I get along without you very well - 1

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10 agosto 2066, sera. 

"La cattura di Abdim Lobacev è stata tutto fuorché semplice. Il maledetto continuava a fuggire tra la folla del centro commerciale Pyramid, su Callisto. Prendere la mira con la pistola mentre centinaia di persone mi passavano davanti, come se non vedessero quanto io fossi impegnata nel ristabilire una parvenza di ordine pubblico, è stata la cosa più frustrante della mia carriera. 

Fortunatamente sono riuscita ad inseguirlo fino al tetto dell'edificio, e lì non c'era nessuno a bloccarmi la visuale. Lobacev era disarmato (incredibile, no?) e cercava di nascondersi dietro quelli che sembravano dei container. Ha anche contemplato l'idea di suicidarsi e buttarsi di sotto, ma sono riuscita a fermarlo appena in tempo, ferendolo ad una gamba e impedendogli di correre come un pazzo furioso verso il vuoto. L'uomo era colpevole di spaccio di droghe sintetiche. 

Si recava alla pescheria del centro commerciale per poter acquistare un paio di trote bicefale, per poi farcirle in separata sede con le sue pasticche speciali. Di solito aspettava il suo cliente in un luogo appartato, sedendosi sulle panchine riservate agli anziani, per poi affidare il puzzolente bottino al drogato di turno. Si faceva pagare discretamente. A proposito di soldi, la sua taglia non era esattamente succulenta, ma stasera voglio cucinarmi un bel filetto di pesce arrostito in suo onore".

Miriam finì di scrivere la pagina del taccuino ammirando le stelle di fronte a sé, facendo un grande sospiro; era soddisfatta. Rilesse le parole un paio di volte, distrattamente, mentre da un lato fuoriusciva il biglietto che le aveva scritto Spike qualche giorno prima.

Appoggiò il blocco di fogli di carta sul cruscotto e si avviò verso la cucina. Era minuscola, ma funzionale. "Da single" si ripeté Miriam, avviandosi verso il piccolo frigo e tirando fuori uno splendido filetto di salmone arancione, ancora incartato. Lo adagiò su una padella sfrigolante d'olio, aggiungendo poi delle erbe aromatiche. Accese anche la ventola, giusto per far areare l'ambiente. Mentre aspettava che il pesce si cuocesse, si mise a lavare a mano qualche stoviglia, fischiettando. 

Era di ottimo umore quella sera; non solo per la riuscita cattura di un ricercato, ma Miriam sentì che, in generale, le cose le stessero andando bene. Una sensazione assolutamente generica e ingiustificata, una felicità immotivata che la tirava su. Sentiva l'acqua fresca e limpida accarezzarle dolcemente le mani, mentre lei strofinava energicamente la spugnetta ricolma di detersivo contro la superficie di un piatto di porcellana.

Mancava poco più di una settimana al fatidico "appuntamento" al casinò.

"No Miriam, non ci vai" si ammonì, dando nuovamente attenzione al pesce, girandolo. 

Aveva scherzato un po' troppo al lungo col fuoco e si era già scottata una volta: la ferita sul suo braccio era la testimonianza di un gesto a dir poco avventato. E poi, bastava veramente un bad boy dal bell'aspetto per farle dubitare dei suoi sani principi?

Una succulenta crosticina si era creata dalla parte delle squame. L'acquolina in bocca era difficile da contenere. 

- Chiamata in arrivo da "Ganimede, casa" - annunciò la voce robotica, con tono assolutamente neutro.

La ragazza si avviò a grandi passi verso la cabina principale, mentre il profumino della cena la seguiva da una stanza all'altra. Era da qualche tempo che non chiamava la madre, quindi si aspettava una telefonata da lei.

- Ehi Ma' - rispose Miriam, sedendosi davanti al manubrio dorato. Si mise a gambe conserte e stiracchiò le braccia verso l'alto, come se stesse praticando dello stretching. Il suo tono di voce era allegro, impaziente di avere notizie da casa.

- Tesoro, ciao - disse Kamila. Il primo dettaglio che saltò all'occhio di Miriam fu il labbro inferiore della madre: era incredibilmente rosso e morsicchiato. Era un vizio che aveva anche lei e che la madre aveva cercato di reprimere.

La ragazza sentì una strana agitazione salirle in corpo. Si inclinò in avanti con la schiena, mentre dei brividi le percorrevano le braccia. Quasi per inerzia, le sue mani incominciarono a tremare.

- È la nonna? - chiese lei, deglutendo con fatica. 

- No... non solo, almeno - fece la madre, scuotendo lievemente il capo. "Non solo?" pensò Miriam, inarcando il sopracciglio destro.

La ragazza prese immediatamente controllo dell'astronave, annullando il pilota automatico. Spinse i propulsori alla massima potenza consentita, dirigendosi verso il gate più vicino.

- Arrivo a "Ganimede, casa" tra due ore e trentacinque minuti - disse la voce metallica del computer di bordo. 

- Perché non solo? - chiese Miriam alla madre, mentre teneva il manubrio con entrambe le mani in una stretta a dir poco ferrea. Sentiva del sudore bollente scendere lungo il collo.

Kamila aveva uno sguardo vuoto, perso nei suoi pensieri. Sembrava non aver sentito affatto la domanda della figlia e continuava a mordersi le labbra, con insistenza.

- Mamma? - fece ancora Miriam, controllando l'inclinazione delle ali e modificandola. 

In cucina, il pregiato filetto di salmone iniziava progressivamente a bruciarsi. L'odore giunse alle sue narici, ma lei non se ne occupò.

- È ... tuo padre - ammise Kamila, rivolgendo finalmente uno sguardo più lucido allo schermo. 

Miriam non seppe reagire. Non disse niente, non una parola uscì dalla sua bocca. 

Il salmone bruciava.

I propulsori della Magma IX erano sotto sforzo.

Le mani di Miriam erano come attaccate sul manubrio dell'astronave a causa del sudore. 

"Due ore e trentacinque, due ore e trentacinque..."

"Troppo tempo, due ore e trentacinque..."

"Se solo fossi più veloce..."

"Mio padre? Che vuole mio padre?"

Miriam sentiva che il suo storico buonsenso e il suo amore per le regole stavano svanendo, come se stessero sfumando dalla sua mente. Doveva muoversi, doveva correre a casa.

- Miriam, tuo padre è qui e non andrà da nessuna parte. Non correre - la lesse nel pensiero la madre, con gli occhi neri incredibilmente seri. Miriam sentì la rabbia montarle dentro.

- Io torno a casa per nonna, non per lui - replicò la ragazza, mentre il suo sguardo si incupiva pericolosamente.

Il calore del fornello ad induzione si spense automaticamente, seguendo la procedura di emergenza. Il salmone era ormai carbonizzato.

"Papà? Non ho bisogno di incontrare papà" pensò Miriam. Una parte di lei moriva dalla voglia di scoprire chi fosse quell'uomo misterioso: dall'altra, l'orgoglio di lei le diceva che non sarebbe servito a niente conoscerlo. Del resto, era cresciuta benissimo anche senza di lui.  

Kamila sembrava affranta. Era nel soggiorno di casa, in quel momento sgombro e con la televisione spenta. Sullo sfondo, nessuna traccia di Amanda o del presunto padre.

- Digli di farsi vedere allo schermo, se ne ha il coraggio - disse Miriam, mentre sorpassava alcune astronavi-tir del gate. Si stava muovendo al limite della velocità consentita, rischiando che qualche pattuglia della polizia potesse iniziare ad inseguirla. O magari, uno dei tir la avrebbe segnalata direttamente sulla linea radio della ISSP.

La madre sospirò, facendo di no con la testa. 

- Non correre. Ti aspettiamo qui -

"Aspettiamo... aspettiamo?!" riflettè brevemente Miriam. Stava per sfogarsi contro la madre, ma preferì non pronunciarsi, per rispetto. Interruppe bruscamente la chiamata, premendo il tasto rosso a lato del pannello di destra.

Il silenzio dentro la cabina di pilotaggio era a dir poco schiacciante. La puzza di bruciato si fece strada in tutto l'abitacolo. Delle lacrime iniziarono a scendere dagli occhi grondanti e gonfi di Miriam. 

La smorfia del suo viso era irriproducibile: contrita, contratta, con i denti stretti con violenza tanto da farle male.

La prima notte in bianco di Miriam aveva inizio.

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