Alone Together - 2

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Miriam Janski era seduta, appoggiata con la schiena alla testata del letto e con lo sguardo dritto davanti a sé, come se fosse stata una sorta di bambola di pezza. Le candele ormai erano spente, fredde.

La schiena nuda di Spike le suscitava ancora strane emozioni in petto, quindi si sforzò di non guardarla affatto. 

Quindi sì, era successo. Ed era stato assurdo. Non nel senso negativo del termine, anzi.

Non aveva mai sentito un feeling simile, con nessun altro. Era come se lui fosse in grado di appagare ogni sua mancanza, di darle una sorta di conforto. Qualunque problema era sparito, come trascinato via, dai baci che si erano scambiati di continuo.

Eppure Miriam si conosceva troppo bene e sapeva benissimo che i problemi non sarebbero spariti affatto. Infatti erano proprio lì, che svolazzavano sopra la sua testa, e la colpivano ripetutamente, come se fossero stati astronavi munite di raggi laser.

Non aveva il coraggio di alzarsi, di rompere tutta l'atmosfera che c'era stata tra lei e Spike. Voleva rimanere ancora un po' in quella stanza arredata in maniera orribile, cercando di ricordare le labbra infuocate di lui che si addentravano in luoghi proibiti.

Doveva andarsene da lì. Aveva promesso che sarebbe tornata presto a casa, invece non aveva mantenuto la parola data. Miriam fu percorsa da una serie di lunghi brividi: che non fosse in grado di mantenere nemmeno la promessa fatta alla nonna?

Strinse ancora un po' le lenzuola morbide e sottili tra le mani, come se avessero un qualche potere terapeutico, e si alzò a fatica. Si accorse solo in quel momento di non indossare assolutamente nulla ed avvampò nonostante non ci fosse nessuno a guardarla. Si mosse per la stanza quasi in punta di piedi, recuperando le mutande di pizzo ai piedi del letto. Spike sembrava morto: aveva decisamente il sonno pesante, il ragazzo.

Un sorriso amaro si disegnò sulle labbra di Miriam, mentre le sentiva bruciare leggermente. Erano infiammate. 

Riuscì a prendere anche i pantaloni ed il corpetto: i primi li indossò senza problemi, il corpetto era un vero e proprio incubo. Non era possibile allacciarlo da soli, a causa della miriade di gancetti. La ragazza sospirò, per poi accorgersi della giacca bianca sull'appendiabiti. Se la mise in fretta e furia, come se qualcuno la stesse costringendo, e richiuse più bottoni possibile: un'ampia scollatura metteva in mostra il suo decolté, ma era sufficiente da non lasciare il seno scoperto. Dopodiché aprì la pochette nera, prendendo il telefono in mano: tre chiamate perse da Kamila.

Il cuore di Miriam accelerò i battiti.

Un messaggio, c'era anche un messaggio. Lei lo aprì senza esitazioni, divorando le parole che le si pararono davanti:

"Tesoro, tutto bene? Qui abbiamo finito con la festa, ti aspetto?"

Era stato mandato all'incirca verso mezzanotte. L'orologio del display segnava le tre del mattino.

"Cazzo..." si disse Miriam, mentre sentiva i sensi di colpa crescere. Era rimasta sveglia ad aspettare il suo ritorno, mentre lei se la stava spassando con un criminale.

"Criminale... " ribadì la sua mente. La ragazza iniziò a sentire la testa girare, come se qualcuno l'avesse colta sul fatto, con un coltello sanguinante in mano o con una busta di fiale d'Ambrosia.

L'aria iniziò a mancarle. La giovane cacciatrice ormai si sentiva come un animale in gabbia. Prese con sé la pochette, dopo aver riposto il cellulare al suo interno, e continuò a tenere nella mano destra il corpino di strass.

Si avvicinò quindi al letto, dal lato di Spike, là dove aveva abbandonato le sue scarpe rosse. Mentre si piegava leggermente per calzarle, dovette avere a che fare col volto di lui: si era accorta solo in quel momento del rossore sulle sue guance e delle labbra scarlatte, lievemente gonfie. Miriam ripensò a quello che si erano fatti poche ore prima e sentì il corpo fremere. 

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