Cry me a river - 1

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Miriam uscì dalla stanza, lasciando la porta aperta dietro di sé.

Il groppo in gola era immenso, invalicabile. La saliva non pareva collaborare e Miriam cercava di inumidirsi continuamente le labbra. Il volto di Amanda era impresso nella sua mente.

Sua nonna aveva avuto una vita incredibile, movimentata, perennemente giovane, anche e soprattutto nella vecchiaia.

Aveva solo un compito da portare a termine: esaudire l'ultimo desiderio di sua nonna.

Se Amanda riteneva che quell'uomo non dovesse riapparire nelle loro vite, allora c'era un motivo più che valido per crederle. Miriam in realtà non sapeva nulla di lui, ma sentiva che le parole di sua nonna fossero state più che sufficienti per farle credere che quell'uomo non fosse una buona persona.

Miriam tornò in salotto per vedere sua madre e l'uomo seduti sul divano, di spalle. Non parlavano: la madre sembrava avere il capo chino, mentre Jon la stava osservando. La vicinanza tra i due non piacque per niente alla ragazza, che si schiarì prepotentemente la voce.

Kamila quasi sobbalzò, girandosi verso la figlia. L'uomo fece lo stesso, ma il suo sguardo sembrava essere più severo.

- Abbiamo cantato. Ora la nonna è con Jorge. - sentenziò Miriam, tenendo il capo dritto e la postura composta. Sentiva che la tristezza si stava impadronendo del suo corpo e stava cercando di risucchiarle ogni energia.

Sembrava che la nonna si fosse fatta da parte giusto per fare più spazio a Jon.

"Ma per Jon non c'è spazio" si disse Miriam, avvicinandosi ai due con passo deciso.

- Che ci fai qui? - chiese direttamente all'uomo, mentre la madre correva verso la silenziosa camera da letto di Amanda.

Lui si alzò in piedi e, per la prima volta, Miriam vide i suoi occhi addolcirsi. Lo sguardo cinico ed infastidito di qualche minuto prima sembrava aver lasciato posto ad un'espressione più morbida, quasi melensa.

- Ho scelto un brutto momento. Il tempismo non è mai stato dalla mia parte - parlò lui. Aveva una voce bassa, ma non molto profonda: sembrava avere un timbro più giovane, che non rispecchiava a pieno la sua età. Miriam pensò di trovarsi davanti ad un uomo che non poteva avere più di quarantacinque anni.

- Un momento terribile - aggiunse lei, incrociando le braccia diafane al petto. La ferita al braccio sinistro ormai non bruciava più, ma le tempie ricominciarono a pulsare pericolosamente.

Jon notò i punti di sutura sul braccio della figlia.

- Te li sei messa da sola? - chiese, cercando di toccare Miriam.

Lei si allontanò all'indietro, di scatto. Il padre rimase con l'indice sospeso davanti a sé, per poi abbassare la mano quasi con rassegnazione.

- Che sei venuto a fare, qui? - rincarò Miriam, ignorando completamente la domanda di Jon e scoprendo leggermente i denti. Per qualche strano motivo, si maledisse di aver lasciato la pistola a bordo della Magma IX.

L'uomo sorrise con amarezza.

- So che sembrerà un cliché, ma a volte ci si pente degli errori che si fanno nella vita, Miriam, e... - iniziò a dire, mentre rimaneva immobile di fronte a lei. I suoi occhi blu sembravano magneti sui suoi, come se due pezzi di uno stesso puzzle si fossero ritrovati.

Sentire dire il suo nome dal padre le fece uno stranissimo effetto. Provava rabbia, inquietudine: quel nome non gli era mai appartenuto. Però sapeva che, in una vita parallela, avrebbe potuto sentirlo ogni giorno dalle sue labbra, come un padre amorevole che sveglia la figlia al mattina o che la incita ad avviarsi in cucina per cenare insieme.

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