io sto bene con te" dice a bassa voce rimanendo nella stessa posizione.

Segue un lungo momento di silenzio, il più duraturo fino ad ora, in cui non ho il coraggio di aprire bocca e non ho parole adatte. Non volevo creare così tanto scompiglio, volevo solo essere sincera con lui, ma non posso sapere se anche lui lo è stato con me, magari era solo per dire una cosa carina.

"Vabè... Per ammazzare il tempo... Ti va di salire un po' a casa mia? Voglio farti vedere delle cose"

Eh no, questo ragazzo non ci pensa proprio a quello che dice.

Solita storia: rossa come un peperone, cuore a mille e gambe che tremano.
Con le braccia me le blocco, mentre cerco qualcosa da dire.

"Se non fossi stato tu sarei già scappata" dico scherzando ma sinceramente.

Sgrana gli occhi e poi li abbassa.

"Hai ragione, è che a volte mi scordo che hai quindici anni" dice ridendo sotto i baffi.

Almeno questo vuol dire che si ricorda che ho quindici anni.

Non riesco comunque a capire dove vuole arrivare.

"Sei troppo matura per averci quindic'anni"

"È un complimento?" chiedo sorridendo automaticamente.

"Penso di sì"

"Ah, allora grazie" finisco a bassa voce.

Si schiarisce la voce e poi torna a parlare.

"Dicevo... Se ti va puoi venire a casa, ti faccio vedere un po' di cose mie, tanto ormai mi posso fidare di te no?"

"Certo" dico sorridendo leggermente.

So che mi sto facendo del male. So che sto facendo la cosa sbagliata. So che non sto ragionando col cervello ma col cuore, e il cuore è un ragazzetto immaturo.

"Allora andiamo?" dice muovendo la testa.

"Mh sì"

Ci alziamo ed esco per prima dal nostro nascondiglio, poi esce anche lui e ci incamminiamo in silenzio verso l'uscita del parco, che si trova a circa cento metri.

"Giù!" è la voce di Niccolò che dopo appena qualche metro mi fa prendere un infarto, ed ecco che sento la sua mano afferrarmi di nuovo il polso.

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Ciao ragazzi come va? Scusate se non ho pubblicato ieri, ma wattpad mi ha cancellato il capitolo e ho dovuto riscriverlo, che rabbia.
Comunque V. V. B ☀

-Sofia













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