Angel Eyes - 3

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6 novembre 2066.

Le giornate trascorrevano lente, dense di noia. Julia preparava la colazione, Julia gli controllava i cerotti sul viso, Julia chiamava l'infermiere per fargli cambiare le bende e controllare l'occhio, Julia leggeva una rivista seduta sullo sgabello. Eppure a momenti gli sembrava di non vedere più una folta chioma bionda, ma una più liscia, di un castano scuro. 

Ricordava poco di quell'incidente. L'incidente dove aveva perso l'occhio. Conservava il ricordo di un'imboscata in un vicolo, di una sparatoria violenta e di una corsa disperata. La sensazione dell'aria gelida sull'occhio che perdeva liquido, il fischio perenne nelle orecchie. Ricordava le cravatte bianche.

Sentiva di essere diventato una specie di uomo di gelatina. Era costretto a letto tutto il giorno, bendato come una sorta di buffa mummia. Le bende che fasciavano la gamba destra non gli davano troppo fastidio, mentre quelle sul torace continuavano ad inzaccherarsi di sangue ogni cinque, sei ore. La benda sull'occhio l'aveva tolta tre giorni prima. Si era abituato molto in fretta ad utilizzarlo, non sembrava essere finto. Lo sentiva solo leggermente pesante, come se al posto del bulbo oculare avesse una biglia. Ma era solo una sensazione, dall'esterno sarebbe stato impossibile riconoscere l'occhio artificiale.

L'infermiere che lo controllava era soddisfatto dell'operazione. Gli faceva fare degli esercizi, come guardare diversi oggetti nella stanza prima con l'occhio bionico e poi con entrambi, oppure gli faceva seguire con lo sguardo il percorso di una lucetta bianca. Annotava tutto su un taccuino azzurro.

Vedeva bene, ne era sicuro; forse addirittura meglio di prima. Eppure c'era qualcosa che gli sfuggiva.

- Ah, accidenti. - 

Julia parlò dall'altra stanza, dalla cucina. Era ora di pranzo, presto sarebbe venuta a fargli un po' di compagnia.

Chiuse gli occhi e inspirò lentamente. Sentiva un buon profumo. 


Julia lo sistemo meglio sul letto, mettendogli un grande cuscino dietro la schiena. Muoveva il corpo di Spike con grande attenzione, come se fosse stato una grande e fragilissima statua di cristallo. Poi tornò in cucina e portò un tavolino, che accomodò davanti a Spike. Ramen, con metà uovo sodo dentro. 

Prese tra le dita il cucchiaio.

- Te la senti di mangiare? - chiese a Spike, facendogli un sorriso. 

- Certo - rispose lui, ricambiando. Julia lo guardò ancora un po', soffermandosi sui lineamenti così belli ma coperti dai cerotti color carne. Sentiva lo stomaco rimescolarsi, come se si fosse resa conto di una cosa importante solo in quel momento.

- Che è successo prima? - fece lui, socchiudendo gli occhi.

- Cosa? - replicò lei, scuotendo leggermente il capo e continuando a sorridere.

- In cucina, hai detto "accidenti" - le ricordò lui.

Lei sorrise quasi con imbarazzo, intingendo il cucchiaio nella grande ciotola. Prese un po' di carne e, con l'aiuto delle bacchette, arrotolò anche un po' di noodles. Imboccò il ragazzo.

- Stavo tagliando l'uovo sodo, ma me n'è caduta una parte. Ho ancora metà tuorlo sul pavimento, ora che ci penso. -

Julia trovò la cosa estremamente divertente. Spike inghiottì il cibo, ma sentì la gola chiudersi. Con fatica deglutì. Per qualche motivo non riuscì a rallegrarsi della banale disavventura della sua amica. 

- Ah sì? - commentò, guardando fisso ciò che rimaneva dell'altra metà dell'uovo nella ciotola.


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